Capitolo 2

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Lo fissava. Era ormai tutta la lezione che continuava a fissare anche solo la testa di Benjamin.
Lo guardava con sguardo sognante, chissà a cosa pensava.
Potrebbe mai piacermi?” Pensava Emma chiedendosi se quello era ciò che si chiama "Amore a prima vista" o "Colpo di fulmine".
Impossibile! Lo conosco appena!” Si rispondeva da sola cercando di togliere quei pensieri dalla testa.
Non era mai stata disattenta a una lezione, era colpa di quel ragazzo, perché non le era mai successo con i suoi compagni di classe?
All'uscita della scuola, salutò velocemente Fanny e in mezzo a tutti gli studenti andò a sbattere contro qualcuno, qualcuno di molto alto...
«Ciao Emma!» La salutò quella voce nuova che aveva già sentito.
La ragazza alzò lo sguardo e incrociò quello di Benjamin che sorrideva, quando l'aveva visto aveva intuito che era alto, ma era la prima volta che lo metteva a confronto con se stessa e doveva ammettere che era più alto di lei di una buona quindicina di centimetri.
«Oh, scusa, i-io non volevo...» Si scusò la corvina indietreggiando e staccandosi da lui che l'aveva presa per le braccia, allora abbassò il viso cercando di non arrossire, ma sapeva che sarebbe successo in quanto si sentiva scottare il viso e il cuore le batteva forte, come se volesse saltare fuori.
«Non ti preoccupare, principessa, va tutto bene!» La rassicurò il ragazzo dagli occhi verdi facendole sgranare gli occhi a quello strano nome che divideva le due frasi. Era forse un caso che l'avesse chiamata così? Magari chiamava con quel nome le sue amiche oppure tutte le ragazze. E... se invece l'avesse fatto apposta? Se ci fosse stato un motivo -o un sentimento- che l'avesse portato a chiamarla in quel modo? Emma non ebbe mai una risposta certa a quell'evento.
Lei lo lasciò lì dopo avergli chiesto scusa e si allontanò a passo di marcia, non voleva che la seguisse per dirle qualcos'altro, non voleva vivere quel momento di imbarazzo davanti alla sua famiglia.
Emma aprì la porta di casa ed entrò sospirando, felice di essere tornata a casa e sperando che fosse finita lì o che tutto fosse stato addirittura un sogno, che nessuno se ne sarebbe ricordato il giorno seguente.
Rispose velocemente alle domande "Com'è andata a scuola?" riassumendo un po' tutte le lezioni, ma tralasciando tutto ciò che era successo con Benjamin.
Entrò in camera sua, chiuse la porta -voleva avere un attimo di pace- e buttò lo zaino rosa a tinta unita sul suo letto.
Stranamente lo zaino era semi-aperto e da lì uscì una piccola scatoletta nera con dei strani disegnini rossi sulla parte superiore.
«E questa cos'è?» Sbuffó stanca la corvina dirigendosi di nuovo verso il letto buttandocisi sopra.
Raccolse il contenitore e lo aprì, un grande bagliore rosso accecò la ragazza che lasciò cadere la scatola sul pavimento per coprirsi gli occhi.
La luce abbagliante lasciò spazio a un piccolo esserino rosso dalle sembianze di una coccinella, Emma riaprì gli occhi e guardò quella strana creaturina.
«Ciao! Io sono Tikki e sono il tuo kwami!» Esclamò l'esserino alzando una zampetta in segno di saluto.
«C-Che cosa?! Cosa sei?! CHI sei?! Da dove vieni?! Cosa c'entro io?! Chi ti ha messo nel mio zaino?!» Urlò la ragazza dagli occhi verdi indietreggiando.
«Shh! Non urlare! Te l'ho detto, sono un kwami: una creatura magica che ti da dei poteri per combattere le akuma. Mi chiamo Tikki, tu sei la mia custode e sarai la portatrice del Miraculous della Coccinella» Spiegó di nuovo Tikki con pazienza, cercando di non farsi scoprire.
«Ma se mia madre dice che non sono neanche capace di tenere un animale domestico!» Commentò nel frattempo la giovane mentre la piccola creatura parlava.
Intanto la ragazza osservava gli orecchini mordendosi il labbro, cercando di capire se davvero valesse la pena affrontare tutto ciò che la coccinella le stava raccontando ininterrottamente.
«Okay... direi che si può fare...» Commentò indecisa la corvina mettendosi gli orecchini.
«Adesso devi solo dire:"Tikki, trasformami!"» Aggiunse la kwami sorridendo.
«Ehm... Tikki... trasformami...?» Disse con tono esitante Emma e in poco tempo si ritrovó avvolta dalla stessa luce che era uscita dalla scatola.
«E questo? Conciata così non vado da nessuna parte!» Disse la ragazza guardando allo specchio la tuta aderente e la maschera, entrambe rosse a pois neri.

Nel frattempo...
Benjamin aprì la porta di casa ed entrò, non salutò neanche, d'altronde la casa era vuota: suo padre era sempre fuori per lavoro essendo uomo d'affari e sua madre era morta quando lui era nato, era solo.
Si mostrava un ragazzo socievole e felice, anche se la sua vita non era proprio il massimo, non aveva una famiglia, suo padre era sempre fuori casa, non aveva una madre, non aveva mai avuto amici... si era trasferito a Parigi da poco e sperava che lì sarebbe riuscito a conoscere qualcuno.
Andò in camera sua e si sedette sul letto, aprendo lo zaino azzurro e tirando fuori i libri, ma si ritrovò sottomano una scatola che non aveva mai visto.
«Questa non è mia...» Commentò semplicemente il biondo aprendola e indietreggiando quando vide un forte bagliore verde provenire da quel contenitore.
Un piccolo gatto nero fluttuó pigramente davanti al viso del suo custode.
«Dov'è il mio Camembert?» Chiese per prima cosa il kwami ricevendo un'occhiata di stupore dal ragazzo.
«Il mio che?» Domandò a sua volta Benjamin con tutta calma.
«Il mio Camembert! Ca-mem-bert! Sai, il formaggio!» Lo sgridó l'esserino magico sollevando le piccole zampe anteriori.
«Okay, okay, ma calmati...» Rispose infine il ragazzo dagli occhi verdi alzandosi dal letto e andando in cucina a prendere ciò che lo strano animaletto gli chiedeva.
Aprì il frigo e tirò fuori il tanto atteso formaggio, dandone una fetta alla creaturina magica.
«Allora, io sono Plagg e sono il tuo kwami: una creatura magica che ti permette di trasformarti e ti da dei poteri per sconfiggere le akuma...» Inizió a spiegare Plagg mordendo il formaggio puzzolente.
«Quali poteri?» Lo interruppe il biondo curioso e continuando a guardarlo.
«Mi lasci parlare o vuoi che non ti racconti niente?» Chiese seccato Plagg lanciandogli un'occhiataccia.
«Okay, okay...» Rispose brevemente Benjamin lasciando spiegare tutto al kwami.
Il ragazzo si mise l'anello che era all'interno della scatola nera.

«Quindi, basta che io dica "Plagg, Trasformami!"?» Riuscì giusto giusto a terminare la frase che la creaturina fu risucchiata dall'anello magico e in poco tempo Benjamin si ritrovò vestito di nero dalla testa ai piedi, con una lunga coda, delle orecchie da gatto e un campanellino al collo.
Si mise davanti al primo specchio che gli capitó davanti e scrutó attentamente ogni dettaglio: era completamente nero e la tuta era attillata, gli stivali avevano una punta argentata che rifletteva e in vita aveva una cintura più lunga del normale che rappresentava una coda da gatto. Alle mani aveva una specie di braccialetti che davano l'impressione di formare dei guanti, ma la parte delle mani era interamente cucita al resto della tuta. Notò anche che aveva degli artigli sui guanti e che al collo aveva un campanello dorato, così come si rese conto delle orecchiette da gatto e della pettinatura poco ordinata.
La maschera scura risaltava particolarmente gli occhi completamente verde iridescente.
«Uh! E questo cosa fa?» Esclamò stupito mentre prendeva in mano il bastone argentato che teneva sulla schiena, cliccando il pulsante centrale a forma di zampa di gatto e facendo allungare di scatto il bastone che sbatté entrambe le estremità sul soffitto e sul pavimento.
«Oopsie...» Bisbiglió continuando a cliccare altri pulsanti, ad un certo punto sullo schermo comparve un simbolo a forma di telefono e il bastone iniziò a squillare.
«Cosa? Chiudi, chiudi, chiudi!» Diceva nervosamente chiedendosi chi avesse chiamato e continuando a premere ripetutamente un pulsante che corrispondeva a un polpastrello della zampa del gatto.
Emma sentì vibrare l'oggetto che aveva attaccato al fianco.
«Ah, questo non l'avevo visto» Commentó tra sé prendendo in mano lo yo-yo e girandone la metà, dividendolo in due parti ma, quando capì come funzionava, dall'altra parte il ragazzo riuscì a chiudere la chiamata, sospirando di sollievo.
«Avranno sbagliato numero» Commentò stupidamente la ragazza dagli occhi verdi e iniziando a giocherellare con la sua arma per capire come funzionava.
«Bene, vediamo di capire come funziona!» Esclamó decisa la ragazza aprendo la porta del balcone ed uscendo, lanciando il suo yo-yo e iniziando a esplorare Parigi da un punto di vista che non aveva mai avuto la possibilità di provare.

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