Capitolo 1

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Emma camminava cautamente nella foresta, stando attenta a non incrociare i molti sentieri che la attraversano. La fuga dalla Regina Cattiva, sua madre, la sfiancava fisicamente e mentalmente. Non che sua madre l'avrebbe uccisa, se l'avesse trovata. Le ricordava troppo suo padre, James, l'unica persona che avesse mai amato. Durante i dieci anni di prigionia aveva saputo che era stato ucciso. Da dei troll, a quanto pareva. Non che non se lo meritasse il bastardo, dopo quello che le aveva fatto.

L'unico ad averla mai amata in quello schifo di famiglia era suo zio, il gemello di suo padre, David. Almeno finchè la regina non aveva deciso di strappargli il cuore, impedendoglielo.

Emma aveva più volte cercato di opporsi al regno di terrore instaurato dai suoi genitori, sin dalla tenera età, nonostante tutto. Per questo i suoi genitori, esasperati dai suoi continui tentativi di sabotaggio, l'avevano rinchiusa nella torre, mettendole a guardia quella che una volta era stata come una sorella per lei, la sua migliore amica, Lilith. Anche a lei, ovviamente, era stato preventivamente strappato il cuore, rendendola una carceriera spietata.

Dopo dieci lunghi anni di solitudine, Emma aveva finalmente trovato un modo per evadere. Non che fosse merito suo, ma di una fata, Tinkerbell aveva detto di chiamarsi, la sua fata madrina a quanto pareva. L'aveva soccorsa, scusandosi anche per non averlo potuto fare prima (a quanto pare, Blue, la fata che teneva al sicuro la sua famiglia, glielo aveva sempre proibito), e aveva fatto addormentare Lilith per permetterle di scappare. Insieme erano volate via dall'isola-prigione, fino alla foresta, dove da quasi un anno ormai Emma si nascondeva, pianificando con pazienza e cura il suo piano per spodestare Snow White e salvare il regno.

Regina, nascosta dietro un albero, aspettava con impazienza che una carrozza si fermasse a causa dell'albero che aveva precedentemente abbattuto, in modo da poter rubare il denaro che esse custodivano.

Regina era la ladra più famosa del regno. Non che avesse voluto questo ma era stata costretta a causa della situazione della sua famiglia. Dopo la morte di suo padre la sua famiglia era caduta in disgrazia e sua madre aveva cercato di costringerla a sposare uno dei tanti pretendenti facoltosi, che erano rimasti abbagliati dalla sua bellezza. Rifiutatasi di sposare un uomo che non amava, era stata costretta a scappare di casa per evitare il matrimonio che sua madre aveva già organizzato. Da due anni ormai viveva nei boschi, dove cercava di sopravvivere. Soprattutto cercava di nascondersi dalle guardie della regina, che voleva la sua testa.

Emma continuò a camminare, tenendo ferma la spada che portava al fianco con la mano poggiata sul pomolo, perché il fodero non sbattesse rumorosamente contro la coscia ad ogni passo. Mentre avanzava tra la fitta boscaglia, notò qualcosa. Una macchia più chiara tra gli alberi. Subito si nascose dietro un albero, attenta a non fare rumore. Si sporse appena, sbirciando da dietro al possente acero. Una donna, vestita di pelli, a una trentina di passi da lei. Vide chiaramente arco e frecce, e non escluse che avesse altre armi con sé. Appostata dietro ad un albero, sembrava stesse aspettando qualcuno, e non sembrava avere buone intenzioni. Riconosceva una ladra quando la vedeva, ormai. Solo ora notò il sentiero, a pochi passi dalla donna, appena visibile tra gli alberi.

Finalmente, dopo un'ora di appostamento, sentì il classico rumore di zoccoli che annunciavano l'arrivo della carrozza. Regina sorrise e sfoderò il pugnale che portava sempre con se. Non appena la carrozza si fermò e i cavalieri si avvicinarono al grosso tronco che bloccava loro la strada, Regina si buttò su di essa e, preso l'oro che si trovava all'interno, iniziò la sua fuga. Corse senza voltarsi indietro sentendo le urla dei cavalieri della regina che la inseguivano. A suo vantaggio c'era la conoscenza dei boschi. Corse tra gli alberi e riuscì a seminarli. Si fermò solo quando non sentì più nessun rumore dietro di sé, e sorrise soddisfatta
Controllò il bottino che era riuscita a conquistare e poi appese il sacchetto alla cintura. Riprese quindi a camminare per tornare nel suo nascondiglio, che ormai era diventato la sua casa. Arrivata vicino al nascondiglio, ebbe una strana sensazione. Dopo anni nella foresta sapeva di dover dare retta all'istinto, quindi continuò a camminare, estraendo il pugnale, pronta a difendersi.
D'un tratto, senza preavviso, si girò di scatto.
«Fatti vedere!» urlò scrutando tra gli alberi.
Passò un secondo di assoluto silenzio. Poi Regina udì l'inconfondibile rumore di una spada che veniva rimessa nel fodero, quindi dei passi. Una ragazza uscì allo scoperto, le mani alzate.
«Sono qui.» disse, calma, osservandola.
Regina la studiò per qualche istante.
«Chi siete? Perché mi seguite?» le chiese poi, senza mai toglierle gli occhi di dosso.
La bionda avanzò, avvicinandosi con cautela.
«Vi ho vista assaltare quella carrozza.» rispose «Temevo che i cavalieri della regina potessero prendervi, quindi vi ho seguita. Se ne sono andati, ma ormai...» si strinse nelle spalle accennando un sorriso. Abbassò le mani.« ... mi avevate incuriosita. Così ho continuato a seguirvi.»
La mora la guardò con stupore.
«Vi incuriosisce una ladra?» chiese con un velo di sarcasmo. «Volete una parte del bottino?» aggiunse poi, mettendo una mano sulla sacca delle monete d'oro.
Ad Emma sfuggì una breve risata.
«No, no, non... non mi serve il denaro. Vado a caccia.» spiegò, facendo qualche altro passo verso di lei. «Mi incuriosisce il fatto che siate una donna!» continuò, sorridendo «Come me. Non se ne vedono tante in giro per boschi...»
Regina accennò un sorriso, mettendo via il pugnale.
«Effettivamente credo di essere l'unica o almeno lo credevo...» Fece un cenno verso di lei «...prima di vedere voi. Come mai vi trovate qui?» domandò poi, incuriosita.
Emma si rilassò visibilmente quando rinfoderò il pugnale. Le sorrise poi, avvicinandosi ancora fino alla decente distanza di tre passi da lei.
« Necessità.» rispose con una scrollata di spalle. « Il vostro stesso motivo, suppongo.» aggiunse con un cenno del capo verso la sacca con i gioielli. La riconobbe. Sbiancò appena, ma subito si riprese, tornando a sorriderle e a guardarla negli occhi.
« Non piaccio molto alla regina.» ammise poi, premendo le labbra tra loro. Non osò svelare altro.
La mora sorrise alle sue parole.
«Siamo in due a non piacerle...non credevo ci fosse qualcuno che odiasse oltre a me.» disse facendo un altro passo verso di lei.
«Come mai non le andate a genio?» chiese.
La bionda la osservò da quella breve distanza, studiando i suoi lineamenti. Era bella, non c'era che dire. E il fatto che fosse una nemica di sua madre gliela rendeva ancora più simpatica, per non parlare del coraggio che aveva avuto ad assaltare quella carrozza piena zeppa di cavalieri da sola. Ma non poteva ancora fidarsi di lei, sebbene il suo istinto le dicesse il contrario.
«Oh, ho... cacciato nella sua tenuta. Un cervo e una lepre valgono la mia testa, a quanto pare.» rispose, una mezza verità. In fondo, in effetti, aveva cacciato più volte nell'immensa tenuta della regina. Senza il suo consenso, ovviamente. « E voi? Che le avete fatto, per farvi odiare?»
«Vi odia solo per questo?» replicò Regina squadrando la donna, intuendo che ci fosse qualcosa che non le stava rivelando. Ormai riusciva a riconoscere a miglia di distanze una bugia. Ma fece finta di niente.
«Ovviamente per aver rubato i suoi gioielli...» rispose mentendo.
Emma annuì, incrociando le braccia sotto al seno. Mentiva spudoratamente, ma non poteva certo biasimarla. In fondo, lo stava facendo anche lei.
«Non si può dire che mi odi... semplicemente, odia l'affronto che secondo lei le ho fatto. » spiegò, alzando leggermente il mento. «E' lo stesso per voi? » chiese, apposta per provocarla, scrutandola con le palpebre quasi socchiuse.
«Si odia perdere i suoi gioielli e il suo oro nonostante ne abbia stanze piene...» rispose la mora prontamente «Bene, adesso devo andare» affermò facendo qualche passo per allontanarsi.
Emma spalancò gli occhi nel vederla allontanarsi. Le corse dietro istintivamente. «Aspettate!» esclamò.
Regina si girò di scatto «Cosa volete?»
Emma si fermò di colpo guardandola negli occhi.
«Abbiamo la stessa nemica. Perché continuare ad agire separatamente, quando possiamo moltiplicare l'effetto delle nostre azioni unendoci? » le chiese.
La mora osservò la donna, quasi studiandola.
«Io lavoro da sola...» affermò dopo qualche secondo.
«Anche io!» concordò Emma, avvicinandosi di un passo, presa dall'entusiasmo. « Ma non concluderemo niente se continuiamo a farlo! Se unissimo le forze, invece, e non parlo solo di noi due, potremmo anche riuscire a sconfiggerla! Quanti nemici ha la regina?»
«Nessuno che si metterebbe direttamente in contrasto con lei, sono tutti terrorizzati da lei. E' odiata da tutti ma nessuno si oppone... a parte noi mi sembra di capire».
«Appunto! Diamo l'esempio!» esclamò la bionda sorridendo. « Una donna che si oppone alla regina può essere considerata una folle, ma due? Soprattutto...» si bloccò appena in tempo, mordendosi la lingua per non continuare. Sorrise di nuovo, i grandi occhi grigio-verdi che luccicavano per l'impeto. «Fidatevi di me. Possiamo batterla, ma solo insieme.»
«Fidarmi di voi? Nemmeno vi conosco... » replicò facendo qualche passo indietro. «Siete folle, davvero se pensate che qualcuno si unirà a voi..»
L'entusiasmo di Emma si spense un po'. Incurvò appena le spalle.
«Sì, forse avete ragione...» disse piano, distogliendo lo sguardo.
«Vi farete uccidere...» continuò la mora. «Vi consiglio di non mettervi in testa di poter fare una crociata contro la regina. Rubatele quello che volete ma non tirate troppo la corda. Io sto mettendo da parte i soldi per poter andare via... dovreste pensare di fare lo stesso...»
Emma rialzò lo sguardo triste su di lei.
«Non posso.» replicò, il tono appiattito. « E' il mio regno.»
Regina la guardò sorpresa.
«In che senso?» chiese senza capire.
La bionda le rivolse un lungo, intenso sguardo, quindi lo abbassò sul terreno ricco di felci.« Nulla d'importante...» mormorò, facendo per andarsene.
«Chi siete in realtà?» chiese Regina poggiando la mano sul manico del coltello.
Emma esitò un secondo, voltando appena la testa per guardarla.
«Un fantasma.» replicò poi prima di iniziare a camminare tra gli alberi.
Regina esitò un attimo, incerta, decise, infine, di fare qualche passo verso di lei.
«Ditemi la verità... chi siete?»
La bionda si fermò, bloccata dalla sua voce. Chiuse gli occhi e sospirò. Aveva due strade davanti, ed ognuna di queste portava a conseguenze che avrebbero scatenato ulteriori conseguenze: poteva andarsene, e non rivedere mai più quella donna, che sarebbe partita probabilmente per mare verso una terra lontana, dicendo addio alla sua rivoluzione, perdendo quell'unica possibile alleata. Oppure voltarsi, e dirle la verità. A quel punto, o la bandita sarebbe scappata, spaventata dal suo legame con la regina, o l'avrebbe uccisa per gli stessi motivi, oppure, se avesse avuto coraggio e poco sale in zucca, avrebbe potuto tentare di usarla come ostaggio contro la regina stessa. L'ultima, flebile opzione, che forse, più che altro, è l'indomabile speranza che incessantemente albeggiava nel cuore della principessa, avrebbe potuto credere ad ogni sua parola, e unirsi a lei nella lotta. La scelta, per quanto rischiosa, era semplice. Emma si voltò, puntando lo sguardo negli occhi della donna.
«Mi chiamo Emma. I miei genitori mi hanno rinchiusa in una torre per dieci anni perché mi sono opposta alla loro politica. Mia madre è la Regina Cattiva. Mio padre è... era Re James il Distruttore. Sono qui per mettere fine al loro regno.»
Regina ascoltò le sue parole con attenzione, per poi spalancare gli occhi alla rivelazione Tutto si sarebbe potuto immaginare tranne che quella donna davanti a lei fosse la figlia della sua nemica. Fece un passo indietro.
«Sei sua figlia?» disse continuando ad indietreggiare. Deve essere una trappola, pensò tra sé.
«Sei qui per uccidermi...»
La bionda rimase immobile, continuando a guardarla negli occhi.
«No. Non so chi tu sia. Ho capito che hai fatto qualcosa di più che rubare oro a mia madre, ma non ho idea di cosa tu abbia fatto. Qualunque cosa sia, sono contenta che tu l'abbia fatta.» disse.
«Non credo che sareste contenta...» replicò scrutandola per cercare nel suo viso un qualche segnale di menzogna ma non riuscì a trovarlo.
«Per colpa mia vostro padre.... è morto...» ammise.
Emma spalancò gli occhi alla confessione. La fissò a bocca aperta.
«C-cosa? Ma... lo hanno ucciso dei troll...»
«Stava inseguendo me.... non sapevo ci fosse il re sulla carrozza quando l'ho attaccata.»
La principessa la guardò sbalordita. Non sembrava triste, tuttavia. Le ci volle qualche minuto per riprendersi. Annuì, deglutendo, un po' più pallida del normale.
«Avete fatto un servizio al regno. Immagino sia per questo che mia madre vi vuole morta, dunque.»
La ladra aprì leggermente la bocca.
«Non siete in collera con me? Non volete uccidermi per vendicare la morte di vostro padre?» domandò esterrefatta.
Emma la guardò negli occhi.
«Lo chiamo padre solo perché, di fatto, lo è. Ma ho smesso di amarlo anni fa. Quando ho capito che lui non l'aveva mai fatto con me.» spiegò, senza emozione negli occhi chiari.
«Mi dispiace in ogni caso... » disse la mora, sincera. «Mi sento in colpa per quello che è successo, non avrei mai voluto causare la morte di una persona, per quanto il suo comportamento fosse riprovevole.»
La bionda le rivolse un sorriso mite.
«Il fatto che vi sentiate in colpa vi rende onore.» si limitò a dire. Sembrava in attesa di qualcosa.
«Perché vi siete messa contro vostra madre? Perché vi ha imprigionato? Solo perché non eravate d'accordo con lei?» chiese Regina, inorridendo all'idea. Come poteva una madre fare una cosa del genere a sua figlia?
Emma prese un piccolo respiro, come se avesse bisogno d'aria, ma continuò a sorriderle.
«È davvero lungo da spiegare... diciamo che non ho mai approvato le decapitazioni gratuite, per farla breve. Né il fatto che il popolo soffra la fame mentre lei rifiuta cigno arrosto con prugne perché le gira male....» spiegò brevemente, stringendosi nelle spalle.
Regina cercò di trattenere una risata all'ultimo commento.
«Sembra proprio che siate dalla parte del popolo.... Sareste dovuta essere voi la regina...» commentò guardandola, nascondendo a stento lo stupore.
La bionda le fece l'occhiolino.
«Il piano è quello...» replicò.
«Vuoi usurpare il trono?» chiese sconvolta la ladra, alzando leggermente la voce.
Emma annuì, il sorriso svanito dal suo volto.
«Sì.» rispose, decisa.
«Potrebbe ucciderti... lo sai benissimo...»
La principessa si strinse nelle spalle.
«Se così deve essere, che sia. Avrò comunque dato un esempio a qualcuno, fosse anche una sola persona, un solo bambino.»
«Ma non potete combattere da sola... non dovete farvi uccidere...» obbiettò la mora, sconvolta.
La bionda aggrottò la fronte.
«Non da sola. Avrò bisogno di alleati, di un esercito, per quanto esiguo. Per questo vi ho chiesto di unirmi a me. Già la combattete. Anche solo rubarle un singolo anello è un potente atto di ribellione. Avete causato la morte di mio padre, avete detto...» continuò avvicinandosi a lei, senza distogliere gli occhi dai suoi neanche per un secondo «...Se anche scappaste dalla Foresta Incantata, vi troverebbe, ve l'assicuro. La sua magia è potente, vi basterebbe passare per sbaglio davanti ad uno specchio... Unitevi a me. Avrete la mia protezione, e quella delle persone che radunerò. E, una volta instaurato il mio regno, potrete vivere in pace, senza più dover scappare.»
La mora la guardò in confusione.
«Perché volete aiutarmi, proteggermi? Sono una ladra...una sconosciuta.» replicò guardandola negli occhi. Il cuore batté più forte. «La regina non può essere sconfitta...»
Emma sostenne il suo sguardo. C'era determinazione negli occhi della principessa, sicurezza.
«Non siete una solo ladra. Avete ucciso, seppur involontariamente, il re. Avete liberato il regno da un tiranno. Siete un'eroina, e sarei onorata di avervi al mio fianco in questa battaglia. E voglio proteggervi perché questo regno ha bisogno animi nobili come il vostro.»
Le gote della mora si tinsero leggermente di rosso.
«Io non sono un eroina, sono una ladra...» ripeté «Vorrei aiutarvi, ma è una guerra persa in partenza.»
La bionda sospirò serrando la mascella. Annuì lentamente.
«D'accordo.» Mise le mani nella sacca legata alla cintura, tirandone fuori un cristallo. Afferrò la sua mano e glielo mise nel palmo. «Prendete questo. È polvere di fata cristallizzata dal soffio di un drago. Mia madre non potrà trovarvi, neanche se passerete davanti ad uno specchio. E...» Lasciò il cristallo e prese la sacca dell'oro, depositandola sopra di esso «... questi basteranno per portarvi lontano da qui. Andate al Porto del Sole, e cercate la nave fregiata dal nome Jolly Roger. Il capitano, per questa somma, vi porterà dove volete e vi terrà al sicuro. L'unica cosa è che ci proverà spudoratamente con voi, ma è innocuo, non temete.» aggiunse accennando un sorriso.
Regina osservò sbalordita gli oggetti che la ragazza le aveva dato.
«Voi siete pazza! Non posso accettare nessuna di queste cose!» esclamò. Tentò di ridarle indietro la sacca con le monete d'oro e il cristallo, ma la principessa la evitò facendo un passo indietro. «Questo servirà di più a voi... Io non so quando andrò via...presto, ma non ora.» disse, cercando di convincerla.
«Se non volete combattere, invece, dovete andare via il più presto possibile.» ribatté indicando con un cenno del capo i suoi doni. «Prendeteli come un dono di benvenuto nel nuovo regno. Quando avrò spodestato Snow White, farò in modo che la notizia si diffonda in ogni angolo del mondo, cosicché chiunque sia stato costretto ad abbandonare queste terre perché oppresso dal suo regno e da quello di James il Distruttore possa tornare e costruire con me il reame di pace che questo popolo merita.»
Regina sospirò guardando in quegli occhi pieni di determinazione e sicurezza.
«Siete una folle.... ma forse lo sono anch'io...» affermò «Combatterò con voi...» continuò dopo pochi secondi, sorprendendo se stessa e la bionda, che spalancò gli occhi.
«C-cosa? Davvero?» chiese esterrefatta.
«Si...Non chiedetemi il perché...» sorrise appena.
Emma la guardò confusa ma con il cuore in subbuglio per l'esultanza. Sorrise, incapace di trattenersi. Eseguì una riverenza davanti a lei, non trovando modo migliore per dimostrarle la sua gratitudine.
«Grazie..» mormorò, guardandola negli occhi.

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