28 ~L'imprevisto è la regola~ ✔

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Avevamo già avuto modo di testare gli attrezzi della palestra olimpica durante le prove: la trave era più dura e scivolosa, la pedana del volteggio più rigida mentre, quella del corpo libero, era più elastica, tanto da permettere un'elevazione migliore ma da implicare un forzato adeguamento di tutti i salti artistici. Quando sei abituata ad allenarti in un certo modo e a sfruttare determinati attrezzi, il cambiamento può destabilizzarti. Dovevo soltanto concentrarmi e appellarmi al mio istinto di sopravvivenza, in una giungla popolata da tigri impavide ed esperte che, di sicuro, avrebbero fatto a pezzi la giovane antilope timorosa.

Speravo proprio di non essere io l'antilope oggi.

Dopo aver fatto l'ingresso, insieme alle nazionali che partecipavano alla nostra rotazione e davanti a un pubblico in visibilio, iniziò il riscaldamento. Il primo attrezzo sarebbe stato il corpo libero, avevo una paura matta di dimenticare la coreografia nuova e confonderla con quella vecchia, ora mi stavo rendendo conto che, cambiarla a pochi giorni dalla partenza, era stato un azzardo, solitamente l'esercizio finale è il frutto di un lavoro annuale.

Mi tolsi di dosso la tuta pronta a prendere confidenza con la pedana, Lia mi fermò poco prima di iniziare: «come ti senti?», mi chiese dolcemente.

«Ho la mente vuota», gemetti, «non sono sicura di ricordarmi i passi».

«Lasciati trasportare dalla musica, verrà tutto da sé».

Mi strinse entrambe le mani e poi mi diede una leggera spinta per farmi salire sulla pedana. Provai tutte le diagonali alternandomi con le altre atlete, non riuscivo a non guardare il contesto in cui mi trovavo, le luci mi accecavano e le grida dei tifosi mi mettevano agitazione, ero consumata dal pensiero di poter fare una figuraccia e deludere tutti.

Deludere Enrico che aveva puntato su di me, deludere mia madre che faceva della mia ambizione il suo scopo nella vita e deludere me stessa; io che mi ero privata di tutto per essere lì, per avere un'opportunità unica e irripetibile di lasciare un segno nella storia della ginnastica.

Qualche minuto più tardi lo speaker annunciò la fine del riscaldamento e l'inizio della qualificazione. Dopo gli esercizi delle americane, Anna sarebbe stata la prima di noi a gareggiare, invidiavo la sua compostezza e la sua calma, aveva già vissuto questa esperienza e, di sicuro, era abituata a controllare l'ansia e a incanalarla nella giusta direzione. Non appena sentì il suo nome, salì sulla pedana, salutò alzando le braccia in direzione dei giudici e, con un sorriso smagliante, guadagnò il lato destro della pista mettendosi in ginocchio con le mani indietro. Non appena partì la colonna sonora di "Pirati dei Caraibi", tutti i presenti puntarono gli occhi su di lei, era energia allo stato puro, rimbalzava sul suolo come se avesse delle molle sotto i piedi, si capiva benissimo che ogni movimento era stato studiato nei minimi dettagli. Purtroppo anche il più preparato degli atleti, può incappare in un errore fatale; quello di Anna fu la rotazione non completa nell'appoggio delle mani durante la rondata che portò ad un eccesso di slancio e, il suo famoso Tsukahara con doppio avvitamento, seppur di ottima fattura, finì al di fuori del quadrato consentito, facendole intascare una penalità grave. Finì l'esercizio come se nulla fosse, salutò il pubblico che la sosteneva con applausi incoraggianti e non smise mai di sorridere, solo dopo, quando ci raggiunse a bordo pista, scorsi un'ombra nera sul suo viso, l'incubo di fallire la qualificazione, ora, avrebbe perseguitato anche lei.

Enrico le diede una pacca sulle spalle dicendole di stare tranquilla e che, la qualificazione per l'all around, era ancora nelle sue possibilità.

A quel punto fu il momento di Sveva, prima di salire in pedana si sistemò il body, si strinse la coda e poi si voltò verso di noi aspettandosi, forse, qualche parola di incoraggiamento ma, nessuna parlò, solo Enrico le fece il pollice all'insù. Lei con calma e in modo sinuoso raggiunse il centro della pista, voleva godersi ogni attimo di quell'esperienza, finalmente aveva ciò che tanto desiderava, l'attenzione tutta su di sé. Ciò che le invidiavo era il suo potere magnetico, aveva scelto come base una musica celtica irlandese per omaggiare le sue origini, il ritmo incalzante fu subito coinvolgente, tutto il pubblico iniziò a battere piedi e mani a ritmo di Bodhran . Tra una diagonale e l'altra Sveva aveva deciso di inserire dei passi di balli tradizionali irlandesi e, le piccole sbavature nei suoi salti, divennero quasi superflue rispetto alla sua performance. Sbatteva i piedi a una velocità supersonica e, nonostante non avesse le scarpe con la suola in ferro che si utilizzano nei balli celtici, l'effetto fu comunque suggestivo, sembrava di essere finiti in un'altra epoca e in un altro paese. Quando terminò la coreografia si riversò nel palazzetto una valanga di applausi così forti da distrarre, addirittura, l'atleta russa che stava eseguendo l'esercizio alla trave.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora