8. Tyler

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«Dovremmo arrivare a destinazione nel primo pomeriggio.»

Tyler Raines aveva trascorso l'intera mattina a rimuginare sulle parole di ser Logan Baxter. Il capitano della Guardia Reale, benché fosse incaricato di proteggere il re, non si era tirato indietro quando Nathan Crawford gli aveva chiesto di stimare la durata del viaggio che avrebbe condotto il Piccolo Concilio a Bridport. Dei tre giorni di marcia calcolati per giungere in città, ne erano già passati due. Malgrado la buona volontà, il corteo di Silchester aveva iniziato a rallentare l'avanzata: se da una parte gli uomini a cavallo avvertivano di meno il peso del tragitto, dall'altra i cinquanta armigeri che procedevano a piedi faticavano a sostenere l'andatura.

"Auguriamoci di non fare tardi." I consiglieri del sovrano si spostavano a bordo di un cocchio reale, concessogli dal loro signore in vista della lunghezza della spedizione. Il maestro Sullivan, avvolto nella sua classica veste nera, non perdeva occasione per schiacciare qualche lungo pisolino, mentre lord Conleth Clifton, gracile e malaticcio, si intratteneva guardando fuori dal finestrino e dando voce a ciascun pensiero che la sua mente partoriva.

"Esseri inutili." Tyler avrebbe preferito trovarsi in qualsiasi altro luogo piuttosto che su quella carrozza. Si sentiva circondato da parassiti, abituati a strisciare per non inciampare nei problemi. Sarebbero stati capaci di assecondare il re in ogni sua decisione, anche la più folle, pur di mantenere il proprio posto a corte. Erano creature senza alcuna prospettiva di futuro, determinate a sopravvivere il più possibile con l'unico scopo di poltrire e scroccare a volontà. Se qualcuno all'improvviso gli avesse piantato un coltello nella schiena, non avrebbe visto nessuno rattristarsi per la loro dipartita.

«Conleth» disse Tyler richiamando l'attenzione del maestro delle spie. «Tanto per parlare un po', come pensi reagiranno i lord di Bridport alla nostra richiesta? Insomma, l'ingaggio di ventimila mercenari non è cosa da poco, non trovi?»

«Senza dubbio. Sono sicuro che saranno onorati di fornire truppe e navi al protettore dell'Ovest. Hai avuto un'ottima idea a pensare di rinforzare le Spade Rosse con i loro uomini. Gli Invincibili sono famosi per il vigore e la tenacia in tutte le regioni di Uskaria. Con guerrieri simili tra le nostre fila, trovare e giustiziare Ian Black sarà un gioco da ragazzi.»

«A proposito, i tuoi informatori non ti hanno più riferito nulla su quella canaglia?»

«Niente di niente. Pare si sia dissolto come un fantasma: alcuni contadini affermavano di averlo avvistato a Slerk Wood, altri nelle campagne di Chirbury. Abbiamo controllato in entrambi i posti e non abbiamo trovato nulla. Se è passato di lì, dev'essere stato davvero bravo a nascondere i segni della sua presenza.»

«Di questo non mi stupisco più. Dopo aver saputo come si è volatilizzato dalla capitale, sto cominciando a credere che sia dotato di qualche potere magico. È probabile che, se lo rinchiudessimo a chiave in una cassa senza né abiti né attrezzi, sarebbe comunque in grado di uscire utilizzando soltanto le dita della mano destra.»

Conleth sembrò lasciarsi andare a una risata, ma ciò che la sua gola produsse non fu altro che un colpo di tosse. La pelle smunta del suo volto rabbrividì a causa dello sforzo, lasciandogli le labbra contorte in un'espressione dolorante. In previsione del secondo acciacco, l'esile maestro delle spie si portò un fazzoletto alla bocca, cercando di nascondere gli sputacchi di saliva rossastra che da giorni non gli davano tregua.

"Anche se i guaritori di Bridport dovessero rivelarsi i migliori al mondo, questo rimbambito non supererà la notte." Sullivan si svegliò di sorpresa dalla dormita, i capelli arruffati, gli occhi intorpiditi. La tosse del collega stava disturbando pure lui. Si rizzò sul sedile di stoffa cremisi, sollevando le braccia per sgranchirsi la schiena.

«Ci vorrebbe del miele per calmarti la faringe. Sai, giusto per rendere meno doloroso l'ultimo tratto di strada. Tra poco saremo in prossimità della metà e, una volta in città, ci sarà qualcuno che potrà somministrarti qualche sostanza più efficace.»

«Grazie della premura, maestro» bofonchiò Conleth a fatica. «Ma penso che mi farò bastare il pranzo preparato dal nostro cuoco. Ho notato un attimo fa due scudieri che si allontanavano dal fondo della colonna con dei vassoi in mano. Sono curioso di sapere con cosa ci delizieranno.»

I due ragazzi affiancarono la carrozza con l'emblema dei Crawford, porgendo piatti e calici ai consiglieri di corte. Sebbene non potessero contare su pietanze troppo elaborate, i pasti del Piccolo Concilio non avevano di che invidiare ai banchetti di Castel Scarlatto: la prima pietanza consisteva in un airone servito con cipolle caramellate e ricoperto di spezie di ogni tipo; la seconda in un pasticcio di pere crude dalla pasta dorata e croccante. Il tutto venne accompagnato da un pregiato vino bianco di Hedigham, proveniente dalle cantine personali del sovrano.

«Certo che sua maestà non ha badato a spese per questa missione» constatò Sullivan addentando una fetta di carne. «Sembra proprio che tenga molto a noi e alla riuscita delle trattative.»

«Il nostro re è un giovane di gran cuore» ribadì Tyler innalzando una coppa. «A Nathan della casa Crawford, primo del suo nome.»

"Che gli dèi non ce ne diano un altro..." I tre brindarono insieme alla salute del monarca, mentre in lontananza dei tamburi cominciavano a riecheggiare lungo la via. Dapprima con un suono timido e discontinuo, poi sempre più incalzante. Logan Baxter, in groppa al suo destriero color latte, si avvicinò ai tre consiglieri, l'elmo calato sulla testa, un sorriso soddisfatto sul viso.

«Signori, sono felice di comunicarvi che siamo arrivati» annunciò dal finestrino. «Ho una scorta di venti soldati pronta ad accompagnarvi nel centro di Bridport. Non ho dubbi che potrete riprendere là le vostre chiacchiere.»

«La proposta mi alletta parecchio» ammise Tyler scendendo dalla carrozza. «Ma ho paura di dover rifiutare. L'airone mi ha smosso l'intestino e ho un urgente bisogno di trovare una latrina. Voi avviatevi pure verso il punto d'incontro, io vi raggiungerò il prima possibile.»

«Vuoi che un paio di guardie vengano con te?» domandò il capitano perplesso.

«Non vi preoccupate, so cavarmela da solo. Mettetevi in cammino che in un batter d'occhio vi sarò alle spalle.»

Tyler si allontanò dal seguito reale, dirigendosi verso un'erboristeria collocata tra il mercato e le mura della città. Il rimbombo dei tamburi delle Spade Rosse arrivava fin dentro la bottega. Doom, doom, doom. In mezzo a vasi di eriche e foglie di biancospino, un uomo in uniforme era nascosto tra gli scaffali del negozio. Indossava una divisa grigia con un pugno giallo al centro della giubba. Una spada di ferro gli scendeva dalla cintura.

«Alla fine ce l'hai fatta, lord Raines» replicò mostrandosi alla luce. «Ti stavo aspettando da un pezzo. I tuoi amici sono in posizione? Non vorrei perdere dei plotoni senza motivo.»

«Stai tranquillo, ammiraglio. Oggi nessuna morte sarà casuale.»

«Perfetto. Allora posso dare inizio all'attacco.»

Il militare uscì dall'edificio e montò in sella a uno stallone dal pelo scuro. All'ordine del proprio comandante, decine di mercenari cominciarono a sbucare dai viottoli di Bridport, a ritmo dei tamburi del corteo. Doom, doom, doom. Si muovevano rapidi come falchi e si moltiplicavano di vicolo in vicolo. Ogni loro passo li rendeva più vicini alla colonna partita da Silchester. Doom, doom, doom. Alcune Spade Rosse si accorsero della loro presenza, ma non ebbero il tempo di reagire. Lame e pugnali gli trucidarono la carne, il sangue ne soffocò le grida. Lamenti e percussioni si mescolarono in una cantilena indefinita.

"L'ultima canzone del Piccolo Concilio."

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