truce

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giaceva scomposta su quell'asfalto freddo e polveroso che aveva sempre percorso col nonno quando dovevano cominciare un nuovo viaggio, scendendo dagli scalini accanto alla rampa.

giaceva inerme sull'asfalto, i capelli mossi e secchi, un tempo profumati di un'essenza dolce, disposti disordinatamente in mezzo alla polvere, con quelle punte che avevano perso il loro colore pieno e potente dopo i tanti anni passati senza averli mai accorciati, dopo tante estati passate sotto il sole; con quelle punte spezzate, rovinate, divise a metà...
c'era chi aveva rifugiato il viso nei suoi capelli inspirando il dolce profumo che emanavano e piano piano, con grazia, si era portato via quell'essenza, lasciandone solo il ricordo.
e se n'era andato, era volato via, come gli uccelli che lasciano la propria casa per territori più caldi.

giaceva inerme sull'asfalto freddo e di certo il maglione e il cappotto non sarebbero bastati a proteggere le sue ossa dal freddo di quel mattino di dicembre, freddo, secco...
freddo.
c'era chi una notte aveva preso quel maglione fra le dita e gliel'aveva sfilato con delicatezza poggiando le labbra sulle sue, così secche e screpolate, cosparse di tagli e croste.
c'era chi una notte aveva sfiorato con la punta delle dita la sua pelle ruvida e infreddolita dall'improvviso cambio di temperatura, al buio, e aveva continuato ad assaporare le sue labbra, succhiando via tutta la verginità e la purezza, il biancore di quelle labbra, spingendola leggermente su quel letto fino ad accovacciarsi su di lei continuando a sentire il gusto dell'amore che non sarebbe mai stato ricambiato, un sapore dolce con un retrogusto amaro.

quel mattino, col sangue che piano si espandeva macchiando i capelli e il cemento, la sua pelle sembrava più bianca e vuota del solito.
era una pelle che aveva vissuto ferite, cicatrici, baci, marchi, malizie, gelosie, lividi, mani, schiaffi, prese, rossori... ma non aveva mai sentito quel sussurro caldo di cui parlavano tutti.
c'era chi una notte le aveva fatto credere di esser stata amata, c'era chi una notte l'aveva riscaldata con le sue parole e i suoi sussurri... ma quei brividi sulle spalle restavano.

giaceva scomposta, inerme sull'asfalto, fredda, bianca, vuota, morta.
gli occhi vitrei erano arrossati e umidi, come le sue guance e le sue palpebre e le sue ciglia e le nocche dell'indice e del medio della mano destra.

un uccello di città si fermò sul suo petto e la fissò.
gli uccelli che vivono in città non se ne vanno mai, le girano intorno, vivono lì ed educano i loro cuccioli sui suoi tetti.
ma nessun umano è mai riuscito a prenderli, senza averli uccisi.

due paia di mani si lanciarono sul suo petto, mentre l'uccello volava via in un frullar d'ali.
due braccia la sollevavano e prima che potesse cadere erano strette attorno al suo collo macchiandole le spalle, il viso e i capelli di lacrime e singhiozzi.
due mani le pettinavano la chioma, sfiorandole la schiena, come amava lei.

la sua pelle non aveva mai sentito quel sussurro caldo e leggero, e non l'avrebbe mai più fatto.
i suoi occhi non avrebbero mai più visto il candore del cielo.
quel bacio nell'angolo destro delle sue labbra non l'avrebbe mai colto nessuno.

oh cielo, avrei tanto voluto dirvi che l'avrebbero salvata, che si sarebbe salvata... ma non siamo in una favola, o per lo meno cenerentola non si è suicidata per amore.

magari anche lei sognava un ballo, un bacio, non per forza un bel principe... di certo sappiamo che sognava un sorriso.

si può morire per amore?
si. si può.
quando si è tristi e vuoi smettere di tremare di freddo e vuoi smettere di avere un peso sui polmoni, e vuoi smettere di piangere si può.

giaceva scomposta sull'asfalto freddo e nessuno avrebbe mai più amato.
adesso il suo corpo apparteneva alla cenere e i suoi baci al vento, il suo amore era opera di dio e a dio tornò, la sua anima vagava sola sulla riva di un fiume perché e le sue lacrime le raccoglieva la terra, riservandone per l'inverno.
e il suo sorriso era delle nuvole e i suoi capelli erano del sole, la sua pelle bianca non poteva non eguagliare lo splendore della luna, le sue mani non potevano non eguagliare il calore del fuoco in una notte in un bosco.
e il cielo non avrebbe mai potuto arrivare alla luce dei suoi occhi belli come due amanti che fanno l'amore.
perché con lei, se si voleva si poteva fare l'amore per quanto fosse bella e pura.
ma nessuno l'ha mai fatto.
e nessuno avrebbe più amato.
e adesso quelle labbra vogliono tanto donarle un sussurro ma se si sussurra sulla cenere ella vola via.
e cielo, io amavo quelle labbra così fredde e screpolate, avevano la loro musica, la loro melodia, il loro senso.
avrei voluto scoprirne il senso sulle mie ma sono arrivata tardi e il suo corpo apparteneva alla cenere.
mi dispiace.
[elogio]

" oh, ho amato, ti ho amato. e ti amo e ti amerò per sempre. "
dondolò un'ultima volta le gambe e strinse le braccia al petto per non sentire freddo.
chiuse gli occhi e sorrise, ansiosa di stare bene.
poggiò i piedi sul muro e si spinse, librandosi nel vento.
non riuscirà a restare viva per te.
nemmeno per il tuo pianoforte.
ora la sua vita è libera, anche se morirà.
chiuse gli occhi e sorrise un'ultima volta, assaporando la bellezza della pace.
poi toccò terra e il mondo sbiadì.

now the night is coming to an end
the sun will rise and we will try again.
stay alive, stay alive for me.
you will die, but now your life is free
take pride in what is sure to die.
i will fear the night again
i hope i'm not my only friend.
stay alive, stay alive for me.
you will die, but now your life is free
take pride in what is sure to die.
(end)

truce by twenty øne piløts from vessel


n/a
ad antonella.
perché alla fine ce ne andiamo tutti senza amore.

cura ut valeas ৲ notes [✔]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora