«Hira, è ora.»
Hira aprì prima un occhio, poi un altro, come un gatto pigro che veniva disturbato nel suo sonno in un pomeriggio invernale. La neve aveva ormai ricoperto gran parte delle sue braccia nude, lasciando alcuni spazi vuoti sui polsi e sul gomito, dove si rivelava il pallore della pelle liscia. Attorno a lei, tutto era bianco; gli alberi, i cui rami erano stati piegati in basso dal peso della neve, sembravano danzanti figure colte nel momento in cui accompagnavano un incupimento della musica suonata dai flauti. Come le fanciulle vestite di rosso che disegnavano sulla terra bagnata dopo la pioggia durante le feste della tribù, aspettando di venire benedette da Phiriya, la madre di ogni cosa, generata dalla piuma primordiale del mondo.
L'intero accampamento era avvolto nel silenzio – lo stesso Nidha, quando le aveva rivolto la parola, aveva abbassato con reverenza il tono della voce. In quei brevi istanti che separavano la notte dal giorno, quando la luce del mattino faceva timidamente capolino da dietro la cima della montagna ad est, Hira si sentiva in pace con se stessa. In un'illusione gentile, sembravano esistere solo lei e la sua anima.
Eppure, quel silenzio era strano. Denso di una tensione che non le sembrava naturale.
Nidha la aiutò ad alzarsi in piedi, prendendole la mano e sollevandola senza troppo sforzo. Entrambi, accompagnati da un lieve sbuffo di vento, si voltarono verso l'albero contro il quale Hira era appoggiata fino a qualche secondo prima; ed entrambi fecero scorrere due dita orizzontalmente sul viso e verticalmente sul tronco, per poi pronunciare, naturalmente a bassa voce, l'antica formula Lu'nori. «Madre di ogni cosa, figlia della tua forma, materia del mondo, possa tu un giorno risvegliarti e distendere le tue ali nel cielo.»
«Oruithu hai Shami» aggiunse Hira a voce ancora più bassa, sperando che Nidha non la sentisse. Ma non fu tanto fortunata. L'uomo – tecnicamente un adulto da diciassette anni, come dimostravano i diciassette tatuaggi lineari sulla sua clavicola – si premurò darle un rapido ceffone all'altezza dell'orecchio destro.
«Solo la Da'mai è autorizzata a pronunciare i riti formulari, e lo sai bene. Non infangare la nostra tribù con la tua lingua irrefrenabile, Hira» la riprese. Hira si limitò a chiudere gli occhi per qualche secondo, a respirare profondamente e ad annuire. Lo avrebbe continuato a fare in ogni caso, e anche Nidha, nel profondo, lo sapeva bene.
Lei e Nidha voltarono le spalle all'albero e cominciarono a percorrere lo stretto sentiero che conduceva in direzione della tenda più grande, eretta sopra un terreno più innalzato rispetto al resto dell'accampamento. Il percorso era stato liberato dalla neve poco tempo prima, perciò poté ora vedere bene i sassolini che si sovrapponevano l'un l'altro e scricchiolavano quando vi posavano i piedi nudi sopra. Erano grigi e lucidi, ma del resto Hira non si aspettava diversamente: la maggior parte dei colori che aveva visto nella sua vita erano bianco, nero e grigio – eppure di essi aveva imparato a riconoscere le sfumature, e avrebbe potuto dipingerli, se avesse saputo come fare.
Forse glielo avrebbero insegnato nelle Terre del Sole, quando un giorno ci sarebbe giunta. Avrebbe impugnato uno di quei bastoncini levigati con la punta costituita da tanti fili sottili, l'avrebbe intinto nell'impasto contenuto in un secchio, e avrebbe colorato quello che prima era solo bianco. Bianco nulla. Lei lo avrebbe reso bianco neve, o bianco ghiaccio, o bianco nuvola.
Di fronte alla tenda della Da'mai, leggermente illuminata dai primi raggi di sole, era seduto il suo secondo, Bishna. Con le dita tozze scriveva nella neve quanti e quali membri della tribù erano entrati nell'ultima mezz'ora, imprimendo l'unghia nella bianca superficie per contare una persona in più. I suoi capelli neri e arruffati erano coperti di neve come quelli di Hira, perciò lei ipotizzò che anche lui fosse stato in meditazione fino a poco tempo prima; certo era che il freddo della montagna non avesse permesso alla neve di sciogliersi. La tenda stessa in un periodo dell'anno meno freddo sarebbe stata colorata con un marrone sbiadito, a cui si sarebbe alternato il verde scuro del muschio e l'arancio intenso del sole, tessuti accuratamente dalle sacerdotesse del fuoco; ma in quel momento, proprio come i capelli di Hira e di Bishna, era ricoperto di neve.
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In your eyes, there explodes fire.
FantasyHira è un'iniziata delle grandi tribù Lu'Nori, gli uomini-uccello, con villaggi che si gettano sullo strapiombo e neve che punteggia ogni tratto di sentiero. Tuttavia una guerra, una minaccia anonima, spinge lei e i suoi compagni a scendere verso il...