Capitolo 2

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Fuoco

Il suolo caldo sotto ai piedi mi da una sensazione benefica.
Intorno a me c'è silenzio e tranquillità. Mi sono allontanata dalla città proprio per rilassarmi e sciogliere la tensione che ormai mi attanaglia da giorni.
Mi è sempre piaciuto venire in questo posto. Alle spalle ho le vette rosseggianti dei vulcani, con i loro pennacchi di fumo, mentre davanti a me, oltre la striscia di confine di NeroBuio, si estende la massa sfavillante del regno di ProfondeAcque.
Anche se riuscissi ad attraversare incolume il confine, essendo io un'abitante del regno di AltoFuoco mi è proibito allontanarmene e questa restrizione mi è sempre sembrata esagerata e ingiusta. Vorrei tanto poter esplorare il mondo e conoscere le culture degli altri regni. Invece sono confinata in questo regno perennemente infuocato, condannata a vivere in una città inondata un giorno si e l'altro no da colate di lava.
Certo essendo io una Synti, il fuoco e il calore non mi creano nessun problema, anzi. Ma nell'ultimo periodo mi sento sempre più irrequieta e insoddisfatta.
Il giorno del mio ingresso all'Accademia si avvicina e io non sono per niente convinta della strada che ho scelto per il mio futuro.
Davanti a me si profilano anni molto duri, costellati di allenamenti sfiancanti e lezioni infinite. So che la mia famiglia si aspetta che io prosegua la tradizione e che quindi mi diplomi all'Accademia per poi diventare una Guardia Reale, ma non so se è ciò che voglio io.
Avanzo ancora verso il confine, sfidandomi ad arrivare il più vicino possibile alla terra proibita. Quando ero piccola ero solita venire qui con gli amici a giocare. Ero sempre io a vincere e ogni volta arrivavo sempre più lontana.
Sono così immersa nei miei pensieri che non bado molto a ciò che mi circonda. Il mio obbiettivo è di raggiungere quella insolita crepa nel terreno che delinea la fine del mio regno.
Mancano solo un altro paio di metri e avrò raggiunto il mio traguardo…
"Cosa sta succedendo?" mormoro bloccandomi a non più di dieci passi dal confine.
Aguzzo la vista e cerco di decifrare la scena che mi si para davanti. Un brivido gelido mi corre giù per la schiena, facendomi rizzare i capelli sulla nuca.
Una decina di Umaki si è raggruppato, formando una massa urlante intorno ad una figura sdraiata sul terreno. Da questa distanza non riesco a capire cosa sta succedendo, ma è chiaro che i rinnegati stanno infierendo su un povero essere che è finito nelle loro grinfie.
Per mia fortuna non si sono ancora accorti di me, ma non riesco a decidere di scappare.  Le mie gambe sono come di piombo.  Non mi ero mai sentita in questo modo. Niente mi ha mai spaventata, ho sempre affrontato tutti i pericoli con il sorriso sulle labbra e una calma interiore rilassante, ma ora mi ritrovo qui, pietrificata davanti a questa scena agghiacciante.
Il gruppo continua ad urlare e prendere a calci la figura che si trova al centro del cerchio e i loro schiamazzi mi scuotono ancora di più. C'è qualcosa nel rumore che mi giunge alle orecchie che mi fa rabbrividire, anche se non riesco a capire cosa sia. Poi un'idea mi fulmina. E' il pianto di un bambino… Ecco cos'è che mi sconvolge.
In mezzo a quella cacofonia di urla, imprecazioni e risate adesso riesco a distinguere nettamente il pianto disperato di un bambino.
I suoi singhiozzi mi straziano il cuore e non riesco più a stare ferma. Mi prudono le mani e guardando in basso vedo che  i miei pugni sono avvolti da fiamme scarlatte.
Non ho più tempo per pensare o lasciarmi attanagliare dalla paura. Scatto in avanti e supero il confine in un balzo, lanciandomi a testa bassa verso gli Umaki.
Ci separano forse duecento metri ma mentre avanzo sempre più velocemente il gruppo non si accorge della mia presenza, dato che sono tutti presi dalla loro vittima.
Piombo in mezzo a loro come un toro, spintonando via due ragazze che rimangono interdette con il sedere per terra.
Faccio esplodere dalle mani una fiammata che fa saltare indietro i più vicini. Alcuni lembi di stoffa prendono fuoco e si alzano imprecazioni e maledizione tutt'intorno.
Mi metto subito in posizione di difesa e senza degnare di uno sguardo ciò che si trova ai miei piedi mi preparo alla prossima mossa di quegli sbandati.

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