1 - And I don't even know your name All I remember is that smile on your face

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Da ore giro e rigiro sulla sedia in pelle della mia scrivania. Punto i piedi per terra, dò una lieva spinta e poi li sollevo. La sedia comincia a girare sempre più velocemente, facendomi spalancare appena gli occhi quando le rotelle si spostano un po' facendomi rischiare di cadere.

Col cuore in gola dovuto allo spavento, stringo forte le mani al bordo della scrivania bianca e ritorno con i piedi sul pavimento.

Fisso di nuovo lo schermo del mio computer, aperto su una pagina di word piena di parole di cui in realtà non so nemmeno io il signficato. Sto pensando a cosa poter aggiungere, ma ogni idea che si fa spazio nella mia testa risulta sempre troppo stupida e insignificante. 

La mia professoressa di letteratura ci ha consigliato di scrivere tre pagine al giorno, parlando di qualsiasi cosa ci passi nella mente, una sorta di distrazione, anche se tutti sappiamo che è solo un modo per farci esercitare a scrivere, dato che, siamo sinceri, la mia classe ne ha fin troppo bisogno. 

La 5° A turistico dell'istituto Pascoli viene considerata come una delle classi più disastrate, letteralmente parlando. Persone che urlano per 5 ore filate, senza un briciolo di educazione e rispetto per i professori, che non hanno mai aperto un libro in 5 anni, ma che non si sa come siano arrivati in quinta senza perdere nemmeno un anno. 

Ovviamente non tutti siamo così, come succede in ogni parte del mondo, per colpa di alcuni elementi poi ci rimette tutta la classe. 

E così ora mi ritrovo a dover digitare le mie emozioni su una pagina digitale, ancora quasi del tutto intatta, schiacciando dei piccoli tasti neri. Come se fosse così semplice e naturale riuscire a esprimere ciò che penso o provo. 

<<Maia, io esco con gli altri, se ti serve qualcosa chiamami>> 

Federico, mio fratello maggiore, entra in camera, come al solito senza bussare, si sofferma sullo schermo aperto del computer, senza però far caso a ciò che sto scrivendo e poi se ne va, lasciando la porta aperta.

 Non gli rispondo, alzo solo gli occhi al cielo, perchè come al solito è più il tempo che trascorre con i suoi amici, che con la sua famiglia.

Considerando poi che mia madre gestisce un bar abbastanza popolare qui nel paese e che lavora tutti i giorni fino a notte inoltrata, io passo le mie giornate completamente da sola. 

Mio padre attualmente è in America, è stato trasferito alcuni anni fa per lavoro e dopo che ha divorziato con mamma, si è risposato. La nuova moglie , Amy, aveva già un figlio così mi ritrovo con un fratellastro, più grande e pure molto molto bello. Travis.

 Ci siamo visti qualche volta quando sono andata a trovare mio padre durante le vacanze, lui non vive più a casa della madre, anche se passa spesso a trovarla quando non lavora. La prima volta che l'ho visto avevo 14 anni, ero a casa di papà per le vacanze di Natale, lui e Amy erano usciti per fare alcuni acquisti e io avevo deciso di farmi una doccia calda e rilassarmi. Travis è comparso all'improvviso in bagno, senza maglietta e con i pantaloni slacciati, pronto per entrare in doccia, quando ci siamo accorti l'uno dell'altro non so chi abbia urlato di più, fatto sta che quando papà è rientrato ha dovuto tirarmi fuori dalla camera con la forza per presentarmi Travis. 

Se non fosse stato per lui probabilmente sarei ancora chiusa in camera per l'imbarazzo.

 Dopo 4 anni io e Travis siamo molto legati, anche se ci vediamo poco, anzi pochissimo, ci sentiamo spesso per telefono, per quanto io riesca a farmi comprendere parlando un inglese un po' sgrammaticato e subendomi tutte le sue correzioni.

 E' una sorta di fratello-migliore amico, mi dà consigli, mi consola quando sono triste e mi obbliga a raccontargli quello che frulla nella mia testolina. 

Un attimo ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora