Tracce di luce.

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L'estate dei miei nove anni posso dire che è volata, proprio come tutte le altre in fondo, e se devo essere sincera ricordo poco,
ben poco di quei giorni,
e un pò mi dispiace,
fino a poco tempo fa i miei ricordi erano vividi nella mente,
ora è un pò tutto buio con lievi tracce di luce, e magari vi racconto, così da non dimenticare più, perché il buio a me fa paura, ha sempre fatto paura, sin da quando da bambina chiedevo a papà di mettere la luce per la notte, e in realtà la metto tuttora.

Tuttavia senza scuola era così bello alzarsi la mattina, fare colazione, e scendere giù dal nonno in cortile.

A tre anni abbandonare la mia città materna per venire qui, nel paese del papà, non fu per niente semplice.
Voglio dire, tra abitare in aperta campagna, giocare all'aperto, dondolarsi, correre, e abitare dentro quattro mura in uno stupida città c'è molto differenza,
e la differenza aumenta se a vivere quell'esperienza è una bambina così piccola.

Ma amavo l'estate proprio per quello, per dimenticare i compiti, dimenticare l'ansia, e passare giornate intere tra le strade con i bambini del quartiere.

Ero brava a fare amicizia a quel tempo,
conobbi una bambina, Clara, la figlia del proprietario del negozio sotto casa mia, era due anni più piccola di me, eppure ci divertivamo tanto, stavamo ore sulle biciclette a pedalare, a fare sfide, a ridere, passavamo ore ad essere felici, ecco.

A noi si aggiunse, dopo poco, l'altra bambina del negozio accanto, Giulia, un anno in più di me, eravamo un trio perfetto, davvero perfetto.
Chi di noi non ha avuto quelle amichette con cui combinare guai strada strada e con cui subire le conseguenze?
Beh io avevo loro,
facevamo sempre arrabbiare gli adulti, ricordo ancora i rimproveri, ma a quel tempo a noi non importava nulla,
eravamo insieme, ed andava bene così.

Ogni volta che arrivavano le nove mamma chiamava dal balcone.

《Greta ora è tardi, sali.》

《No, mamma, possiamo stare dentro il portone a giocare?》

E delle volte ci riuscivo, riuscivo a convincerla, e così tutte e tre stavamo lì dentro, fingendo fosse casa nostra.
E che casa!

Facevamo a gara per chi era più veloce a scendere i gradini con il sedere ed ogni volta tornavo a casa con un dolore atroce al fondo schiena ma vincevo quasi sempre io, direi che ne valeva la pena nella mia mente.

Fu una di queste sere che successe una delle cose più assurde e comiche che avessi mai vissuto fino ad allora forse.

Sei comoda?
Ti racconto,
magari nel mentre viene anche a te in mente qualche ricordo della tua infanzia e scoppi a ridere.

Erano già le nove passate, io e le mie amiche eravamo dentro il portone, sedute negli scalini concentrate nei nostri giochi.
Quel giorno insieme a noi c'era un altro bambino, un cugino delle due, Leonardo, stava con noi e a me stava molto simpatico, era anche carino se devo essere sincera, sarei curiosa di vedere com'è diventato ora dopo tutti questi anni.

Comunque, tutti e quattro giocavamo finché lui annuncia di dover fare la pipì.

《Io non ho un bagno qui però.》

《Ok, vado al negozio e torno.》

Apriamo il cancello con il cuore in gola dalla paura che qualche estraneo potesse entrare con quel buio che c'era, lui esce e noi chiudiamo.

《Anche io devo fare pipì, vado con lui.》

Apriamo nuovamente e Clara corre verso il cancello mentre io la seguo per chiuderlo, Giulia invece se ne stava in piedi nei gradini.
Di colpo osservo, Clara resta con un piede dentro e un piede fuori.

《Lo senti?》

《Sì, zitta...》

Nel silenzio sentivamo una voce che sussurrava frasi veloci e non decifrabili, una voce sempre più vicina, sempre più rauca, sempre più sconosciuta.

《Chi è?》

《Non ne ho idea...》

Completai a malapena la frase che Clara scoppiò a gridare come una matta!

《Chiudi il cancello.》

Cercavo lo sguardo di Giulia sulle scala, aveva il viso pallido come la morte, non faccio in tempo a parlare che scoppia anche lei a gridare in una maniera tremendamente stridula scappando sù per le scale.

E mentre una urlava e correva nel cortile e l'altra urlava facendo sù e giù per le scale a me non restava che imitarle.

Gridavamo come pazze svegliando tutto il palazzo e senza voglia di smettere.

Poi di colpo, silenzio.

《Greta... è Leonardo... il cugino di Giulia.》

Ci guardammo tutte e tre incredule e basite.

《Ma sei scemo o cosa? Ma è modo di parlare da solo per la strada?》

Scoppiammo tutte a ridere per lo stupido spavento, lui neanche ben capiva cosa fosse successo ma noi ridevamo e ridevamo,
filava tutto liscio finché...

《GRETAAA!》

Una voce molto, molto, molto severa buttò un urlo dal balcone e adesso la pipì addosso me la stavo facendo io.

《Sali immediatamente, sbrigati.》

Mandai via i miei amici ancora tra le risate, poi, immergendomi nel coraggio iniziai a salire le scale verso mia madre.
Non nego che avevo più paura ad affrontare lei che mentre urlavo.

Quelle scale furono infinite credetemi e anche la parte dopo con tutte quelle stupide raccomandazioni e quei benedetti rimproveri mentre noi ci eravamo divertite fin troppo.

Andando a letto risi ancora, e poi ancora, e rido tuttora pensando alle facce di quelle povere ragazzine a quello scemo di Leonardo.

Vorrei rivederle, invitarle di nuovo nel mio portone.

Ma la fantasia non è più di casa,
tutte queste strade che dividono,
e loro che ne hanno prese altre.

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Insomma qualcosa di positivo c'è nella vita di Greta, spesso le amicizia rendono tutto migliore, soprattutto quell'infanzia costretta tra i banchi di scuola.
Vi è piaciuto questo racconto?
Fatemi sapere o datemi consigli.
Cosa accadrà domani a Greta?
😉
Grazie ancora di leggermi.😙

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