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Il mondo fa schifo. Il genere umano ancora peggio. Ma quello che fa più schifo di tutto ciò sono io. Sì, io.

La mia era una famiglia normalissima, composta da me, mia madre e mio padre. Eravamo felici.Certo, non ho molti ricordi perché ero piccolo, ma le foto che abbiamo conservato ne sono la conferma. Ci sono molte foto che ritrattano noi tre sorridenti e quasi spensierati. Foto in cui sono in braccio a mio padre ed entrambi sorridiamo, foto dove piango per il mio primo bagnetto, foto in cui i miei genitori mi tengono per mano o in braccio e tutto sembra perfetto. C'è una foto in particolare che mi ha sempre attirato. Siamo raffigurati io e mia madre, lei tiene in braccio il mio piccolo corpo ancora in fasce. Lei è bellissima e i suoi capelli neri che le ricadono dolcemente sulle spalle, le fanno risaltare la sua bella pelle chiara. Ha un sorriso sincero e amorevole che, chiunque lo veda, sorride istintivamente. Lei guarda quel minuscolo corpo con così tanto amore che si potrebbe capire di che forma questo sentimento sia fatto. Io sono così piccolo che quasi mi si può tenere in una mano. La luce è chiara ed è diffusa per tutto lo spazio, sembra di essere in un posto inesistente, mi ricorda il paradiso. Mi piace tutto di quella foto: la sua sincerità, la bellezza di quelle due persone, il posto, quello che trasmette... tutto, insomma. Questa foto la conservo ancora e me la porto sempre dietro nel mio portafogli.

Pensavo che la mia famiglia fosse bellissima e perfetta. Ma, ovviamente, mi sbagliavo.

Tutto iniziò alla mia tenera età di sei anni. Mio padre iniziò a bere e ogni volta tornava a casa ubriaco. Purtroppo la sua sbronza non era allegra o triste. No. Lui, quando si ubriacava, si incazzava col mondo intero. Perché? Non lo so. Lo devo ancora scoprire e non so se vorrò davvero scoprirlo. Non so nemmeno il motivo per cui abbia iniziato a bere, so solo che ogni volta io ero impaurito a vedere quella figura, apparentemente sconosciuta, agitarsi e urlare contro tutti e tutto. Ogni volta correvo in camera mia e mi mettevo sotto le coperte, come se avessi potuto nascondermi. Poi sentivo solamente urla e qualcosa che si rompeva. Credo che in tutta la mia vita abbiamo cambiato più bicchieri e piatti che mie paia di calzini.

Quindi la mia infanzia iniziò a fare schifo praticamente fin da subito. A scuola cercavo di distrarmi giocando con gli altri bambini, ma avevo il pensiero fisso di mio padre che tornava a casa in quelle sembianze pietose. Credo di non aver mai sorriso veramente e credo che per questo io odia il mio sorriso, pur conoscendo persone che mi dicono tutto il contrario. Se dovevamo disegnare, disegnavo sempre figure cupe con colori molto scuri. Le maestre erano un po' preoccupate, non capivo il perché, pensavo che forse non piaceva loro quello che stessi disegnando. Così, ogni volta, prendevo un foglio nuovo e cercavo di prendere spunto dai miei compagni. Iniziavo a disegnare con colori accesi e vivaci, ma a me non piacevano quei colori. Li odiavo. Erano troppo... allegri. Non mi rappresentavano.

I disegni fatti con quei fastidiosi colori mi facevano disgusto. Trovavo più interessanti e belli quelli fatti con i colori scuri, mi trovavo più a mio agio con essi.
Il resto delle lezioni le trovavo sempre molto noiose. Ci raccontavano molte storie e favole, all'inizio le presi come una fuga dalla realtà per potermi rifugiare in qualche posto dove potessi stare in pace, anche se per poco. Poi capii che tutte quelle favole erano inutili, non sarebbero mai state uno svago vero e proprio.

Io volevo scappare da quella realtà, ma come potevo fare? Ero solo un bambino, dopotutto.

Quella realtà, però, si è fatta solo più orrenda.

Un giorno, avevo quasi sette anni, io ero fra le coperte alla ricerca di riparo. Le urla si erano fatte più forti e avevo contato cinque bicchieri rotti. Mi preoccupai, così andai a vedere cosa stava succedendo. Ero preoccupato per mia madre. Se la vedeva sempre da sola con quell'essere orrendo. Io ero troppo piccolo per poter fare qualcosa. Ecco un motivo per cui mi odio.

Diary of a murdererDove le storie prendono vita. Scoprilo ora