Traccia 1.
Era estate.
Era estate e c'era il sole.
Faceva caldo e il cielo era azzurrissimo.
A volte, mi ritrovo a pensare a quel cielo tanto azzurro quanto i suoi occhi o forse no, i suoi erano più chiari, più belli, più suoi.
A volte, mi chiedo se dimenticherò mai il suo profumo.
A volte, mi chiedo se dimenticherò il tocco delle sue mani.
A volte, mi chiedo se dimenticherò il sapore delle sue labbra sulle mie, della sua pelle, il calore del suo corpo stretto al mio.
A volte, mi chiedo se riuscirò mai a dimenticare i sensi di colpi che mi attanagliano le viscere continuamente.
Forse non ci riuscirò mai.
E forse è meglio così.Era estate quando la vita perfetta che, dopo aspre battaglie, lotte, litigi, ci eravamo conquistati, crollò.
Forse non era così perfetta come credevo ma mi, anzi ci, andava bene così.
Ci bastava.
Ci bastavamo.Era estate ed era una giornata come le altre.
Stavamo passeggiando nel grande parco vicino a casa.
Casa nostra. Era così bello da dire.
Ed è ancora più strano non poterlo più dire.
Ridevamo.
Non ricordo più per cosa stessimo ridendo e me ne rammarico ogni giorno che passa.
Mi manca la sua risata.
Mi manca da morire.
Indossava un vestito azzurro, quello che le avevo regalato io per avermi reso l'uomo più felice del mondo.
Le stava d'incanto.
Sembrava cucito apposta per lei.
Me lo diceva sempre: diceva che avevo buon gusto per i vestiti.
Ma, sinceramente, non mi importava.
Mi importava solo che lei fosse perfetta.
O forse neanche di quello.
Lei era perfetta nella sua imperfezione.
C'era una canzone, che tanto amava, che diceva proprio questo; non trovo frase più veritiera.
Il vento le scompigliava appena i capelli, rossi come il fuoco, e i suoi occhi erano illuminati da un luccichio che mi scaldava il cuore.
Il cuore che batteva per lei, per lei e nessun'altra.Ad un tratto iniziò a correre incitandomi di seguirla. Scossi la testa per negare ma lei mi ordinò di muovermi e di "non fare il pelandrone", parole sue non mie.
Così feci.
Ero ad un metro da lei, forse meno, forse poco più, quando la sua espressione cambiò di colpo.
Il suo sorriso, il suo splendido sorriso, trafugato, distrutto in una smorfia di dolore.
Sul vestito una macchia di sangue si allargava sempre di più.
Nell'aria il suono di uno sparo.Cadde a terra.
Lanciò un urlo che mi lacerò le orecchie.
Lo risento ancora, qualche volta, e mi manca anche quello, dopotutto faceva parte di lei.Le arrivai vicino, correndo.
Non potevo credere.
Non ci potevo credere che lei, la mia dolce, amata Rose, fosse lì, immobile e che era sul punto di andarsene.
Di lasciarmi.Mosse le labbra ma il suono che uscì fu talmente flebile che dovetti avvicinarmi per sentire la sua voce, calda e dolce, sussurrare:
- Ti amo, Scorpius. Non dimenticarlo mai.
Provai di tutto.
Qualsiasi incantesimo conoscessi ma il proiettile era babbano e la magia sulle armi non funzionava.
Urlai.
Urlai con tutto il fiato che avevo in gola.
Cercai di bloccare l'emorragia con le mani.
Piansi.
-Non piangere, amore mio.- sussurrò ancora -Non piangere.
Debolmente mi toccò con la sua mano candida la guancia.
Ci misi sopra la mia e la strinsi forte.
-Non... piangere. Non... voglio che il tuo bel viso sia rigato... di... lacrime. Non... voglio che tu stia male... per me.
-Io ti amo Rose. Tu non puoi lasciarmi così. Non puoi!
-Va tutto bene. Starò bene...
La baciai dolcemente, come la prima volta.
La baciai e la baciai.
La baciai finché non sentii le sue labbra irrigidirsi.
Fino a che esse non divennero fredde, immobili, morte.
E poi tutto finì.
La sua vita scivolò via da lei. La potevo sentire sulle mie mani, mentre la abbandonava e volava libera.
Era questo il suo sogno.
Essere libera.Urlai il suo nome, sapevo che non c'era più niente da fare ma mi ostinavo a non crederci.
Non riuscivo a realizzare che lei se n'era andata per sempre e non sarebbe più tornata.
Non ci riuscivo era più forte di me.Urlai il suo nome e piansi finché non mi ritrovai sollevato e portato via da un signore.
Mi guardai intorno solo in quel momento e notai molta gente.
Babbano che erano intervenuti, o almeno che avevano cercato di intervenire.
Il mio sguardo fu catturato nuovamente dal suo corpo, che giaceva scomposto.Cercai di liberarmi.
Urlai il suo nome.
Ma niente.
Lei non si alzava.
Non c'era più niente da fare.
Solo a quel punto realizzai.Lei non c'era più.
***
È estate.
È estate e c'è il sole.
Fa caldo e il cielo è azzurrissimo.
E mi sembra un'ingiustizia che in questo giorno così triste ci sia un così bel cielo."I funerali sono per i vivi non per i morti" mi aveva detto un giorno mentre mi guardava da sopra il libro che stava leggendo.
E, Merlino, Rose, non sai quanto avevi ragione.
Sussurro solo un "ti amo" sulla sua tomba.
Ma basta.
A lei basta.