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Simo

Ed ero lì, con i gomiti poggiati su quella nera e fredda ringhiera, ad osservare il panorama che erano due alberi distanti con le foglie vicine, così vicine che si sfioravano con il lieve vento, come la vita che sfiora la morte.
Il rumore di quel ruscello artificiale che non vedevo ma riuscivo a sentire, tranquillamente agitato, probabilmente fresco. Le mie fragili ossa toccavano il freddo ferro e dalle narici respiravo l'odore di giovinezza ferma, lasciata sullo scaffale più alto di una biblioteca immensa.
Il liquido venne giù dall'interno della mia bocca, arrivando nel mio caldo stomaco che al suo interno, portava un peso nero, che mi spingeva giù, in quel baratro che ero io.



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