II

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''Mi dica, come è possibile che...?''

''Oh si, so che lui...''

''... la divina lussuria del...''

Le loro voci continuavano a fare eco nel retro della mia testa interrompendomi di continuo dai miei pensieri. Il pranzo era stato delizioso, anche se con il continuo movimento della nave non era stato troppo facile digerirlo. Fortunatamente, tutto era rimasto nel mio stomaco, anche se ce ne era voluto per non rimettere tutto sulla moquette costosa. Sentivo lo smoking rigido contro il corpo, come a voler trattenere sul mio petto la sensazione di disagio nel trovarmi in quella sala. Ero seduto con la schiena completamente poggiata sul rivestimento morbido della mia sedia di legno, con la spina dorsale perfettamente in verticale rispetto al pavimento, come tutti si aspettavano mi sedessi. Due delle mie sorelle, le gemelle Phoebe e Daisy, sistemano perfettamente il tovagliolo ricamato sulle loro ginocchia magre e chiacchierando a bassa voce con qualche risatina occasionale.

Mia madre e mio padre erano invece impegnati in una profonda conversazione tranquilla riguardante chi-sapesse-cosa riguardo la famiglia seduta al tavolo accanto al nostro, i volti scuri e seri; la luce posizionata sopra al nostro tavolo contribuiva a farli sembrare ancora più cupi.

Charlotte, alla mia sinistra, colse l'occasione al volo e, vedendo quanto poco interesse i nostri genitori le stessero riservando, prese a parlottare insieme alle gemelle che la inserirono senza problemi lanciandomi occhiate curiose quasi si aspettassero che mi unissi anche io, come avrei dovuto.

Ma...no.

Sospirai e mi appoggiai alla sedia sentendo il cibo appena digerito rigirarsi nello stomaco. L'unica ragione capace di farmi venire il mal di mare era questa.

In contemporanea, gli uomini che occupavano il tavolo si alzarono e sorrisero alle loro rispettive mogli prima di lasciare il tavolo. Mio pare si trattenne tenendo gli occhi chiusi per più del dovuto prima di parlarmi. ''Ti andrebbe di unirti a me e agli altri gentiluomini, Louis?'' chiese.

Scossi la testa rivolgendogli un sorriso rassicurante, francamente non mi andava di bere brandy o di fumare sigari parlando incessantemente della mente d'oro dell'uomo e di tutte le ricchezze che avrebbe riservato l'America. Non era esattamente la tipica conversazione che mi andava di intrattenere per dilettarmi.

Tirando la stoffa del fazzoletto via mio petto pressai il fazzoletto sulle labbra per poi posarlo sul tavolo e alzarmi silenziosamente.

''Madre, ritorno nella mia camera, con permesso.'' le dissi baciandole la guancia arrossata dal trucco.

''Va bene Louis, ma per favore, sii di ritorno per cena.''

''Lo farò.'' giurai prima di girare i tacchi.

Uscì dalla sala da pranzo e mi feci strada nella hall, superai donne vestite con sontuosi abiti e costosi gioielli e uomini con cappelli laccati e giacche firmate senza dire una parola. Camminai al fianco delle pareti di legno intagliato fino a raggiungere la scalinata principale della Prima Classe. Fissai l'enorme orologio posto lì sul pannello di mogano bloccato tra due bellissime sculture di angeli, la luce del sole filtrava nella cupola di vetro soprastante lanciando diverse ombre colorate sui gradini di marmo e legno d'acero lasciandomi stupefatto.

Scesi le scale aggrappandomi con grazia al corrimano cercando di non farmi mettere in soggezione da tutto il lusso che quella nave poteva possedere. Sapevo di essere stato comunque abituato ad un certo livello di sfarzo ed eleganza, ma credo che niente sarebbe mai riuscito a prepararmi al Titanic.

Attraversai la sala calpestando il tappeto e tornai nella mia camera con una sensazione di noia mista a tranquillità addosso. Posai le chiavi su uno dei comodini chiudendomi le porta bianca dietro le spalle. Immediatamente mi spogliai dei miei abiti costosi infilando quelli meno appariscenti prima di uscire di nuovo lasciando la mia camicia appena stirata arrotolata sulle coperte.

Titanic: A Larry Stylinson Novel [Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora