4 - Thursday

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Thursday you didn't prove it.

L'indomani andai a scuola da sola, varcando la soglia con gli occhi incollati allo schermo del cellulare. Mi ero svegliata e non c'eri già più.
Non una parola, un biglietto, un messaggio... niente di niente, eri come scomparso.
Egoisticamente speravo fosse sul serio così, giusto per non dover accettare il fatto che ti fossi completamente dimenticato di me. Invece no, eccoti lì. Chiacchieravi con Andrè, appoggiato al muro con le braccia incrociate. Ti ho notato subito, alzando gli occhi dal mio telefonino che riposi in tasca quasi automaticamente.
Non mi avvicinai, a passo svelto raggiunsi mio armadietto mentre il suono di piccoli passetti saltellanti arrivava sempre più forte alle mie orecchie.

«Ciao Jade!» - l'allegria spassionata di Cat mi infastidì già al pronunciare della prima lettera del suo colorato saluto. Non risposi, infilando lentamente i miei libri all'interno della borsa.

«Tutto bene?»

«Alla grande.» - suonò terribilmente sarcastico, più o meno come qualunque cosa io dica.

«Sai, ho preso qualcosa ieri e-»

«Non ora, Cat.»

« Hai litigato di nuovo con Beck, vero?» - il suo viso si era incupito, la voce come pioggerella leggera primaverile.

«Andiamo in classe.» - chiusi con forza lo sportello, forse inconsciamente cercavo di farmi notare da te, però tu eri troppo impegnato.
Anche Tori si era aggiunta al gruppetto vicino all'armadietto di André.

Perché mi hai fatto quelle domande?

Perché mi hai risposto in quel modo se nemmeno ventiquattrore dopo non sei riuscito a dimostrarmi di volermi rimanere vicino?

Stiamo insieme o no?

Iniziai a pensare di aver soltanto sognato quel "sì" della sera prima. Camminavo tra la massa di studenti senza realmente vederli, non mi rendevo nemmeno conto di verso quale classe stessi andando, finché ad un certo punto mi fermai.
Scossi la testa, cambiando direzione.
Sentì Cat chiedermi qualcosa, ma non la ascoltai.
Andai ad appollaiarmi sugli scalini fuori da scuola, il freddo del marmo mi fece rabbrividire. Mi sentivo gelare. Frugai nella mia borsa tirando fuori un accendino nero, rigirandomelo tra le mani. Mi piaceva un sacco bruciare le cose, vederle distruggersi davanti ai miei occhi. Sentivo di avere lo stesso potere delle persone che avevano fatto lo stesso con me. Strappai un foglio dalla mia agendina, rimasi lì a fissarne le righe che diventavano ogni secondo più instabili.
Avevo la pelle d'oca e le righine grige del foglio cominciavano a sembrare onde in movimento, piano piano mi riusciva sempre più difficile riuscire a distinguerle.
Chiusi gli occhi, stringendo forte le palpebre, accartocciando il fragile foglio di carta che adesso era imprigionato nel mio pugno pallido.
Io stessa sentivo di essere come carta.

Non eri soltanto tu.

No, era tutto quanto. Era la scuola, erano i miei genitori, gli amici.

Eri anche tu.

Mi stavo accartocciando come quel foglio di carta, stavo ingiallendo, sbiadendo.

Su di me avevi scritto poesie con le labbra, con le dita. Avevi disegnato sorrisi sul mio viso con le tue parole come fossi una piccola pagina di un'agenda troppo piena.
Una pagina un po' strappata, in bilico.
Adesso tu la stavi perdendo, ti stava piano piano scivolando via dalla tasca.

Io stavo scivolando via da te.

Sbattei le palpebre, ricacciando indietro la delusione che stava per uscire fuori. Aprì il pugno facendo cadere il foglio accartocciato.

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