Chapter One: Influenza e Nuovi Incontri

1.6K 18 0
                                    

"Non soffermarti su come una persona appare ai tuoi

 occhi, non giudicarla senza conoscerla.

 L'apparenza inganna "

"Astenetevi dal giudicare, siamo

 tutti peccatori.

 -William Shakespeare"

_______________________________________________________________________________________________________________________________

Influenza e Nuovi Incontri

Mi svegliai verso le sette e avvertii ancora quel fastidioso senso di nausea che assieme  al mal di testa non mi dava tregua dal pomeriggio precedente. Sapevo che probabilmente andare a nuotare in queste condizioni non era la cosa migliore da fare, ma non potevo di certo mollare adesso. Nuotavo da quando ero molto piccola, erano dodici anni ormai che passavo tre o quattro pomeriggi a settimana nella piscina del paese, e lì più o meno tutti mi conoscevano. Non avevo mai saltato una lezione, forse una o due volte per motivi estremi, ma mai e poi mai sarei restata sotto le coperte a poltrire per colpa di un leggero malessere.
Abbandonai a malincuore il mio caldo letto e scesi in cucina dove mi aspettava mia madre con una tazza fumante di cioccolata calda. Presi la mia tazza , ci versai il latte all’interno e con molta calma dopo averlo intiepidito ci versai dentro il cioccolato in polvere. Dopo aver bevuto quasi metà tazza decisi di prendere solo una pastiglia per il mal di testa, dato che la nausea si stava leggermente calmando.
Ritornai nella mia stanza e dopo essermi fatta una doccia decisi di iniziare a preparare il borsone, misi dentro un asciugamano piccolo, che mi sarebbe servito per i capelli, un accappatoio rigorosamente bianco, la mia cuffietta bianca con dei piccoli pois rosa, le ciabatte sempre bianche, e dopo aver ricontrollato per una decina di volte di aver preso tutto chiusi il borsone e andai ad infilarmi il costume.
Dopo essermi infilata il costume avanzai verso l’armadio e presi un paio di jeggins grigio topo e una felpa del medesimo colore, mi guardai allo specchio dove vidi soltanto una ragazza con le curve al posto giusto, non ero magrissima come le cheerleaders della scuola, ma neanche obesa, portavo una fantastica taglia quarantadue e di questo non potevo lamentarmi. Ricontrollai per l’ennesima volta il borsone e scesi in cucina dove mia madre mi guardò alquanto curiosa.
-Fanny, mi spieghi come mai hai il borsone di nuoto sulle spalle, dato che sei ancora debole e non ti sei né ancora ripresa del tutto?-
Forse da una parte aveva ragione, ero ancora parecchio debole, e la nausea era tornata, ma non avevo intenzione di restarmene a casa ancora per molto, quindi indossai il mio sorriso più finto e le lasciai un bacio sulla guancia.
-Sto bene non preoccuparti, torno stasera, se succede qualcosa ti chiamo- E detto questi chiusi la porta di casa e iniziai a camminare. Lo stabile dove era situata la piscina del paese distava poco più di dieci minuti a piedi, e dato le mie condizioni fisiche non proprio ottimali decisi di proseguire il mio cammino senza prendere la bici.
Appena arrivata un odore di cloro mi invase le narici, non entravo in questo posto da due giorni eppure amavo ogni volta sentire la differenza dall’esterno, sembra strano dirlo ma in questo posto mi sentivo a casa. Mi incamminai verso lo spogliatoio femminile e non potei fare a meno di notare che ero in ritardo di qualche minuto, ma Debby la mia istruttrice storica non avrebbe fatto una piega, sono sempre stata abbastanza fiscale con tempi e orari e se arrivavo in ritardo qualche volta un motivo c’era, e doveva essere anche abbastanza serio, e lei questo lo sapeva. Mi incamminai verso le vasche e notai i miei compagni di corso tutti seduti al bordo della vasca più fonda, dove ormai ci allenavamo da anni. Mi avvicinai a loro e mi sistemai vicino a Mark un ragazzo che anche se aveva qualche anno di più frequentava il nostro corso.
-Cuffia a pois, finalmente ci hai degnato della tua presenza, mancavi solo tu. Ragazzi voi entrate pure in acqua, io devo scambiare due parole con la vostra compagna.- Era un ragazzo che aveva parlato, maglia bianca con il logo della piscina e il costume rosso che veniva dato a tutti gli allenatori dello stabile.
I miei compagni fecero come gli era stato detto e io non potei fare altro se non sedermi sulle gradinate che solitamente erano riservate al pubblico durante le gare e che noi utilizzavamo solo per appoggiare accappatoi e asciugamani, o per parlare tra di noi come squadra.
-Allora, ai miei allenamenti si arriva puntuali, se in anticipo meglio, si rispettano le regole che sono scritte le fuori, quelle che dovreste rispettare anche con la vostra istruttrice e soprattutto non si fa casino, non voglio pazze sclerate in squadra, inoltre ci si mette impegno, intesi? Questo discorso l ho fatto anche prima hai tuoi compagni ma ovviamente non ti sembrava giusto arrivare puntuale. Ora vai in acqua assieme agli altri.-
Mi limitai ad annuire con il capo al suo “intesi” e mi tuffai in acqua. Ai suoi allenamenti…dov’era finita Debby, non poteva avermi abbandonata dopo dodici anni, mi aveva insegnato lei ad amare la piscina, quando avevo cinque anni avevo messo per la prima volta il piedi in acqua con un costume olimpionico e non ero più uscita, ero la bimba più piccola di tutto il corso, ed era per quello che tutti mi conoscevano. Continuai a pensare al nuovo “coach” finché eseguivo gli esercizi di riscaldamento, ma chi si credeva di essere, dio mi stava venendo il nervoso pensando alla conversazione avuta poco prima, avrà avuto si e no due anni o forse tre in più di me e si credeva miss universo, avevo preferito non accennargli nulla sulle mie condizioni fisiche, non volevo peggiorare la situazione fin da subito.
La nausea stava tornando e più forte di prima, ma non avevo voglia di uscire, stavo proseguendo gli esercizi di riscaldamento quando un conato più forte degli altri ebbe la meglio su di me, fui così costretta ad uscire dall’acqua e chiudermi in bagno. Vomitai l’anima e dopo poco mi accascia sul freddo pavimento senza forza, non so per quanto tempo rimasi chiusa lì dentro, so solo che dopo un po’ qualcuno mi venne a chiamare.
-Hei, apri, che ti succede?- Una voce alquanto preoccupata mi stava chiamando al di là della sottile porta che ci divideva. Era quello stronzo del nuovo allenatore, prima guardava il culo alle oche ossigenate del mio corso e ora aveva pure le palle di venirmi a chiedere come stavo. Aprii la porta del bagno e lentamente mi alzai dal freddo pavimento, ma dovetti riabbassarmi subito dato che un altro conato mi aveva fatto affogare la testa nel vater come facevo ormai da dieci minuti.
Senti una mano accarezzarmi la schiena e pian piano i conati diminuirono e con calma iniziai a calmarmi.
-Hei piccola stai tranquilla, respira, con calma- Sembrava tanto severo e soprattutto stronzo, invece stava pian piano iniziando ad addolcirsi, magari tutto sommato non era neanche male.
-Va meglio piccola?- Mi limitai a guardarlo ed annuire. Non avevo intenzione di parlare, più che altro non avevo forze neanche per quello e credo che lui se ne fosse accorto.
Era da più o meno dieci minuti che eravamo chiusi nel bagno dello spogliatoio, mi aveva abbracciato per farmi calmare e ci era riuscito, mi ero accoccolata al suo petto e pian piano stavo iniziando a sentirmi meglio anche se la nausea non ne voleva sapere di passare.
-Comunque io sono Harold, ma ti prego, chiamami Harry- Esclamo ad un certo punto il ragazzo che mi teneva stretta a se.
-Io sono Fanny, ma chiamami Fanny- Gli regalai uno dei miei migliori sorrisi e dopo esserci guardati negli occhi scoppiammo a ridere. Il suo era un sorriso fantastico, con una dentatura perfetta e contornato da due fantastiche fossette che spuntavano ai lati della bocca, inoltre sembrava sincero, e per niente forzato, era come se il tizio acido che avevo conosciuto ore prima avesse lasciato spazio a uno più dolce che aiutava le donzelle indifese. E finalmente, a quel riccio con le fossette, gli occhi smeraldini, i ricci in testa, un sorriso da far invidia al mondo e le fossette potevo associare un nome, e mi sembrava che quel “Harry” stesse meglio associato che non alle altre centinaia di persone che portavano quel nome.

Turbolent LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora