Capitolo 7

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La telefonata di mia nonna mi spiazzò, rimasi immobile dopo aver riagganciato.
Fissa a guardare un punto indefinito sulla parete.
Impassibile ad ogni modo di reagire.
La mia mente viaggiò rapida e alcune immagini della nostra infanzia mi raffiorarono alla mente.

8 luglio 1998,
io e lei ridiamo giocando al Labirinto mentre ci riprendiamo con una cinepresa.

25 dicembre 2001,
io lei ci sorprendiamo notando che i nostri regali di natale sono identici e, anche questa volta, ridiamo.

17 maggio 1999,
io e lei ci proviamo lo stesso vestito rosa.
Lei decide di prendere lo stesso quello giallo di Hello Kitty.
Io non concordo e la ignoro per il resto del tempo, perché «poteva prendere quello uguale al mio!» ma non lo ha fatto.

8 settembre 2004,
io e lei siamo al giardino della zia, ma lei è triste e piange, io la porto fuori dal giardino e la abbraccio.
Lei piange sulla mia spalla.

...

Scesa dal mio aereo preso di corsa su un sito low-cost, noleggiai un'automobile e partì subito spedita per casa di mia nonna.

Non avevo bisogno del navigatore, mi ricordavo benissimo la strada, potevo farla ad occhi chiusi.

Sentì qualcosa vibrare nella borsa e scostando alcune cose presi il telefono.
Il nome di Harry lampeggiava luminoso sullo schermo.

Mi salì un nodo alla gola e non riuscì a rispondere alla chiamata.
Non in quel momento.
Non in quelle circostanze.

Riconobbi la via, e mi sembrò di essere in macchina con i miei genitori e la mia sorellina, mentre bisticciavano per mettersi d'accordo sul posto del parcheggio.

Andai al cancello di metallo verniciato di marrone, tutto graffiato e malandato ormai, e citofonai sotto il nome di mia nonna e mio nonno.

Percorsi il cortile di mattonelle arancioni, di quello strano tipo di mattone che scricchiolava quando con i coltelli di acciaio provavamo a estrapolare dai solchi il muschio e l'erbetta che cresceva nel mezzo.

Aprì la porta e trovai parte della mia famiglia seduta sul divano.
Le loro espressioni erano illeggibili, forse proprio perché non sapevo cosa fosse successo.

Alcuni di loro accennarono un sorriso, altri spostarono solamente lo sguardo verso di me.

«Hide» avanzò mia nonna.
«Hai fatto buon viaggio?» la sua espressione cercava di mascherare un pianto appena sgorgato sulle sue guance.

I miei occhi si iniettarono di due prime lacrime.
«Nonna, dài, che cosa è successo a Lia?» chiesi con insistenza e una punta di nervosismo che spiccava nella mia voce.

Ed ecco altre gocce salate scendere imperterrite sul suo volto.
Zia Katy la fece sedere sul divano e fu lei a dirmi ciò che non avrei voluto mai sentirmi dire.

Lei, Lia Evans, colei con cui avevo condiviso tutta la mia infanzia,
la mia tenera, dolce Lia aveva smesso di esistere.

E fu tutto d'un fiato.

Sentì un vuoto al petto.
Chiusi gli occhi.
No, è solo un brutto sogno.
Li riaprì.

Ancora tutto come prima.

Il pensiero mi destabilizzò e sprofondai sul divano.
Diventò difficile anche stare in piedi.

Cacciai un'urlo, fortissimo, pieno di dolore, disperato, ma breve.
Seguito da un flusso di lacrime che sembrarono non finire mai.

Mi coprì il volto con le mani.
La testa iniziò a pulsare sempre più forte, gli occhi gonfi.

Qualcuno mi portò una mano sulla schiena per tranquillizzarmi.
Era Marie.
Mi alzai a sedere sul divano.
«Come è successo?» chiesi con un filo di voce.
«Auto. Stava, stava andando da Euncie.»

Scollai la testa e chiusi gli occhi.

Non può essere successo davvero.
Lia è ancora qui, insieme a me.

...

Il mio telefono squillò di nuovo.
Era Harry.
Dovevo rispondere questa volta.
Sbloccai e la chiamata e portai all'orecchio il cellulare.

«Ehi!» risposi con voce roca, ancora marchiata da prima.

«Hiden! Santo cielo, sei viva? Ti ho mandato più di 10 messaggi!» il suo tono più preoccupato che arrabbiato,
«Stai bene?»

No.

«Sì, tutto a posto. Sono solo andata a trovare mia nonna qui in Italia, io-» provai a trattenermi, ma crollai miseramente e al posto delle parole uscì un pianto strozzato.

«Hey, che hai? Perché piangi? Non lo fare, ti prego.» anche la sua voce si spezzò.

Tirai su col naso, ascugai le guance e continuai.
«Sarò lì al più presto, Harry, e ti spiegherò meglio.»

«Okay piccola. Ouh posso, vero?»

«Che cosa?»

«Posso chiamarti piccola?» era come sentire il suo sorriso attraverso la telefonata.

Sorrisi anche io.
Lui sapeva che lo stavo facendo.

«Certo, tesoro»
Chiusi la chiamata, ma mi venne subito voglia di risentire la sua voce, profonda, come il suo animo a me ancora perlopiù sconosciuto che, in qualche modo, mi faceva stare meglio.

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*Spazio autrice*

Ed eccovi l'atteso capitolo, spero vi piaccia :)

All The Love xxHDove le storie prendono vita. Scoprilo ora