Portland, Maine.
Questa era la destinazione di Kate, seduta in un posto di terza classe di un aereo di una compagnia con un nome impronunciabile.
Di fianco a lei stava seduto un bambino capriccioso che le aveva quasi macchiato la felpa di salse varie durante un corpo a corpo fra un T-Rex ed un veloci-raptor giocattoli, dopo una serie di occhiatacce e smorfie lei aveva ripreso a guardare fuori dal finestrino, e lui aveva ripreso il suo combattimento con tanto di versi improbabili e raccapriccianti.Quando finalmente atterrò Kate ne fu più che grata da un lato, ma dall'altro era ben cosciente che una volta scesa dall'aereo non sarebbe più potuta tornare indietro, ed avrebbe dovuto affrontare sua sorella e Brandon e non era sicura di essere pronta, ma non aveva altra scelta perciò pronta o no l'avrebbe dovuto fare in ogni caso.
Forza Kate ce l'ha puoi fare, si incoraggiò prendendo il suo bagaglio a mano. Aveva portato solo vestiti e qualche effetto personale, niente di troppo significativo, niente che la riconducesse troppo alla sua vecchia vita, lei voleva andare avanti, doveva andare avanti perché la vita lo faceva: la vita va avanti e di certo non ti aspetta.
Dopo aver recuperato anche l'altro bagaglio Kate andò verso l'uscita e lì vide sua sorella e il suo ragazzo con un cartello con sopra il suo cognome; Lily e Brandon si erano presi entrambi un permesso dal lavoro solo per andarla a prendere all'aeroporto, e quando sua sorella glielo aveva detto durante una chiamata per poco non si metteva a piangere.
Andò in contro ai due e dopo un'interminabile serie di sguardi colmi di gioia mista a malinconia si abbracciarono e si strinsero per almeno un paio di minuti; finito il rituale di convenevoli e saluti vari i tre si diressero al SUV blu notte sul quale caricarono i bagagli di Kate, e infine partirono per casa Holland/Rogers.
Durante il viaggio in macchina nessuno parlò, probabilmente perché spezzando quel silenzio si sarebbe spezzato anche quell'equilibrio fragile e precario che permetteva alla ragazza di non crollare nel baratro della depressione post-trauma riformatorio.
Quando arrivarono a casa si erano fatte le diciannove e tutti e tre, specialmente Kate, erano molto stanchi, così cenarono con qualcosa di semplice e andarono a riposare, il giorno successivo sarebbe stato impegnativo dato che sarebbe stato il suo primo giorno di scuola.
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«Kate? Kate alzati, sono le sette...» Kate si rigirò nel groviglio di lenzuola e coperte e guardò la ragazza che la stava chiamando: erano così diverse, nessuno avrebbe mai sospettato fossero sorelle, anche se esserlo va ben oltre l'apparenza fisica.
«Allora?Ti alzi?»
«Uh huh» si scoprì e si alzò di malavoglia dal suo caldo rifugio per dirigersi alla cucina e fare colazione.«Kate.» le sorrise il ragazzo
«Ciao Brandon.» gli sorrise lei di rimando, lasciandogli un bacio sulla guancia e sedendosi poi su uno sgabello.
«Che ti va per colazione?»
«Caffé.»
«Solo caffé? Non vuoi mangiare niente?»
«Il caffé andrà benissimo.».
Bevve la sua tazza di caffè sotto lo sguardo attento e vigile della sorella e del suo ragazzo, entrambi sapevano che non sarebbe stato facile per la ragazza ma sapevano anche che era una guerriera, e se aveva resistito per tutto quel tempo in un posto come il riformatorio, sarebbe anche riuscita ad integrarsi nella nuova scuola e, magari, ritrovare un po' della spensieratezza perduta.Kate si portò la sua tazza blu sbeccata alla bocca per l'ultimo sorso della sua bevanda calda e, prima di tornare in stanza, ripose la tazza nel lavabo.
Si piazzò davanti alle valige e meditò per alcuni minuti su cosa indossare: alla fine scelse un semplice mini abito color rame ricamato con dettagli neri e dorati, una maglia bianca a maniche lunghe da indossare sotto l’abito, un paio di anfibi neri e un trench nero; dopodiché prese la sua borsa, il cellulare e gli auricolari ed uscì di casa.
L'aria fresca le graffiò a mala pena la pelle scoperta del viso e delle gambe, ma lei non gli diede peso e si infilò gli auricolari per partire alla volta della sua nuova scuola; premette il tasto play sul cellulare e la voce di Halsey le riempì le orecchie con la canzone Gasoline.
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Il suono della campanella sferzò l'aria come un colpo di frusta, tutti gli studenti si avviarono verso le classi mentre Kate andò all'ufficio del Preside come le aveva detto sua sorella.
Una signora di mezza età la invitò a sedersi su una poltroncina nera in una sala d'attesa.
«Il Preside Whitmore può riceverla.» le comunicò la donna qualche minuto più tardi, lei si alzò ed entrò nell'ufficio.
«Buongiorno signorina Holland, si sedia prego.» Kate tirò indietro di poco la sedia e si sedette, tutto in religioso silenzio sotto lo sguardo attento dell'uomo di fronte a lei.«Finalmente possiamo conoscerci di persona signorina Holland, fino a pochi giorni fa è stata sua sorella a sbrigare tutte le pratiche burocratiche.»
«Mia sorella è maggiorenne ed ha più pazienza di me, Preside Whitmore.»
«Già, mi aveva anche avvertito del suo carattere molto scontroso, ma ne conosco anche le origini ed è proprio per questo che lei è qui, c'è una condizione alla sua frequenza in questa scuola: dovrà recarsi dalla psicologa della scuola una volta alla settimana, per tutto l'anno. E non può essere contrattato.» Kate annuì debolmente, ma rimase in silenzio, arrivata a casa avrebbe parlato con Lily.
«Posso andare?»
«Ma certo, la signora Combs l'accompagnerà in classe.» Kate si alzò dalla sedia e uscì senza neache salutare.Come detto dal Preside la donna di prima la scortò fino alla sua classe, la sua prima lezione era letteratura inglese con il professor Rooney, un uomo sui quaranta, un ottimo professore.
«Scusi il disturbo signor Rooney, c'è una nuova studentessa.» la signora Combs le fece una leggera pressione a metà schiena con il palmo della mano per invitarla a muoversi.
«Buongiorno signorina?...»
«Holland.» rispose la donna al suo posto «Benvenuta signorina Holland, io sono il professor Rooney e insegno letteratura inglese.» la ragazza strinse per bene la presa intorno alla mano dell'uomo continuando a tenere lo sguardo in un punto non meglio definito; alla fine però si costrinse a farlo scorrere fra gli studenti: sembravano tutti così innocenti ai suoi occhi, niente a che vedere con quelli che aveva visto fino a qualche settimana prima, occhi colpevoli, pieni di rimpianto, rassegnazione e pazzia.«Allora? Da dove viene signorina Holland?»
«Chicago.» disse in un sussurro continuando a far scorrere lo sguardo fra quei volti sconosciuti. «Può sedersi vicino alla signorina Reyes.» Kate si limitò di nuovo ad un lieve accenno del capo e poi si diresse al posto indicatogli dal professore.«Ciao, io sono Kim Reyes.» la ragazza bruna al suo fianco le porse una mano sorridente e lei la strinse con vigore, come le aveva insegnato suo padre; «Kate Holland.» «Wow! Che stretta di mano! Non ti facevo così forte!» la ragazza ridacchio, ma Kate le smorzò subito il morale «Non sottovalutare mai le persone. Mai.» Kim la guardò perplessa ma non disse niente, ed il sorriso non le si cancellò dal volto.
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La giornata trascorse monotonamente e fu quasi noiosa, alla fine Kate uscì senza dar conto a nessuno e fece il tragitto verso casa persa nei suoi pensieri e accompagnata dalle note di Hold me down di Halsey.
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NEVER GIVE UP
Teen Fiction"Non cedere mai" é questa la frase che si è sentita ripetere per due anni da tutti quelli che andavano a trovarla. Tutti gliela ripetevano perché nessuno sapeva davvero com'era vivere in quel posto; un posto dove ti senti solo anche con centinaia di...