[10] Faccio a pugni con la moda

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"Cara, ti ho già detto che è meglio se vai, non dovresti essere fuori a quest'ora."

"Ohmammasantapolentasullapenta!"

Mi voltai verso il punto in cui quella voce aveva parlato, ricomponendomi.

Portai la mano chiusa in un pugno alla bocca per schiarirmi la gola, "Prego?".

Una signora anziana mi fissava, senza proferir parola. Era la stessa che avevo incontrato oramai tempo addietro. I capelli bianchi le si gonfiavano all'aria come un palloncino, attorno al viso, facendolo sembrare ancora più tondo. Era un cerchio perfetto, a momenti, ma l'occhio cadeva lo stesso sulle guance scavate.

Si mise a canticchiare un motivetto allegro, sistemandosi le pieghe del vestito consumato e con qualche toppa di fortuna qua e là.

"Le caramelle alla menta ti piacciono, cara? Oh... Una farfalla!"

Alzò un dito, cercando di sfiorare un grosso insetto nero che le ronzava attorno. Sorridendo, mostrò una fila di denti marci che avrebbero fatto svenire un igienista.

Forse era meglio se me ne andavo. Dopotutto, potevo benissimo rinunciare ad una piccola pausa dopo una mezz'ora abbondante di corsa, no?

La vecchia si fece seria ad una velocità tale da spaventarmi.

"E' meglio se vai."

"Perch-" iniziai a chiedere, ma l'anziana signora alzò di scatto le braccia ossute, facendomi sussultare.

"Oh, devo cucinare per la vigilia di Natale! C'è poco tempo! C'è poco tempo!"

Due incontri e mi erano bastati a capire due cose, di quella vecchia signora: la prima, era matta da legare, la seconda, la sua probabile frase preferita era: "E' meglio se vai". Guardai un'ultima volta quella maestosa villa, dopodiché, mi voltai e ripresi a correre verso casa.

Aprii la porta grondante si sudore e con il respiro smorzato. Appena me la richiusi alle spalle, vidi il sole tramontare definitivamente dietro le cime delle montagne.

Mio padre era seduto a compilare scartoffie sull'isola della cucina.

"Posso uscire con alcuni amici a cena?"

Non alzò nemmeno lo sguardo e mugugnò un: "Sì, sì" distratto.

Mi fermai sulla soglia delle scale, aggrottando le sopracciglia.

"Oh... Davvero?"

Non che non mi andasse a genio che mi avesse dato il permesso, certo, ma, mi spiego: città nuova, stato nuovo, gente nuova e, ultimo ma non meno importante, assassino nuovo. Bastavano come motivazioni per far diventare un padre un filo più protettivo?

Continuò a scrivere, rispondendomi con semplicità: "Vai con dei ragazzi che hai conosciuto a scuola, no? Divertiti, stringi amicizia, perché no?".

Decisi di lasciar perdere ed inviai la conferma a John, che mi sarebbe passato a prendere. Scuotendo la testa, salii le scale tutto d'un fiato e filai in doccia. L'acqua calda era finita, segno che Nicole era tornata dalla palestra prima di me, quindi, a rigor di logica, non ci misi molto. Quando uscii mi sentii comunque un Polaretto. Battendo i denti come uno schiaccianoci, mi infilai la felpa più calda che avevo, seconda solo al maglione di Rudolph la renna dal naso rosso, e un paio di pantaloni comodi. Il clacson della Jeep suonò ed io mi fiondai fuori dalla camera, andando a sbattere contro lo spigolo della scrivania e facendo cascare qualcosa. Caddi per terra, gemendo. Il clacson suonò di nuovo.

"Arrivo!" sbuffai, sapendo che non sarei stata udita.

Raccolsi il prezioso scrigno che, nonostante avesse fatto un rumore raccapricciante, non presentava segni di ammaccature e scesi di sotto, massaggiandomi il fondoschiena. Avrei dovuto trovargli un posto più sicuro, per proteggerlo, sì, da me.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 11, 2016 ⏰

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