Spegnere e riaccendere. In tre parole si riassume la logica del programmatore. Se qualcosa non funziona, si ricomincia da capo.
Peccato che non sempre basti...
In una bella giornata di sole... Beh, in effetti non so come sia il tempo in questo momento. Non sono ancora uscita di casa, oggi: sono i guai che vengono a suonare il mio campanello. E comunque non può esserci il sole, perché è sera.
Lui è John, un mio collega. Chiamarlo guaio sembrerà poco cortese, ma fidatevi: se è a casa mia invece di prepararsi a uscire, come ogni persona normale il venerdì sera, qualcosa deve essere successo. Spero non riguardi il lavoro. Ho da fare questa sera.
Entra e senza dire nulla si siede al tavolo osservando schifato l'erba che non ho messo via prima di aprire la porta. Odio i moralisti, soprattutto quelli che portano guai.
"Fumi quella roba?", mi chiede. Non ricordo di avergli dato il permesso di farsi gli affari miei.
"Ti va un caffè mentre mi spieghi come mai mi hai disturbato?"
"Avevi molto da fare, vedo..."
Ignorarlo mi era parsa una buona idea, ma ora si sta prendendo troppe libertà.
"Non sono affari tuoi.", gli rispondo e accendo uno spinello dopo aver aperto una finestra. Non sono una drogata, ok? Niente facce schifate, per favore. L'erba mi serve solo per rilassarmi un po' la sera, prima di iniziare con il lavoro vero. O prima di andare a dormire. L'insonnia è una brutta bestia, credetemi.
"Sono qui per portarti un messaggio."
"Quindi te ne vai subito?", non provo nemmeno a nascondergli il mio sollievo. In fondo, non mi importa di piacere alla gente, non più. Mi consegna una chiavetta USB, ma non accenna ad andarsene.
"Mi è stato ordinato di rimanere qui fino alla fine dell'operazione."
"Da chi?"
"Wildcat."
"Tu conosci Wildcat?", gli chiedo scettica alzando un sopracciglio. Solo quelli del mio ambiente possono conoscere anche solo la fama del mio mandante. E John non sembra uno di questo ambiente. Sembra, ecco... Una brava persona?
Cavolo, mi sto perdendo di nuovo tra i miei pensieri... Ha già risposto?
"Conosco anche Space."
Questa non ci voleva. Come può essere a conoscenza del mio nome d'arte? Forse sta solo bluffando. Meglio non reagire, non tradirsi.
Prendo la penna dalle sue dita con la mia solita impassibilità.
Nel frattempo poso la canna nel posacenere intimandomi di non dimenticarla lì. Dell'erba di qualità non va mai sprecata, ma so già che il mio cervello sarà assorto in attività ben più stimolanti. Ho provato a smettere, lo ammetto, ma la mia dipendenza non se ne vuole proprio andare. Ho provato pure a rimpiazzarla con altre un po' meno pericolose, ma anche così non ha funzionato. Le sfide, soprattutto per quanto riguarda le cose che so fare meglio, sono la mia vera droga.
Apro un paio di cartelle sul mio portatile e rimango delusa. Un lavoro lungo, ma per niente difficile. Dopo pochi minuti, infatti, ho già finito la mia parte. Un programmino semplice e veloce (per quanto le mie risorse lo permettano). Un programma efficiente, ma soprattutto elegante. Un hack.
Ritorno in soggiorno e noto con piacere che il posacenere non è ancora vuoto. John è sul divano e sta giocando ad uno di quei giochi che vanno tanto di moda sul suo cellulare.
Mi siedo accanto a lui e lo osservo in silenzio, mentre i miei pensieri partono. Al solito.
Mi alzo sbuffando.
"Come mai non stai lavorando? Pensavo volessi mandarmi via il prima possibile..."
Gli esseri umani sono così stupidi, eppure non sono mai riuscita a capirli. A prevedere le loro mosse, certo, ma mai a capirne le motivazioni più profonde. Loro sono aldilà della mia comprensione.
"Non mi cambia molto averti tra i piedi. E poi io sto lavorando."
Di nuovo quello sguardo di rimprovero.
"Non sei mia madre, e nemmeno lei si permetteva di dirmi cosa fare o non fare."
"Sei sempre stata così?"
"Così, come?"
Accidenti, cosa vuole da me?
"Così indisponente? O così libera? Scegli tu."
"Io sono il risultato di una miriade di scelte. Esattamente come te, o chiunque altro. Le mie, di scelte, hanno fatto tutte schifo, ma con il senno di poi non avrei potuto fare altro. La mia mente è il mio limite: ciò che non capisco mi ostacola e ciò che capisco mi dà dipendenza."
Sorride. Perché sta sorridendo? Accidenti, devo aver pensato ad alta voce. Non lo faccio mai: MAI. Deve essere la droga, non c'è altra spiegazione. Se mi fa questo effetto, meglio trovarne un'altra.
"Non me lo sarei aspettato."
"Cosa?"
"Una frase del genere da te. Avrei piuttosto optato per un sono affari miei oppure io sono quello che voglio essere."
"E allora?"
"E sei contenta?"
"Di cosa?"
"Di quello che sei diventata."
"Mica tanto..."
"E allora perché non ricominci?"
"Ricominciare?"
Lo avevo fatto, troppe volte. Avevo ricominciato da capo la mia vita, sperando di riuscire a diventare normale, ma avevo fallito miseramente. Tutte le volte.
I miei occhi si sono riempiti di lacrime. Accidenti. Perché? Perché davanti ad un altro essere umano? Perché davanti a lui? Li sento bruciare, ma le lacrime non sono ancora scese. Forse non se ne accorgerà, se non parlo. In fondo, sono fatta: è normale che abbia un aspetto impietoso.
Bip bip
Il computer ha già finito? Troppo presto. Colpo di fortuna? Non credo, non sono mai stata fortunata.
E infatti, un messaggio di errore lampeggia sullo schermo.
"Connessione terminata. L'operazione non ha raggiunto la fine del file. ERRORE: programma indesiderato rilevato.", leggo a mezza voce.
"E ora?"
"E ora devo sparire. Era una trappola. Grazie John, sei stato davvero utile.", lo rimprovero acida.
"Di chi?"
"Wildcat. Questa volta ha vinto lui. Scommetto che tra poco arriverà qualcuno ad accusarmi della tua morte."
"Mi vuoi uccidere?"
"No, sei innocente. Insomma, non ne sai niente, vero?", gli chiedo speranzosa. Non lo hanno mandato qui a trattenermi dal fuggire, ma piuttosto sperando di potermi incastrare per un delitto che io avrei compiuto per difendermi. Mi hanno sottovalutato, in parte.
"Vattene da qui, in fretta, o farai una brutta fine e la colpa sarà data a me."
"Ma..."
"Poche storie. Vuoi vivere? Fuggi. E lo stesso farò io..."
Torno davanti al computer e cancello tutti i dati. Mi hanno trovato, non so ancora come ma ho intenzione di scoprirlo. Prendo uno zaino e lo riempo di vestiti e dei miei dischi di backup. Prendo i documenti e una foto della mia famiglia. Accatasto il resto mentre il PC sta cancellando i dati che ha finito di copiare in altro disco. Infine prendo tutto l'alcool che trovo in bagno e lo verso sopra ai miei averi. Tutto insopportabilmente a rallentatore, perché i miei sensi sono offuscati.
Quanto tempo è passato? Quanto me ne rimane? Dannazione.
Lascio cadere un fiammifero (ho sempre avuto una passione per i fiammiferi) e le fiamme si allargano in un secondo. Aspetto abbastanza tempo da essere sicura che l'hard disk sia distrutto ed esco. Lascio la porta aperta per far scattare l'allarme antincendio. Criminale e psicopatica, sì; assasina, no.
Ora sono di nuovo da capo. Senza casa, senza identità. Posso ricominciare, come aveva detto John.
Non provo lo stesso brivido speranzoso della prima volta. Ormai mi sono abituata anche a questo. Quando anche il cambiamento diventa abitudine, le sfide che restano sono poche.
Vedo degli uomini entrare nel palazzo. Per fortuna non mi hanno visto.
Chissà perché, poi, Wildcat ce l'ha tanto con me. In fondo non gli ho fatto niente. Credevo che le nostre sfide divertissero pure lui...
Cammino lungo le strade affollate del centro città, indecisa sul nuovo colore con cui tingermi i capelli.
Reset. L'algoritmo che un programmatore si trova a usare più spesso, quasi senza accorgersene.
Non funziona? Bene, cancelliamo le ultime righe e proviamo a riscriverle. Peccato, che nella vita di un essere umano non si possa cancellare nulla. Si possono bruciare i ricordi, nascondere le tracce, ma ciò che siamo è un risultato di tante variabili, la maggior parte delle quali non possono nemmeno essere controllate.
Devo costruirmi una nuova vita, ma alla fine sono sempre la stessa persona.
Accendo una sigaretta e lascio cadere il fiammifero, che si spegne a terra proprio mentre i fuochi d'artificio che segnano la mezzanotte mi ricordano la data di oggi. Proprio un bel modo di iniziare un nuovo anno...