«Mi stai ascoltando?». Mio padre urlava a squarciagola e non volevo immaginare tutta quella saliva che usciva dalla sua bocca per andarsi a schiantare contro la bella pelle di mia madre.
Mi accovacciai, cercando di diventare la cosa più piccola che potesse esistere in questo mondo. Tenevo la schiena attaccata alla porta della mia camera chiusa a chiave. Avevo le ginocchia vicine al petto, lo sguardo disperato rivolto verso il basso, le orecchie coperte dalle mie manine, come per non sentire più nulla, ma invano, il cuore tamburellava all'interno del mio petto dalla paura e dalla rabbia e delle odiose lacrime minacciavano di uscire. Non dovevo piangere, dovevo essere forte, ma, a mio malgrado, non lo ero e non lo sono tutt'ora.
«S-sì», balbettò piano mia madre in risposta. La voce era debole, timorosa e tremolante. Si poteva percepire tutta la paura e tutta la tristezza che provava. A sentirla così, il mio cuore sembrava che avesse smesso di battere. Cosa le stava facendo quel mostro? Lei, in qualche modo, mi stava proteggendo da lui, ma io volevo proteggere lei. Velocemente mi alzai da quella posizione per vedere che cosa stava accadendo attraverso la serratura della porta. Vidi mia madre con lo sguardo basso e affranto, la sua figura sembrava piccola e incapace di reagire. Il suo polso sinistro era tenuto fermo dalla presa salda e troppo forte di mio padre. Lui la guardava con rabbia, aveva il viso rosso, in fiamme. Inquietava pure me quello sguardo.
"Ti prego non farle nulla", supplicai nella mia mente.
«Hai capito?», alzò la voce lui. Continuavo a non capire da dove potesse venire fuori tutto quell'odio, rivolto per una figura così idilliaca, d'altronde.
«S-sì»
«Non ti ho sentito!»
«Sì!», rispose lei al limite della disperazione. Aveva alzato lo sguardo e i due si guardarono negli occhi. Ma questo contatto visivo durò poco, visto che mia madre distolse lo sguardo per non far vedere le lacrime che uscirono dai suoi dolcissimi occhi tristi.
«Bene!», rispose lui e, solo dopo averla strattonata, la cacciò dalla sua presa, come se fosse qualcosa di così schifoso da non poterla toccare.
Che idiota. Lei è la cosa più bella che abbia mai visto in tutta la mia vita.
Il mio cuore cominciava a battere normalmente. Almeno questa volta non l'aveva toccata, non l'aveva picchiata. Almeno questa volta.
Mia madre si allontanò di poco e sospirò. Subito dopo mio padre la prese per le spalle e urlò: «Hai detto qualcosa?»
«N-no», lei teneva lo sguardo basso ancora una volta dalla paura.
«E guardami mentre ti parlo!», le alzò il viso di prepotenza per guardarla negli occhi, ma lei spostò il suo campo visivo verso la mia porta, come per vedere se io stessi bene. «Ora basta!», continuò lui con il tono di voce più alto.
Alzò una mano e uno schiaffo colpì in pieno viso mia madre.
Tutte le sensazioni che mi avevano lasciato qualche secondo prima, ora erano ritornate tutte in un colpo, avevano ripreso possesso del mio corpo troppo velocemente. Le lacrime iniziarono a scivolare lungo il mio viso e la mia bocca rilasciava dei singhiozzi tremolanti.
Mia madre fece qualche altro passo indietro poggiando una mano sulla zona colpita, come per alleviare il dolore.
«Smettila di fare tanto la vittima! Non ti ho fatto un cazzo!». Mio padre si avvicinò a lei troppo velocemente, le prese la mano per toglierla dalla guancia e, dopo aver guardato per poco tempo la guancia arrossata, la colpì ancora nello stesso punto. «Se senti male per così poco, allora non vali proprio nulla». Le gambe mi tremarono. Che potevo fare? La mia mente non ragionò più, il corpo iniziò a muoversi da solo.
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Diary of a murderer
RandomIl mondo intero fa schifo. Le persone fanno schifo. Io più di tutti e tutto. Vorrei eliminare me stesso, ma qualcosa mi blocca e, anzi, elimino quello che mi circonda.