Capitolo 1

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Cammino per strada e mi volto sentendo qualcosa che mi sfiora l'orecchio. E' buio e non si vede praticamente nulla, distinguo solo un volto incappucciato e qualcosa di rotondo puntato contro di me. Una mano mi afferra e mi sbatte contro il muro.

-Ti ho trovato, bastardo.- dice una voce, in un attimo capisco che mi stanno per ammazzare. Una strana lucidità si fa largo nella mia mente e la paura passa in secondo piano. Non sento più niente, nessun rumore, il vento freddo mi scivola addosso senza che me ne renda conto. Alcuni passanti dall'altro lato della strada si voltano verso di me ma nessuno mi presta aiuto. Hanno paura, mi dico razionalmente. Devo cavarmela da solo, penso ancora.

Sferro un calcio alla mano dell'uomo...

Mi sveglio di soprassalto, completamente sudato. È da quasi due anni che rivivo questo ricordo, vorrei poterlo cancellare ma ogni volta che mi addormento mi ritrovo tra le spire di questo fottuto incubo. Non ne ho mai parlato con nessuno, nemmeno con mia sorella Savannah con la quale condivido tutto. Non ho ancora realizzato ciò che è successo quella notte, tutto è molto confuso e ricordo solo che per mesi non ho parlato con nessuno.

Mi alzo dal letto, ancora scosso per ciò che ho visto nella mia mente e, annebbiato dal sonno, mi trascino fino in cucina per bere un bicchiere d'acqua. So già che per un paio d'ore non riuscirò a dormire, così infilo le cuffiette nelle orecchie e mi abbandono alla musica. Vorrei suonare la mia Gibson ma quello stronzo di mio padre dorme nell'altra stanza e si incazzerebbe da morire se "la mia stupida chitarra", così la chiama, lo disturbasse. Più di una volta ha distrutto le mie chitarre ma se questa volta osa anche solo sfiorarla gli rompo la faccia. La musica è la mia vita, senza quella sarei perduto. Solamente quando suono sono davvero me stesso. Non vedo l'ora di potermene andare da questa maledetta casa. Quando mia madre ci ha abbandonati mio padre si è allontanato da me e ha costruito un muro nei miei confronti. Dal canto mio, non vado fiero della persona che ero fino a qualche anno fa. Dopo ciò che è successo quella notte ho deciso di cambiare. 

Lentamente perdo il controllo sui miei pensieri e scivolo nuovamente nel sonno.  

Mi risveglio prima che suoni l'allarme del cellulare, mentre lo disattivo mi avvio in bagno per gettarmi un po' d'acqua gelata sul viso. Mi guardo allo specchio e mi passo una mano tra i capelli biondi per dar loro una sistemata. Ho le guance scavate e delle occhiaie enormi incorniciano i miei occhi azzurri, noto che ho davvero bisogno di una doccia così, senza preoccuparmi del casino che potrei fare, apro il soffione al massimo e mi spoglio. Non aspetto nemmeno che l'acqua si scaldi, la bassa temperatura che si crea nello stanzino mi sveglia definitivamente. 

Indosso i miei soliti jeans neri strappati sulle ginocchia e una T-shirt bianca che lascia intravvedere i numerosi tatuaggi sul mio petto. Prendo le chiavi della mia Harley, indosso giubbotto e casco neri e faccio rombare il motore. Quando ho un po' di tempo libero mi diverto a modificarne alcune parti, ho imparato tutto da mio padre quand'ero ancora un bambino ma ormai non lavoriamo più insieme nemmeno sulle biciclette. 

Spengo la moto e entro da Starbucks per ordinare un caffè. Odio questo posto ma detesto fare colazione con mio padre perciò non ho altra soluzione. In fila davanti a me ci sono quattro persone, ma una ragazza in particolare mi attira parecchio.  Ha i capelli lunghi di un castano scurissimo ed è abbastanza più bassa di me ma ha un fisico da urlo. Indossa dei jeans chiari, una camicia viola e azzurra e un paio di stivaletti con un po' di tacco. Quando si volta per andarsene incrocia il mio sguardo e noto che ha gli occhi lucidi, poi lei abbassa subito la testa. Il colore dei suoi occhi mi colpisce come l'acqua gelida della doccia: sono di un azzurro scuro con delle pagliuzze blu. Penso che abbia appena pianto, non credo possa drogarsi. 

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