Coldplay-"The scientist"

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Coldplay-"The scientist"
«Riportami all'inizio»

Quando la segretaria disse a Derek Hale che avrebbe avuto un nuovo compagno di stanza, Derek sorrise e se ne andò. A Derek i coinquilini non erano mai piaciuti; quando era arrivato alla New York University aveva richiesto una camera singola, specificando che questa avrebbe aiutato la sua concentrazione sullo studio. Balle, tutte balle; perché Derek non aveva problemi di concentrazione, riusciva a studiare benissimo anche se si trovava in mezzo ad una folla piena di gente. Sua sorella Cora non era mai riuscita a capire come facesse e quando gli disse che aveva richiesto una camera singola, Cora era rimasta sorpresa e confusa, poi semplicemente si era ricordata dell'odio di Derek verso la popolazione umana che non includesse lei e suo zio, e così, nonostante avesse provato di tutto, smise di convincerlo nel trovarsi un compagno di stanza.
Il suo primo giorno al college era andato in cerca della segreteria ed aveva chiesto il numero della sua stanza; la segretaria, quasi sessant'enne, gli aveva fatto qualche complimento sul suo fascino, e Derek ne era quasi rimasto disgustato, quasi, poi gli aveva consegnato la chiave della stanza 603. Quando Derek era entrato nella camera, mentre stringeva in una mano la valigia, era rimasto così sorpreso che aveva fatto cadere la valigia e la chiave sul pavimento: c'erano due letti, due armadi e due scrivanie. Per Derek quella camera aveva qualcosa di troppo, come il letto, l'armadio e la scrivania in più; era ritornato dalla segretaria e gli aveva detto che c'era di sicuro uno sbaglio, non poteva davvero essere finito in una camera doppia, con un coinquilino.
La segretaria gli aveva spiegato, quasi si aspettasse la rabbia di Derek, che le camere singole erano richieste dalla maggior parte degli studenti e che ormai erano tutte occupate; poi gli aveva gridato qualcosa come "Buona permanenza" oppure "Divertiti" quando Derek se ne era andato più nervoso di quando era arrivato. Mentre tornava in camera aveva iniziato a pensare a come potersi liberare del suo coinquilino, poi la sua parte gentile, che era nascosta sotto metri di odio, gli aveva ricordato che non era una cosa matura.
Almeno posso prendermi il letto accanto alla finestra aveva pensato poco prima di entrare in camera sua ed osservare che il letto che aveva desiderato era occupato da una valigia rossa a pallini blu e gialli; come se non bastasse era uscito dal bagno il suo nuovo coinquilino abbracciandolo e gridandogli "Brò! Sono Jason, cazzo sono contentissimo di conoscerti".
Derek aveva immediatamente cambiato decisione ed aveva realizzato che quel ragazzo, Derek l'aveva chiamato bambino nella sua testa, doveva sparire dalla sua vista. Nonostante ogni anno provasse a farsi assegnare la camera singola, si trovava sempre ad ottenere la camera 603 (quasi come se ci fosse scritto il suo nome sopra); eccetto per il secondo anno in cui Derek ricevette la sua camera singola, ma questo fu grazie al fatto che non appena si erano chiuse le lezioni del primo anno, lui si era iscritto al secondo ottenendo una camera singola. Gli altri anni, però questo meccanismo non funzionò e così Derek e la camera 603 erano diventate famose per il breve lasso di tempo in cui i ragazzi rimanevano dentro; era infantile per un ventenne, ma a Derek non gliene importava nulla, se doveva fare stupidi dispetti ed inventare meccanismi per far andare via i ragazzi che venivano assegnati alla sua camera e riavere la sua tranquillità, allora l'avrebbe fatto.
C'era stato un ragazzo, quando Derek frequentava il terzo anno, che era rimasto in camera sua più del necessario, ed era spagnolo e si chiamava Carlos; era rimasto una settimana e mezza, l'ultimo giorno Derek si era svegliato presto ed aveva scoperto il suo compagno dalle lenzuola, poi aveva messo della colla sul suo corpo, perché secondo Carlos quella camera era così calda e si ritrovava a dormire sempre e solo in boxer, ed aveva attaccato delle piume, e per riuscire ad averle Derek aveva dovuto girare mezza New York; poi aveva preso un guanto rosso di gomma, riempito di ovatta, e l'aveva attaccato sopra la testa del ragazzo.
Quando era stato contento del lavoro fatto aveva fatto scattare l'allarme antincendio della scuola, facendo svegliare l'intero dormitorio ed aveva ripetutamente chiamato Carlos dicendogli che dovevano correre verso l'uscita più vicina, perché stava suonando l'allarme; aveva preso Carlos, che era ancora troppo assonnato per capire cosa stesse succedendo attorno a lui, e l'aveva portato fuori davanti all'intera scuola. Era inutile dire che ciò bastò per far andare via Carlos dalla camera e riavere la sua tranquillità, senza prima aver sentito Carlos gridargli qualcosa sul fatto che non si sarebbe mai fatto degli amici, se avesse continuato a respingerli tutti.
Derek rimase poi semplicemente sorpreso quando ciò che gli aveva detto Carlos era stato smentito cinque giorni dopo; ad una lezione di filosofia aveva conosciuto Isaac Lahey, una matricola che non prestava molta attenzione nel seguire le lezioni. Quando era finita la lezione, Derek stava raccogliendo tutti gli appunti per riordinarli nella borsa ed improvviso arrivò Isaac; gli aveva chiesto se, gentilmente, gli potesse prestare i suoi appunti perché lui non aveva potuto prenderne quella mattina. Derek l'aveva guardato storto, con le sopracciglia che volevano comunicargli che non gli avrebbe prestato nessun appunto e stava per andarsene, ma Isaac l'aveva bloccato mettendogli una mano sul polso destro; Derek non gli aveva staccato la testa dal collo solo perché il ragazzo era stato più veloce di lui ed aveva iniziato a parlare a raffica.
"Davvero, senti. Ieri sono arrivato in questa sotto specie di università e il mio coinquilino è un drogato, che fuma metà del giorno e dorme l'altra metà. Non ho messo la sveglia in tempo ed ho saltato la prima lezione, al mio primo giorno. Ironico, vero? E poi non riesco ad orientarmi e non ho dormito per niente stanotte per via degli incubi. Si, soffro di insonnia ed ora ti chiedo solo gli appunti di questa lezione, quindi ti prego prestameli. Te li riporto in camera prima che tu possa dire 'Dove diavolo sono i miei appunti? Ah ce li hai quella matricola.' Che ne pensi?" aveva detto senza fermarsi una sola volta durante tutto quel discorso e Derek aveva ceduto strappando un foglio e consegnandolo al ragazzo, perché lui aveva un cuore, sempre nascosto ovviamente. Il ragazzo l'aveva guardato senza capire cosa ci dovesse fare con quel foglio in mano e Derek aveva provato a spiegarglielo con un'espressione di ovvietà sul volto, ma ovviamente Derek si era ricordato che solo Cora e suo zio Peter erano in grado di decifrare le sue sopracciglia.
"Scrivici la tua email e ti invio i miei appunti" aveva detto rimanendo impassibile. Il ragazzo aveva sorriso e svuotando la sua borsa sul banco aveva preso la prima penna che si era ritrovato fra le mani, e Fucsia, davvero? aveva pensato Derek dopo aver visto la penna in mano al ragazzo.
"Grazie, davvero mi stai salvando la vita. Sono Isaac comunque" aveva detto poi il ragazzo ignaro dello sguardo annoiato di Derek mentre gli stringeva la mano. "Derek" aveva risposto e poi prendendo il foglio se n'era andato senza neanche salutarlo. Da quel momento Isaac era rimasto accanto a Derek senza che quest'ultimo lo mandasse via, stupendosi in prima persona; frequentavano la stessa facoltà, letteratura inglese, ed Isaac rimaneva accanto a Derek in qualsiasi momento. Poi era arrivato il 7 settembre, il giorno dell'incendio di casa Hale, ed Isaac era entrato in camera di Derek contento alla prospettiva di vedere un film col suo migliore amico; solo che aveva trovato Derek sul letto che cercava di contenere le lacrime e gli si era avvicinato completamente stupito, perché Derek Hale non piangeva. Quando i singhiozzi si erano fermati Derek sapeva che doveva delle spiegazioni ad Isaac, ma il ragazzo aveva detto che non era importante e che avrebbero parlato la mattina dopo, nonostante ci fosse lezione. Ed Isaac era rimasto tutta la notte insieme a Derek vedendo un film e confortando il maggiore quando sentiva che aveva ripreso a piangere. La mattina dopo Derek aveva offerto un cappuccino ad Isaac, che lo preferiva al caffè amaro che prendeva Derek, e gli aveva raccontato dell'incendio e della sua famiglia. Isaac l'aveva abbracciato mentre lui stava osservando la sua tazza di caffè fumante che aveva davanti e gli aveva detto che per quel giorno si sarebbero presi una pausa dall'università e sarebbero andati in giro per New York; poi quando si erano trovati a Central Park verso le otto di sera, Isaac aveva raccontato a Derek di suo padre, di come qualsiasi cosa facesse non andasse mai bene e per questo meritasse una punizione.
"A dieci anni, mi rinchiuse nel freezer dello scantinato. Un bambino che veniva punito perché quando colorava usciva fuori dai bordi" aveva detto Isaac ridendo amaramente. Prima che Derek si accorgesse di qualsiasi cosa, stava abbracciando Isaac che era rimasto impassibile a fissare le foglie autunnali. Fu strano poi vedere Isaac sorridere e "Grazie Derek, grazie per esserci" dire, mentre stringeva l'amico. Derek aveva ringraziato il suo buonsenso che l'aveva costretto, quel giorno di anni prima, a prendere l'email di Isaac e a dargli i suoi appunti.
Poi Derek, sempre durante quell'anno, aveva incontrato Erica Reyes. Era una mattina piovigginosa e Derek stava correndo alla stazione dato che sua sorella Cora era arrivata in quell'esatto momento, e lui era ovviamente in ritardo. Mentre ripeteva che era tutta colpa di Isaac che non aveva messo la sveglia alle sette, come gli aveva chiesto Derek la sera prima quando Isaac si era praticamente autoinvitato a dormire in camera sua, una macchina, accanto al marciapiede in cui Derek correva, aveva preso una pozzanghera piuttosto profonda. Dire che Derek era bagnato da capo a piedi era un eufemismo; si ritrovò completamente bagnato mentre la macchina si fermava. Da quella Mini Cooper ormai consumata dal tempo, ne uscì una ragazza dai capelli biondi e dall'espressione più divertita che dispiaciuta.
"Oh, dolcezza stai bene?" aveva chiesto mentre gli si era avvicinata.
"Ti sembra che io stia bene? Siamo a gennaio ed io sono completamente bagnato" aveva risposto Derek furioso. La ragazza aveva riso e quando aveva visto l'espressione omicida che Derek aveva sul volto aveva cercato di metterne su una più dispiaciuta, fallendo miseramente.
"Senti, per sdebitarmi posso darti un passaggio" aveva detto la ragazza sorridendo e mostrando l'auto accostata. A Derek gli ci erano voluti due minuti netti per calcolare che anche se avesse corso più veloce di Flash non sarebbe mai arrivato in tempo prima che sua sorella prendesse un taxi e glielo rinfacciasse a vita, così accettò alzando gli occhi al cielo ed annuendo.
"Sono Erica e tu, dolcezza?" aveva chiesto Erica mentre metteva in moto. Derek aveva ringhiato ed aveva continuato a mantenere lo sguardo fisso davanti a se.
"Giocheremo ad 'Indovina chi?' quando sarai meno bagnato" aveva risposto la ragazza ridacchiando e andando dritto. Derek gli aveva risposto che lo poteva lasciare alla stazione ed Erica aveva svoltato a sinistra; Derek aveva capito che la ragazza si era persa quando riconobbe l'entrata del campus dell'università invece che la stazione.
"Dimmi che sai dov'è la stazione" aveva detto Derek sperando che quella fosse semplicemente una sosta accidentale.
"Certo, sono stata all'aereoporto prima d'ora" aveva risposto Erica sorridendo.
"La stazione ferroviaria, no la stazione inteso come aereoporto" aveva sbraitato Derek vedendo che il suo cellulare si era spento per colpa della batteria. "Ops" aveva detto la ragazza ridacchiando. Derek la stava per buttare fuori dall'abitacolo dell'auto, ma il suo buonsenso lo trattenne dal fare qualsiasi cosa. Insomma, venti minuti e dieci ringhi dopo Derek si ritrovò alla stazione di New York e, seguito da Erica che volesse accettarsi che avesse un passaggio per il ritorno, aveva intravisto sua sorella Cora che stava seduta su una delle sue enormi valigie mentre si guardava intorno. Derek corse più veloce che poteva e la raggiunse, nell'esatto momento in cui Cora aveva deciso di prendere un taxi.
"Cora, mi dispiace" aveva detto Derek con l'affanno. Cora l'aveva guardato con una smorfia sul volto.
"Hai fatto la doccia nell'immondizia?" aveva chiesto Cora guardandolo da capo a piedi. "E la tipa dietro di te, chi è? La tua spogliarellista?" aveva continuando indicando Erica che aveva alzato gli occhi al cielo. Derek si era voltato accorgendosi solo in quel momento che Erica era dietro di lui e di come fosse svestita.
"Che ci fai qui? Avevo detto che non serviva nessun passaggio" aveva sibilato Derek verso Erica.
"Volevo solo accertarmi che riuscissi a trovare cosa stessi cercando. Anche se ti facevo più come un tipo che preferiva i ragazzi alle ragazze" aveva risposto Erica grattandosi il mento pensierosa. Derek alzò gli occhi al cielo.
"E' mia sorella" aveva risposto tornando a guardare Cora. "Ciao sorella dello sconosciuto" aveva detto Erica muovendo la mano in segno di saluto. "Sconosciuto? Cos'è questa storia, Derek? Abbordi ragazze e neanche gli dici come ti chiami?" chiese Cora parecchio confusa e divertita. Derek ringhiò stanco mentre si chiedeva cos'avesse fatto di male per ritrovarsi in quella situazione. Quando quella ridicola messa in scena era finita Derek aveva ritrovato Erica alla lezione di storia e con sua somma tristezza aveva scoperto che anche lei seguiva il suo stesso corso e che si era iscritta quello stesso anno, poco prima che l'università chiudesse le iscrizioni. Ad Isaac, quando Derek era stato costretto per forza di cose a presentarli, Erica era piaciuta fin da subito, e Derek ricordava perfettamente che quando Isaac gli aveva chiesto "Ti prego, possiamo adottarla?" era stato l'inizio della fine. Da quel momento Erica ed Isaac erano rimasti accanto a Derek, nonostante quest'ultimo fosse ancora indeciso su Erica. Però, Erica si riscattò dai pensieri negativi di Derek una sera di primavera, durante le vacanze. Si trovavano in montagna, in una delle case che possedeva suo zio Peter e che Derek sfruttava quando voleva staccarsi dal caos di New York; erano le due passate ed Isaac, Derek ed Erica si trovavano davanti ad un falò mentre si raccontavano alcune storie horror, seduti a cerchio.
"Ce ne ho una io!" aveva esclamato Erica dopo un po', mentre Isaac si copriva metà volto con un plaid azzurro. "Spara" aveva detto Derek che aspettava di sentire una storia nuova che non dovesse raccontare lui stesso, come aveva fatto nella precedente ora.
"Allora, tanto tempo fa c'era una ragazzina di nome" aveva iniziato Erica interrompendosi. "Di nome?" aveva chiesto già impaurito Isaac. Erica sembrava che stesse riflettendo sul nome, quasi come se lo volesse inventare in quel momento. "Corinne, scusate non lo ricordavo" aveva detto poco dopo mentre Derek si era insospettito, perché non ci vogliono quasi dieci minuti per ricordarsi un nome. "
Okay, Corinne viveva nell'Ohio insieme a suo padre. Una sera, mentre lei era intenta a giocare con le bambole, sentì un rumore strano così scese per vedere cos'era. Allora vide che c'era quest'uomo che teneva una bottiglia di alcool tra le mani e che gridava cose brutte verso Corinne, così lei scappò verso camera sua e quando ci arrivò l'uomo la raggiunse. Mentre stava per nascondersi sotto il letto, quell'uomo la prese per il braccio e la buttò sul letto. Corinne era impaurita così cercò qualcosa per allontanarlo dato che l'aveva iniziata a spogliare. Poi vide la lampada del comodino e quando la prese in mano la distrusse sulla testa dell'uomo" aveva detto Erica fissando il fuoco davanti a se.
"L'uomo svenì e lei vide che c'era del sangue sulla sua mano e sul pavimento, che c'era tanto sangue" continuò senza distogliere lo sguardo, quasi come se fosse entrata in trance. "Erica" aveva detto Derek cercando di fermarla, quel racconto horror era una parte di Erica, e Derek l'aveva capito fin da subito e volle fermarla perché a nessuno piace rivivere il capitolo horror della propria vita. Ma Erica ormai non sentiva nessuno, riviveva solo i rumori di quella sera. "Corinne chiamò il 911 e quelli quando arrivarono soccorsero l'uomo, ma ormai non c'era nulla da fare. Era morto. Lei non voleva ucciderlo, non voleva" disse Erica iniziando a piangere. Derek si avvicinò e l'abbracciò, seguito da Isaac che l'abbracciò dal lato opposto. Rimasero fermi in quella posizione finché Erica non si addormentò con le lacrime che gli rigavano ancora le guance. La mattina dopo Derek portò del caffè nella stanza di Erica, mentre Isaac era impegnato ad accendere il fuoco.
"Quella non era la prima volta che tuo padre abusava di te, vero?" chiese Derek diretto al punto; una parte di lui sapeva che non era giusto fare una domanda simile ad Erica, ma l'altra parte sapeva che era inutile fingere che quella di Erica fosse una storia pienamente inventata. Erica lo guardò e sorrise tristemente. "Già" aveva risposto bevendo un sorso di caffè. Derek aveva annuito e si era seduto sul letto accanto ad Erica.
"Non voglio ferirti facendoti queste domande, ma voglio che sia chiaro fin da ora. Siamo una squadra, ed io ed Isaac siamo qui per proteggerti" disse Derek notando che era entrato anche Isaac in quel momento. Erica aveva sorriso ed aveva incrociato le gambe sul letto e Derek aveva finalmente capito perché non aveva mai allontanato Isaac ed Erica: ognuno di loro aveva passato un periodo da dimenticare durante la loro vita e lo stare insieme sembrava l'unico modo per rimettere insieme i pezzi distrutti. Realizzarlo fu molto più bello che poterlo vivere. I suoi amici erano sempre pronti ad aiutare Derek se si trattava di mandare via qualche ragazzo dalla sua camera; certo prima che acconsentissero ad aiutarlo entrambi gli avevano fatto notare che era inutile mandare via qualsiasi ragazzo che entrasse, ma a Derek non importava: avere Isaac ed Erica vicino gli basta ed anche abbastanza; avere un'ulteriore persona intorno a se, era inutile. Isaac ed Erica avevano poi smesso di riprenderlo, lo assecondavano con le sue idee strane, ma che funzionavano; e questo era anche un po' dovuto al fatto che ad Erica ed Isaac piaceva il sapere che a Derek bastava avere loro due. Ecco perché quella mattina aveva scritto un semplice e breve messaggio ai suoi amici, convinto che non lo avrebbero ostacolato dal fare qualsiasi cosa.

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