Gianluca si accasciò a terra disperato, seguito dai suoi due colleghi. Mille dubbi, mille perplessità gli ronzavano in testa.
«Non è possibile, ragazzi. Non è possibile» bofonchiava. «Cosa c'entra mio padre, cosa c'entra?! Io ho il diritto di saperlo, maledizione.»
Si alzò di scatto iniziando a camminare su e giù per l'area, nervoso come forse non lo era mai stato.
«Se quel tizio ha fatto il nome di mio padre prima di morire un motivo ci sarà. E se mio padre avesse a che fare con la sua uccisione?»
«Impossibile, Gianlù» cercò di tranquillizzarlo Piero. «Al massimo Lentini avrebbe voluto avvertirlo di qualcosa o ricordargli qualcosa, se davvero si conoscevano così bene.»
«Anche se fosse così, sarebbe stato comunque il caso di sapere cosa» rifletté Gianluca, rivolgendo lo sguardo verso il cadavere del barista.
Si fidava di suo padre, l'assassino non poteva di certo essere lui. La sua famiglia non aveva problemi con nessuno, o almeno così sembrava, e in ogni caso Ercole non si sarebbe mai e poi mai vendicato con l'omicidio. Non ne sarebbe mai stato capace, non era nemmeno una persona violenta.
«Puoi sempre chiederlo a tuo padre quando torna, no?» osservò Ignazio. «Sono sicuro che non ci sia niente di grave di mezzo.»
«Speriamo, Ignà. Speriamo.»
In quel momento il veicolo di Torpedine fece di nuovo il suo ingresso nel parcheggio, e a bordo vi erano sia lui che Ercole.
«Dove siete stati?» esordì Piero perplesso, non appena i due scesero. «Non dovevate telefonare alla polizia e chiamare un'ambulanza?»
«L'ambulanza sta arrivando. Per quanto riguarda la polizia, invece, ci abbiamo provato più volte, ma nessuno ha risposto» spiegò Michele.
«Così abbiamo deciso di raggiungere la stazione di polizia più vicina per fare un ulteriore tentativo» si inserì Ercole. «Ma l'abbiamo trovata chiusa. Vi sembra possibile? A Natale tutti in vacanza, eh, anche le forze dell'ordine!»
«Nessuno svolge il servizio notturno durante la vigilia?» si sorprese Barbara.
Michele scosse la testa. «Ebbene no.»
«Ma vi sembra normale?» commentò Piero, adirato. «Siamo negli Stati Uniti, porca miseria. Potrei anche capire se fossimo in Italia, ma in America una cosa del genere non si può sentire!»
«E adesso che facciamo?» chiese allora Gianluca.
«Non possiamo fare altro che aspettare la mattina, nella speranza che il venticinque dicembre siano operativi. Ora non ci resta che aspettare l'arrivo dell'ambulanza e riferire l'accaduto in albergo» concluse Torpedine, in tono seccato.
I ragazzi annuirono, girandosi verso il corpo senza vita di Alfonso Lentini. Ercole e Michele non erano ancora al corrente della sua morte.
«Ehm... Mentre voi eravate via, il signor Lentini si è svegliato per poi chiudere gli occhi pochi minuti dopo. Purtroppo non ce l'ha fatta.» Ignazio informò i due con voce tremante.
«... Ah.»
***
«Com'è potuta avvenire una cosa del genere? Mi meraviglio del fatto che nessuno di noi abbia sentito niente, eravamo nel pieno della cena qui!»
«C'è da dire che l'assassino ha saputo agire al momento giusto.»
Nella hall del New York Edition, Michele e Barbara stavano raccontando per filo e per segno la loro esperienza al proprietario dell'hotel, il signor Douglas, che non poteva credere alle sue orecchie.
«Un omicidio nel parcheggio di un hotel a cinque stelle! Ed è terrificante pensare che sia proprio il mio hotel» commentò nervoso lisciandosi la barba, ormai grigia e infoltita. «Bisogna assolutamente trovare il colpevole, e anche in fretta.»
«Si fidi, vedere che proprio la notte di Natale la polizia è in vacanza è altrettanto terrificante» assicurò Torpedine, esterrefatto. Fortuna che entrambi i manager se la cavavano bene con l'inglese.
Una voce femminile si unì alla conversazione.
«Io l'ho sempre detto che dovremmo installare delle telecamere anche nel parcheggio! Abbiamo telecamere ovunque, a momenti persino nei bagni, e non nel parcheggio. Direi che è tempo di provvedere, signor Douglas.»
A prendere parola era stata Kimberly Roberts, detta Kim, come recitava il cartellino che aveva appuntato sulla divisa. Era una delle receptionist dell'albergo: sulla trentina, alta, magra e affascinante, avrebbe potuto tranquillamente fare la modella. La sua carnagione ambrata risaltava in contrasto con i colori chiari del suo abbigliamento da lavoro, mentre una cascata di ricci neri le ricadevano morbidi sulle spalle. Le labbra, tinteggiate di un rosso scuro, si aprivano in un sorriso di sfida nei confronti del suo capo.
«Ho sempre pensato che installare delle telecamere anche nel parcheggio fosse esagerato» ammise Douglas. «Ma purtroppo a questo punto devo ricredermi e dare ragione a te, Kim. Provvederemo il prima possibile affinché non si ripetano episodi del genere.»
Kim sorrise soddisfatta, per poi rivolgersi ai due manager. «Grazie di averci avvisati subito, comunque.»
***
Nel frattempo, Ercole e i ragazzi de Il Volo avevano ripreso l'ascensore per tornare nelle rispettive camere e avere un po' di tregua dopo l'esperienza di quella notte. Proprio allora, prima di dividersi, Gianluca aveva fermato suo padre per fare chiarezza su quanto accaduto poco prima.
«Papà, aspetta. Ti devo parlare.»
Ercole sembrava più tranquillo che mai, quasi sorpreso dalla dichiarazione del figlio. «Dimmi, Gianluca.»
I due si ritirarono nella stanza di Gianluca, dove lui iniziò a raccontare.
«Vedi, mentre tu e Michele non c'eravate è successa una cosa inquietante. Ma che dico, inquietante è dire poco.»
«Cioè?» Il padre ci capiva sempre meno.
«Praticamente Alfonso Lentini è rinvenuto per qualche momento, prima di morire. La prima persona che ha visto sono stata io perché ero proprio di fronte a lui, e mi ha riconosciuto subito chiedendomi conferma del fatto che fossi tuo figlio. Io ho detto di sì e poi ha iniziato a dirmi qualcosa su di te, ma non ci riusciva proprio, era troppo debole. Tuo padre... Tuo padre... stasera..., e poi è morto. Ora, papà, ti faccio solo una domanda: hai idea di cosa volesse dire?»
Dopo il racconto di Gianluca, Ercole sbiancò e si ammutolì all'istante, spostando nervoso lo sguardo da una parte all'altra della stanza ed evitando di guardare il figlio negli occhi.
«Papà?» ripeté lui.
Ercole si ridestò di colpo dal suo stato di confusione, prese un respiro profondo e pronunciò parole alquanto vuote.
«Gianluca, te ne parlerò più in là. Ma stai tranquillo, io non ho a che fare in nessun modo con la sua morte.»
«Ma io vorrei capire...»
«Ripeto, non devi preoccuparti di niente, non ne hai motivo. Ne parleremo più avanti, davvero, adesso non mi sembra il caso.»
«Ma papà...»
«No, Gianluca, non insistere.» Ercole si alzò dal letto del figlio, per poi raggiungere la porta. «Devi solo stare tranquillo, ok? Buonanotte.»
***
Stavolta ho pubblicato di pomeriggio, perché stasera credo che saremo tutti impegnati a guardare House Party! Giusto? :')
Bene, che ve ne pare dello sviluppo della faccenda? Avete altre ipotesi?
Grazie a tutti voi che seguite la storia e appuntamento a martedì con il prossimo capitolo! ❤
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Notte silente || Il Volo
FanficNew York, Dicembre 2016. È la sera della vigilia di Natale e, in occasione di un importante concerto natalizio, i ragazzi de Il Volo hanno l'opportunità di esibirsi per la prima volta al Madison Square Garden. La serata, però, non si conclude in tra...