Avevano sofferto entrambi
la differenza? le loro ferite
quella di lui ormai è una cicatrice, visibile, ma indolore
quella di lei non smetteva di sanguinare
Destiny Moone era una contraddizione vivente. Amava la calma, ma odiava il silenzio. Odiava l...
"Scordatelo Drake... Si... Lo so.... Non è una scusa... Ho detto no... Ti odio..." ascoltavo in silenzio la conversazione tra Jill, la mia migliore amica, e il suo ragazzo, Drake. Avevano dei problemi a causa dei tradimenti di lui, eppure Jill continuava a starci assieme, dicendo che lo amava troppo per lasciarlo. Sarebbe stato ipocrita da parte mia giudicarla, così mi limitavo a stare in silenzio fumandomi la mia sigaretta, l'unico vizio che non non ero riuscita ad eliminare, okay... Non è proprio l'unico, ma non sono una drogata, solo... Mi piacciano le sensazioni forti ecco. Jill intanto aveva chiuso la chiamata ed era scoppiata in un pianto isterico. "Ha detto che lui è fatto così, che se non riesco ad accettarlo sono affari miei.... Ha detto che sono solo una ragazzina" eravamo sedute sul divano a casa di Jill, mi avvicinai, avvolsi un braccio intorno alle sue spalle e poggai il mento sulla sua testa "è colpa sua e lo sai, è un deficiente, non ti giudico se vuoi continuare a stare con lui, anche se ti fa solo soffrire, ma non posso accettare che pensi che sia colpa tua. E non lo dico perché ti voglio bene, ma perché.... Perché è così e basta, OK?" la sentii tirare su col naso mentre mi si accoccolava meglio addosso. Sapevo esattamente di cosa aveva bisogno. Delicatamente la spostai di lato, presi una coperta, un pacchetto di patatine e il film "La leggenda di un amore" e tornai da lei. Stetti tutto il tempo in silenzio, sapevo com'era fatta e non la forzai ad aprirsi, anche perché non ce ne era bisogno. Infatti neanche dieci minuti dopo non resistette più e dopo un sospiro cominciò:"Non so cosa fare. Io amo Drake, davvero, e non voglio lasciarlo, ma non ce la faccio più. Vorrei solo essere più forte, andate oltre i miei sentimenti." "Ma tu sei forte" ribbattei "Non quanto te". A quelle parole mi irrigidii, nemmeno Jill sapeva chi ero davvero, sapevo che lo diceva solo come complimento, ma avevo questo problema, non riuscivo a fare a meno di associare argomenti o frasi di qualsiasi a me, al mio passato. Oh Jill, non sono forte per niente, se mi conoscessi davvero non diresti così. Cominciammo a parlare del più e del meno. "Comunque io sta sera alla festa ci vado, non voglio che Drake sappia che mi ha fatto soffrire, l'ultima cosa che voglio è dargli la conferma di essere solo una ragazzina... E poi ho bisogno di divertirmi, ci stai?" come potevo rifiutare? "Ci sto" Mi chiese se volevo restare da lei e prepararci assieme, ma gentilmente declinai, come sempre d'altronde, mi dispiaceva vedere la sua espressione delusa, ma l'ultima cosa che volevo era che vedesse le mie cicatrici. Mi misi il mio beanie nero e la mia giacca di pelle, salutai Jill e mi incamminai verso casa. Il freddo di novembre mi penetrava nelle ossa, proprio come quella notte... No! Non ci dovevo pensare. Mi sentii osservata, un brivido mi scendeva lungo la schiena, i peli delle braccia rizzati, mi fermaii un attimo, strinsi gli occhi e quando li riaprii mi sembrò di aver visto un'ombra nascondersi dietro un albero, c'era decisamente troppo silenzio. Mi misi le cuffiette e mi accesi una sigaretta. Neanche quindici minuti dopo ero arrivata a casa. Non sapevo se potevo veramente chiamarla "casa". Dopotutto ero solo un'ospite, da due anni ma pur sempre un'ospite. Aprii la porta, Sara e Adam non erano in casa, meglio così. Non fraintendetemi, gli ero molto grata di avermi preso in casa, ma lo avevano fatto solo per paura, lui li aveva minacciati. Sospirai, che casino la mia vita. La mia stanza era normale, né grande, né piccola, con i muri bianchi, un letto singolo, una cassettiera, un'armadio, tutto di legno bianco ridipinto di viola, anche la finestra aveva le tende dello stesso colore. Mi spogliai del tutto e aprii l'anta dell'armadio, quella con lo specchio alto due metri e largo uno e mezzo. Mi osservai, lo facevo spesso. Ero alta un metro e sessantasei, i capelli castani mossi che mi sfioravano le spalle. Il mio sguardo corse alla cicatrice più evidente, partiva poco sopra l'ombelico e finiva sul fianco destro. Il mio sguardo scese un pò, l'altra cicatrice era lunga circa cinque centimetri, sulla parte interna della coscia sinistra, non era molto evidente, ma si vedeva. Ed infine la più terribile, non riuscivo a vederla, ma riuscivo a toccarla, una cicatrice di pallottola, un centimetro più a destra e mi avrebbe colpito la colonna vertebrale. Rabbrividii al ricordo di come me l'ero fatta. L'impressione di essere osservata non cessava, ma era comprensibile, dopotutto mancava solo una settimana all'anniversario della sua morte. Sospirai e mi avviai verso il bagno. Appena l'acqua della vasca fu calda mi immersi. Amavo la vaniglia. Tutte le cose che avevo che prufumavano, profumavano di vaniglia. Bagnoschiuma alla vaniglia, shampoo alla vaniglia, balsamo alla vaniglia. Mi rilassai e mi immersi completamente...
<<come hai potuto?>> non posso crederci, non può averlo fatto davvero, lui non può veramente aver... <<non avevo scelta, non potevo lasciarti morire>> la sua risposta mi spiazza, non è nemmeno un pò pentito, la tristezza lascia il posto alla rabbia: <<È MIO FRATELLO! E anche un tuo amico... Come hai... Perché...>> non riesco più a ragionare, non posso crederci, semplicemente non posso <<lo sai il perché>> la calma nella sua voce fa ancora più male <<TI ODIO!>> Pum. Un pugno sul naso Pum. Un altro sulla mandibola Pum. Pum. Pum. Tre pugni nello stomaco. Lui resta fermo, lascia che lo colpisca senza reagire, finché non mi blocca i polsi e mi attacca a muro. Sono molto bassa rispetto a lui, gli arrivo alle clavicole <<Non mi pento di averti salvato la vita. Il prezzo è stato alto, ma non avevo Scelta>> lacrime bollenti scivolano sulle mie guance <<mi hai salvato la vita, è vero, ma sei stato tu a distruggerla>>
Riemergo dall'acqua e, dopo essermi truccata con eileyner e mascara, mi metto un vestito nero con le maniche di pizzo
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Il telefono squilla
Jill: Sono qua sotto
Io: Arrivo
Appena scendo riconosco la macchina di Mike, Jill mi saluta dal finestrino Sospiro. Si comincia...