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Era un'altra identica mattina nella casa di riposo. Yoongi fu svegliato bruscamente come sempre, forse un po' prima del solito. Un infermiere era entrato incurante nella stanza, seguito a ruota dal dottore e da due assistenti. Le due signore si affaccendarono subito intorno a lui, per aiutarlo a vestirsi più in fretta. Era giorno di controlli evidentemente, ed era meglio che lui si togliesse dai piedi.
Quel giorno fece colazione con calma, osservando il grande salone adibito a mensa che si riempiva di tutti gli ospiti ancora più o meno deambulanti. Nonostante fosse una mattina come tante altre, quel giorno però c'era qualcosa di diverso.
Era uno di quei sempre più rari giorni in cui Min Yoongi desiderava parlare. Parlare, raccontare, lasciare a qualcuno un frammento di sé, una traccia nel mondo.
Si girò verso il signore alla sua destra. Sembrava assolutamente concentrato sulla sua colazione, talmente tanto da non essersi accorto di avere delle briciole tutte incastrate nella barba. Lo lasciò perdere e riprovò verso sinistra. La signora minuta probabilmente ancor più anziana di lui che gli sedeva accanto gli rivolse un largo sorriso.
«Sembri un giovincello in confronto a me, caro»
Lui abbozzò un sorriso.
«Scusi ma io ho già 78 anni! Lei di certo ne ha dieci meno di me.»
Lei rise tutta compiaciuta.
«Sai quando ero giovane, ne ho incontrati pochi di ragazzotti gentili come te. Certo, poi ho conosciuto il mio Honjae, lui si che-
Ma Yoongi non ascoltava già più molto. La signora avrebbe sicuramente continuato a parlare solo di se stessa, come purtroppo molte delle persone appartenenti al gentil sesso che Yoongi aveva conosciuto nella sua vita. Dopotutto, si ritrovò a pensare osservando i capelli sempre più radi della signora, anche le donne come i lupi perdono il pelo ma non certo il vizio.
Quando la colazione finì finalmente riuscì a liberarsi di lei, anche se la sua testa era ormai piena di informazioni su questo Honjae. Si rendeva conto che probabilmente il suo racconto avrebbe fatto lo stesso effetto a chiunque altro. Improvvisamente si ritrovò a desiderare la compagnia di SunMin: quella ragazzina sarebbe stata contenta di sentire quella storia.
O forse no. C'erano troppe cose che non sapeva.
Si diresse così verso il salone, deciso a trovare comunque qualcuno che lo stesse ad ascoltare. Si sedette quindi vicino ad un gruppetto riunito a semicerchio su delle poltrone verde pistacchio.
«Buongiorno» provò a dire al vecchietto canuto accanto a lui.
«COSA?! Parla più forte, sono sordo da questo orecchio!»
«BUONG- Ah, lasciamo perdere. SA DIRMI DOVE SONO LE INFERMIERE?» gli urlò nell'orecchio.
Dopo tutto quel tempo lì dentro aveva scoperto che quella era la scusa migliore per allontanarsi da qualcuno. Quasi non aspettò nemmeno la risposta prima di andarsene.
Una signora se ne stava all'angolo della stanza in solitudine. Lo sguardo vagava annoiato dalla sala al panorama fuori dalla finestra.
«Salve» disse cortese.
«Oh, finalmente sei tornato Taehyun. Dov'è tua moglie?!»
«Signora, io non sono Taehyun. È suo figlio?»
Un altro buco nell'acqua.
«Non sei Taehyun? Quando lo vedi allora puoi dirgli di venire qui? Qualcuno mi ha rubato le caramelle, digli che ne vorrei altre.»
«Certo signora, vedrà che la verrà a trovare presto.»
Se ne andò prima che potesse chiedergli altro. Nel frattempo passò davanti ad un altro gruppetto. Quando stava per raggiungerlo, un'anziana attaccò ad urlare con tutto il fiato «Mamma! Mamma! Mamma! Mamma!» Si spaventò, ma venne gentilmente rassicurato dalla vicina.
«Ignorala, è pazza. Fa così di continuo. E sta' un po' zitta! Tua mamma non c'è, se vuoi qualcosa chiama l'infermiera. E non urlare!»
Accelerò il passo, per quanto le sue vecchie ossa glielo permettessero.
Alla fine prese una decisione: sarebbe tornato in camera, al diavolo l'aver voglia di raccontare la sua storia.

*

Quando finalmente arrivò davanti alla stanza 101, una signora di circa cinquant'anni ne stava uscendo.
«Salve signor Min, sono la nipote di Jimin. Mi dispiace per la situazione e il viavai di gente. Spero che mia figlia non l'abbia disturbata ieri.»
Il tono della sua voce sembrava sbrigativo, come se avesse fretta.
«Sua figlia è stata deliziosa, davvero gentile. Non si preoccupi di nulla, è una situazione difficile per voi, me ne rendo conto.»
Lei annuì.
«La ringrazio molto. Tra un po' arriverà nuovamente qualcuno, io ora devo andare. Arrivederci signor Min.»
Yoongi la salutò a sua volta e lei con un inchino si allontanò.
Entrò così nella sua camera, ora vuota ad eccezione del letto di fronte a lui. Stava per stendersi nel suo, quando qualcosa lo trattenne. All'improvviso decise di trascinare una sedia fino al capezzale dell'altro per restare lì vicino a lui.
«Ji-
La voce gli si spezzò. Non aveva detto quel nome ad alta voce per tanto, troppo tempo. L'unica eccezione era stata la sera precedente, quando quell'unica frase lo aveva prosciugato di tutte le forze, tanto da fargli decidere di saltare la cena e andare direttamente a dormire.
Quando lo aveva rivisto in quell'ospizio, vecchio e ormai quasi allo stremo delle forze, si era subito accorto che l'altro faceva ormai fatica a riconoscere chiunque. Così non gli aveva detto chi era e aveva iniziato a chiamarlo semplicemente "signor Park". Era stato doloroso, più di quanto avrebbe creduto, ma tutti quegli anni senza di lui avevano temprato il suo spirito.
Lo aveva perdonato subito per non averlo riconosciuto. Dopotutto erano passati così tanti anni, chissà che vita doveva aver avuto. Per non parlare del possibile Alzheimer, l'incubo di ogni persona di terza età; lui non sapeva se lo avesse colpito o meno, ma era consapevole che, nel caso, contro quello c'era poco da fare.
Solo che poi aveva scoperto tutta la storia e avrebbe voluto solo che aprisse gli occhi per urlargli in faccia che era uno stupido.
«Jimin»
Lui non si mosse, continuò solo a respirare. Ormai non cercava nemmeno più di sollevare le sopracciglia o di muovere la mano.
«Jimin, a te la posso raccontare, no? La mia storia dico. Sono sicuro che ancora te la ricordi, ma mi piacerebbe rivivere quei momenti con te.»
Yoongi si fermò ad osservarlo, ricercando in quel volto scavato e segnato dal tempo i tratti del quasi ventenne che aveva conosciuto una volta. Con una mano tremante per l'emozione che minacciava sempre di più di travolgerlo del tutto, afferrò delicatamente una di quelle immobili di Jimin.
Poi iniziò a raccontare.

Silenzi [BTS - YoonMin]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora