Che cosa hai messo nel caffè?

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"Dai, ti offro un caffè, così mi sdebito".
"Sdebitarti di cosa?"

***

Il nuovo vicino di casa aveva scelto di trasferirsi di sabato mattina.
Il suo arrampicarsi su per le scale aveva disturbato il mio oziare a letto. Saranno i muri sottiletta di questo palazzo, ma ho sentito tutti i suoi sbuffi e lo sbattere delle porte, anche se provava ad essere silenzioso.
Shakespeare aveva poi iniziato a miagolare disperato, come se qualcuno lo stesse accoltellando.

"Non fare il melodrammatico, Shakespeare, mi alzo!"

Mi ero decisa ad uscire dal bozzo delle mie lenzuola profumate e affrontare la giornata. Il destino mi voleva produttiva.

"Quella volta ti ho scelto il nome giusto senza saperlo" dicevo alla mia palla di pello, mentre si arruffianava le mie gambe e faceva le fusa rumorosamente. Gli avevo accarezzato le orecchie e grattato un po' il collo e poi gli avevo versato le crocchette, rendendolo momentaneamente il gatto più felice del mondo. Sentivo le sue fusa fino in camera da letto, fino a quando non ha ri-iniziato a miagolare come una sirena davanti alla porta di entrata.
Insisteva e, mentre pregavo che il vicino non fosse un nazi-animalista e che mi denunciasse per maltrattamenti sugli animali, ho accelerato i miei rituali mattutini per dedicarmi ai suoi capricci felini.

Appena gli avevo aperto la porta, magicamente la sirena aveva smesso di suonare e Shakespeare era schizzato fuori dal mio appartamento come un razzo. Ed aveva sonoramente sbattuto addosso a una scatola del vicino che stava traslocando.
Il karma era dalla mia parte oggi: ben ti sta, ciccione rompiscatole di un gatto, stavo tanto bene sotto le coperte!

Come non detto: i sette chili e mezzo del mio gatto si erano schiantati sullo scatolone con i bicchieri, il rumore del vetro in frantumi era inconfondibile.
"Ah! E adesso vuoi tornare dentro?" lo avevo sgridato, mentre lui stava tornato non curante verso la porta di casa.
In effetti, sarebbe stata un'ottima idea: tornarsene dentro in casa e lasciare la scatola lì.
Che, poi, gli scatoloni non si lasciano incustoditi, nei pianerottoli, alla mercé di gatti ciccioni.

"Ti serve qualcosa?" Una voce maschile aveva interrotto i miei pensieri sul da farsi.
Decisamente, il karma oggi ce l'aveva con me.

Il nuovo vicino suppongo. Carino, anche. Due bei occhi marroni cioccolato. Fisico curato. Non appariscente.
Ricambiava il mio sguardo e aspettava una risposta: è strano salire le scale e poi trovare una tizia in tuta che osserva la tua roba. Una spiegazione è il minimo da fare.

"Shakespeare ti ha rotto i bicchieri"
"Eh?" Il tipo mi aveva guardato stranito.
"Shakespeare, il mio gatto" e gli avevo indicato il mio gattaccio "uscendo di casa di corsa, si è schiantato sulle tue scatole e ha rotto i bicchieri".
"Ah ok, ora è più chiaro" mi aveva risposto e aveva gettato uno sguardo distratto dentro alla scatola. "Beh... il tuo gatto - com'è che si chiama? - mi ha fatto un piacere: odio quei bicchieri. Cercavo un modo per disfarmene e ora non ho più problemi", minimizzando la questione.
Che fortuna, Shakespeare. Tu sì che hai un buon karma.

"Scusa, già che ci sei, mi aiuteresti con le scatole, per favore?" Aveva continuato il ragazzo. "Meglio ancora: tieni, queste sono le chiavi, mi apriresti la porta, per piacere?"
Io, senza indugiare molto, avevo afferrato subito le chiavi e gli avevo aperto.

L'appartamento era uguale il mio, solo semi-vuoto e anomino, con il mobilio neutro e dozzinale. I muri però erano stati rinfrescati da poco, con un bel bianco virginale, giusto per dare una parvenza di pulizia e cura  ai possibili futuri affittuari. Anche il mio era così, poi ho voluto metterci del mio, tutto il "mio" possibile, ovviamente bilanciandolo anche con il "mio" di Shakespeare - o dovrei dire il "miao" di Shakespeare, vista la sua loquacità.

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