Stavo camminando per i corridoi della scuola in cerca del mio amico dagli occhi piccoli, visto che era ricreazione e non avevo nulla da fare. Quando passai davanti al bagno, sentii qualcuno sghignazzare. Erano le voci di qualcuno che si divertiva, ma erano diverse dalle solite risate. Queste che provenivano dal bagno le conoscevo bene, non perché riconobbi i proprietari delle voci, ma quel tipo di risata ce l'hanno solamente i bulli che stanno prendendo in giro qualcuno. Già alle elementari mi era capitato di aiutare qualcuno che era vittima di bullismo, quindi conoscevo bene il campo.
Mi fermai davanti alla porta chiusa, pronto ad entrare. Stavo per raggiungere la maniglia e sentii una voce esclamare: «Sei proprio grasso!» e delle risate grossolane riecheggiarono fra le pareti. Senza pensarci due volte, spalancai la porta ed entrai con fare minaccioso. La scena che si presentò davanti ai miei occhi fu un gruppetto di ragazzi insulsi che prendevano in giro e spintonavano un mio compagno di classe. Avevo già notato che ogni tanto lui aveva dei lividi sulle braccia o sul volto, ma non volevo indagare o mettermi in mezzo ad affari che non mi riguardavano, e soprattutto avevo paura di essere invadente. Fortunatamente, questa volta doveva ancora essere picchiato.
«Toglietegli le mani di dosso», dissi ad alta voce. Quello che sembrava il capo del gruppo assunse un ghigno sul volto e si rivolse al mio compagno: «Ehi, maialino, è arrivato il tuo principe azzurro»
«Non sono un principe azzurro», risposi. E in effetti era così, non ero un principe azzurro, perché a casa non facevo altro che fallire nella mia missione, ovvero proteggere mia madre dal mostro che cercava ogni volta di divorarla.
Quel ragazzino mi stava innervosendo. Era un completo idiota che, non sapendo come ammazzare il tempo, se la prendeva con quel povero ragazzo.
Mi avvicinai a quel bullo, lo presi per il colletto della camicia e lo sbattei, forse troppo violentemente, su una parete. Lo guardai dritto negli occhi come per dire che non mi facevo intimorire da uno stupido come lui.
«E cosa vorresti fare, principe? Noi siamo in quattro, pensi davvero di riuscire a salvare quell'inutile?», a quelle parole mi venne in mente mio padre che dava dell'inutile a mia madre. Iniziai a vedere l'atmosfera di casa mia. Non vidi più i quattro ragazzi, ma vidi mio padre e al posto del ragazzo maltrattato vidi mia madre. Quello che io vivevo e provavo ogni giorno a casa, per la prima volta, lo vissi a scuola. Sentivo molta rabbia verso quei ragazzi, un senso di protezione verso quel povero ragazzo e anche un po' di timore. E questo solo per una parola di troppo. Scossi la testa per riprendermi e rendermi conto che non ero a casa, ma che ero in un ambiente completamente diverso, dove solo degli stupidi ragazzini prendevano di mira altri ragazzini e, in confronto a quello che passavo io, forse non era nulla; dopotutto cosa potevo sapere io delle vite degli altri? Ma, comunque sia, gli altri non erano me e magari quello poteva essere il loro inferno, magari quello che passavano a scuola portavano delle conseguenze anche nella loro vita quotidiana.
Tutto quello che stava succedendo in quel momento e tutti quei pensieri mi fecero incazzare. In precedenza non avevo mai provato così tanta rabbia verso qualcuno che faceva il bullo. Senza ragionare, sferrai un pugno in pieno viso a quell'idiota. Lui cadde a terra, così mi sedetti sul suo stomaco e iniziai a riempirlo di pugni sul volto. Gli altri tre corsero subito in suo aiuto. Qualcuno mi fece cadere a terra, in modo da liberare il loro compagno, uno lo aiutò ad alzarsi e l'ultimo rimasto mi sferrò un pugno colpendomi la mascella.
"Fantastico. Ora inizio ad essere picchiato anche a scuola.", pensai quasi ridendo dei miei stessi pensieri.
Senza perdere tempo mi rialzai e mi scagliai verso di loro con fare disordinato. Iniziai a non capire nulla. C'era chi mi strattonava, chi mi tirava dei calci, chi dei pugni. Tutto era nella confusione. Stavo incassando troppi colpi e non riuscivo a difendermi per bene, così urlai al ragazzo, che fino a quel momento era rimasto in disparte impaurito, di scappare. Lui corse via da quel bagno e pensai che almeno lui stava bene, senza alcun graffio.
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Diary of a murderer
DiversosIl mondo intero fa schifo. Le persone fanno schifo. Io più di tutti e tutto. Vorrei eliminare me stesso, ma qualcosa mi blocca e, anzi, elimino quello che mi circonda.