Il mio sonno irrequieto viene interrotto dalla luce abbagliante di un fulmine che rischiara il soggiorno. Lentamente mi alzo, i piedi nudi contro il pavimento freddo mi fanno immediatamente svegliare, spazzando via gli incubi che mi hanno tormentato tutta la notte. Barcollo verso il frigo, cercando qualcosa da mangiare. Ovviamente non trovo nulla come ogni volta in cui Tristan è solo a casa: lui vive di cibi a domicilio. Dopo aver bevuto dell'acqua torno in soggiorno, mi butto nuovamente sul divano e mi perdo tra le applicazioni inutili del mio cellulare. Trovo un messaggio di Luna, di cui leggo solo l'anteprima perchè non voglio incazzarmi ripensando all'ultima volta che l'ho vista. Non so che mi stia succedendo, so solo che volevo che le cose andassero diversamente con lei. Pensandoci bene non è mai successo nulla tra di noi e sono sicuro che non mi rivolgerà più la parola, perciò è meglio se mi rassegno e basta.
Fuori il cielo è scuro, le nubi cariche di pioggia sembrano quasi dipinte quando i fulmini rischiarano la notte. In un attimo mi ritrovo fuori di casa con solamente i jeans neri addosso, la pioggia forte mi inzuppa i capelli attaccandoli alla fronte. Ho voglia di correre, non importa dove, corro e dimentico tutto: mio padre, Luna e mia madre. Mi dimentico che ci ha abbandonati e nella mia mente si affollano immagini della mia infanzia, del mio primo giorno di scuola, di tutti i Natali che abbiamo passato a casa dei nonni. Non ricordo molto altro perchè lei se n'è andata quand'ero ancora piccolo: un giorno all'uscita da scuola lei non è venuta a prendermi come faceva di solito, l'ho aspettata per quasi un'ora fuori dal cancello senza vederla mai arrivare. All'inizio non capivo cosa fosse successo, mi accorgevo solo che il comportamento di mio padre nei miei confronti peggiorava di giorno in giorno. Crescendo ho realizzato che non sarebbe tornata e qualche anno dopo, a conferma dei miei sospetti, ho trovato una sua lettera con la quale spiegava cosa fosse successo. Non ho mai avuto il coraggio di parlarne con mio padre, non l'ho mai detto a nessuno, nemmeno a Tristan. Un altro ricordo si fa largo tra questi pensieri:
Ho circa quattro anni. Mia sorella Savannah e mia mamma sono sedute all'ombra di un salice mentre io corro intorno al suo tronco tenendo il filo del mio aquilone azzurro. Le vedo sorridere, Savannah con uno dei suoi libri appoggiato sulle ginocchia mentre Liz, mia madre, è concentrata nel farle una coroncina di fiori. Entrambe adorano i fiori perciò si scambiano spesso le loro composizioni, come se fosse una sorta di tradizione. Parlottano in tono complice tra di loro per poi, di tanto in tanto, scoppiare in fragorose risate. Distratto da questa immagine, lascio andare il filo dell'aquilone. Lo vedo volare via ma non riesco a prenderlo. Salto, salto più in alto che posso ma è già lontano. Corro da Liz, le lacrime mi solcano le guance: è il regalo di mia nonna per il mio compleanno dell'anno scorso. Non posso lasciarlo andare.
-Mamma...- singhiozzo con la mia vocina da bambino. -È volato via.- cerco di spiegarle indicando il cielo.
-Lascialo andare, ora potrà visitare il mondo. Poi tornerà a raccontarti la sua storia. - dice lei in tono dolce abbassando il suo sguardo verde su di me e accarezzandomi i capelli. Mi abbraccia tenendomi stretto a sé fino a che non mi addormento cullato dal battito del suo cuore.Mamma. penso continuando a correre. Mi dispiace tanto. Mi dispiace che papà non ti rendesse felice. Mi dispiace che tu non mi abbia visto crescere, che tu non ci sia stata per poterti raccontare ciò che mi succedeva a scuola, per raccontarti ciò che sono. Lo so, lo so che non vuoi sentirti dire questo ma è la verità: tu non c'eri, c'era e c'è sempre stata solo Savannah. Tu no, ma lei si.
Improvvisamente mi rendo conto di cosa sto facendo veramente: sento il dolore dei piedi nudi a contatto con l'asfalto bagnato, sento le pesanti gocce di pioggia rotolarmi sulla schiena, i capelli fradici attaccati alla fronte e in lontananza i suoni della città. Sono quasi arrivato sotto casa di mio padre, come se il mio subconscio mi avesse guidato fino a qui. Una fredda paura mi assale: non voglio che mi veda. Razionalmente mi dico che è notte fonda perciò probabilmente dorme, così mi avvicino fino ad arrivare sotto la finestra della mia camera da letto. Alzo lo sguardo e noto che c'è una piccola luce accesa che proietta ombre sul muro. Mio padre è affacciato alla finestra.
-Jamie?- gli sento dire in un sussurro incerto. Troppo tardi.
-Ciao.- rispondo sussurrando a mia volta. Che diavolo gli dico adesso?
-Cosa...cosa ci fai qui? Pensavo non saresti più tornato.- Si sporge ancora di più, cercando di avvicinarsi.
-Tu piuttosto, cosa fai in camera mia?- la mia voce si fa profonda come ogni volta in cui provo un'emozione forte. Rabbia e senso di colpa.
Nei suoi occhi azzurri come i miei scorgo un lampo di smarrimento.
-Io...- si interrompe per schiarirsi la voce. -Stavo pensando a ciò che mi hai detto quando te ne sei andato.- conclude tutto d'un fiato. Non sono pronto per questo. Sta' zitto.
-Non ne voglio parlare.- Senza lasciargli il tempo di replicare, mi volto e torno sui miei passi. Sento la sua voce che mi chiama ma non mi importa. Cammino velocemente fino a casa di Tristan. Ormai è casa mia penso con una certa freddezza. Ne sono sicuro perchè so che per molto tempo non tornerò da mio padre.
Quando entro trovo il mio migliore amico che gironzola per casa come un fantasma. È strano che sia già sveglio a quest'ora, solitamente se ne sta a letto fino alle dieci di mattina.
-Dov'eri? - mi chiede.
-Che ti frega?- rispondo brusco. Parlare con mio padre mi ha fatto infuriare in un modo che non riesco a capire. Lo vedo sussultare, solitamente non ci parliamo con questo tono. Tra qualche ora, dopo che ci avrò dormito sopra, gli chiederò scusa, per ora mi limito a buttarmi sul divano ed a ficcarmi la coperta sopra la testa. Voglio estraniarmi dal mondo. Voglio che i miei pensieri cupi si trasformino in sogni, anche se saranno solo incubi, lo so già. Da un lato me ne rallegro: alla fin fine mi sono familiari, al contrario di questa situazione che non so come gestire. Sono i miei incubi, che mi tormentano da anni, ma sono pur sempre miei.Un rumore improvviso mi sveglia. Scatto a sedere sul divano, cerco di concentrarmi per capire che cosa potrebbe essere. Mi ci vuole qualche secondo per abituarmi alla luce che entra delle finestre.
-Tristan?- chiamo capendo che i rumori provengono dalla cucina. Sembra che stia cucinando. Questo pensiero è talmente assurdo che in un attimo sono già in cucina. Tristan si volta verso di me con una paletta da cucina in una mano e un piatto nell'altra.
-Giorno!- esclama entusiasta. Sono troppo sorpreso per rispondere. Non l'ho mai visto cucinare, anzi, ero convinto che non sapesse nemmeno dove fossero le pentole. Che diavolo ti prende Tristan?
-Ciao- gli rispondo con voce incerta, ancora non credo a quello che sto vedendo.
-Sto preparando la colazione. Hai fame, vero?-
-Ehm...certo. C'è una cosa che volevo dirti...- inizio a dire ma lui mi mette sotto al naso un piatto colmo di pancakes. O meglio, quelli che dovrebbero essere pancakes ma che in realtà assomigliano più ad un insieme di farina e uova bruciate. Ne mordicchio un bordo aspettandomi gusto di bruciato ma devo ammettere che sono abbastanza buoni, nonostante il loro aspetto.
-Ma tu da quand'è che cucini?- chiedo con la bocca piena. Non so perchè questa cosa mi stupisca tanto, alla fin fine non è nulla di eclatante.
-Volevo solo farti sentire a casa, anche se probabilmente quando arriveranno i miei non potrai più stare qui. Comunque immagino sia stato difficile per te quello che è successo in questi giorni, voglio esserti di aiuto.- dice finendo di masticare l'ultimo dei suoi pancakes.-Grazie mille, Marmont. E' per questo che ti voglio bene come se fossimo fratelli.- replico dandogli una pacca sulla spalla. Sparecchio la tavola mentre mi sento i suoi occhi addosso.
-Tristan? Mi stai per caso fissando il culo?- scherzo voltandomi verso di lui.
-Co...Cosa? Io? Ma che stai dicendo?- farfuglia lui alzandosi da tavola. Che strano
-Okay, scusa- rido -Come non detto, stavo scherzando dai.- gli dico alzando la voce mentre esce dalla cucina. Oggi è veramente tutto strano.Sento il campanello suonare, immagino sia una delle ragazze di Tristan. Apro la porta e mi trovo davanti la ragazza dell'altro giorno. Non è mai capitato che si facesse due volte la stessa tipa.
-Ciao. C'è Tristan?- mi chiede entrando. Almeno oggi è vestita in modo normale.
-Credo sia in camera sua, conosci la strada.- dico con un'alzata di spalle. Non so perchè ma già la odio, a pelle proprio.-Ascolta, mi dispiace per come mi sono comportata l'altra volta. Ti chiedo scusa perchè credo che ci vedremo molto spesso d'ora in avanti.- senza lasciarmi il tempo di rispondere se ne va verso la stanza del mio migliore amico con il tipico sorriso di chi la sa lunga sulle labbra. Non mi prendo nemmeno la briga di seguirla per parlare e dirle che non me ne importa niente se è stata stronza con me. Mi siedo per un po' sul divano pensando a cosa poter fare oggi e a dove poter andare quando torneranno i genitori di Tristan. Mentre mi perdo tra i miei pensieri sento un bip provenire dal mio cellulare, allungo la mano per prenderlo dal tavolino e sul display, ancora illuminato, riesco a leggere l'anteprima di un messaggio su Instagram: Luna H. ti ha inviato un messaggio. Apro la chat <Ciao, vorrei spiegarti cos'è successo l'altra sera. La tua proposta è ancora valida o non vuoi più vedermi? > Per il momento non so cosa risponderle. Ho voglia di vederla ma non voglio sembrare un disperato, probabilmente le risponderò di si ma tra minimo due o tre ore.
Nel silenzio della stanza sento le voci di Tristan e della ragazza. Riesco a capire poco e niente, solo alcune frasi come "non so come dirglielo", "per me non è facile da accettare" pronunciate dal mio migliore amico e poi lei che ribatte "devi dirgli la verità." Non ho la minima idea dell'oggetto della loro conversazione, ma ora come ora penso che prima o poi Tristan mi dirà tutto.
Rimetto il cellulare sul tavolino, accendo la TV preparandomi per un'altra monotona giornata della ormai noiosissima esistenza.
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Lei è tutto.
FanfictionQuesta non è la solita storia d'amore tra teenagers. Fanfiction incentrata sulla musica rock, dal carattere tenebroso. Lui: Jamie Campbell Bower, il classico badboy ma sotto sotto un ragazzo dolce e premuroso. Deve convivere con un passato che non r...