4-Un gioco pericoloso

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Stavamo camminando quando il mio sguardo incrociò per un attimo il suo: aveva degli occhi bellissimi, di un verde particolare; purtroppo i miei di occhi non erano in grado di guardalo per un tempo prolungato, così spostai la visuale sul suo corpo ma il mio gesto non migliorò la situazione: notai che si era messo una camicia aderente nera, sbottonata sul colletto, dei jeans strappati del medesimo colore e delle converse alte; era riuscito ad essere di classe nonostante il suo stile. Era stupendo. Non era neanche eccessivamente elegante, lo adoravo! Ma in generale adoravo tutti i maschi che riuscivano a vestirsi senza usare una tovaglia come camicia ecco... Così non resistetti a fargli dei complimenti

«Rick... stasera stai proprio bene!» gli dissi sfoderando uno dei miei sorrisi migliori. Mi guardò sbattendo le sue lunghe ciglia

«Mai quanto te Elison...» aveva sparato una cazzata pazzesca, ma sul serio lo aveva detto?

«Riccardo per favore non sparare cavolate!» Cercai di essere più ironica possibile, ma sotto sotto c'era un filo di verità. Non avevo molta stima di me e soprattutto non mi apprezzavo, anche se fossi una fra le più dotate al mondo riuscivo sempre a trovare qualcosa che in me non andava... Diciamo che ero una "perfezionista"(?)

Arrivammo al "costa Smeralda" dopo circa 10 minuti, in cui non ci scambiammo parola per via dei miei pensieri ed entrammo dalla porta principale. Eravamo al numero 23, su un tavolo posizionato al centro dell'aula in corrispondenza della cucina. Ci avevamo messo mezz'ora a trovarlo, e quando finalmente eravamo riusciti ad identificarlo ci affrettammo  per prendere gli ultimi due posti rimasti liberi. Io ,come sempre d'altronde, rimasi fregata.

Riccardo riuscì a prendere il posto tra mio fratello e Francesco, quello che volevo io. Purtroppo a me toccò di stare tra Lorenzo e Matteo, nonostante le suppliche che feci. Porca miseria... vicino a Lorenzo no... Una parte di me voleva andarsene, ma un'altra ne era entusiasta, almeno avevo la possibilità di conoscere meglio il signor Paggi. Mi finsi rassegnata e cercai sempre di evitare un contatto visivo con Lorenzo, per non rimanere imbambolata a fissarlo senza dire nulla, facendo una delle mie solite figuracce. Ne ero benissimo capace, conoscendomi. Arrivato l'antipasto iniziammo tutti a mangiare.

Lorenzo non mi rivolse parola durante tutto il servizio, giustamente era impegnato a fare delle conversazioni migliori con gli altri. Ad un certo punto, sussurrò qualcosa all'orecchio di Francesco ed entrambi si misero a ridere lanciandomi frecciatine imbarazzanti. Abbassai lo sguardo per mantenere una sorta di autocontrollo, che purtroppo stava vacillando sempre di più... che cosa stavano tramando? Non ci feci molto caso, volevo godermi il pasto senza fare troppe paranoie.

La cena continuò e il tempo passò tra chiacchiere e risate; chiesi a Yuri dove fossero i nostri genitori e venni a sapere che avevano un tavolo al "Portofino" l'altro ristorante della nave...giustamente volevano un minimo di privacy, senza rotture di scatole... Avrei voluto anche io un tavolo tranquillo

«Regà... in discoteca servono snack e bibite gratis alle 23.30 per l'accoglienza giovani... andiamo?» propose Edoardo. Finalmente una proposta decente. Non ce lo facemmo dire due volte, ci alzammo dal tavolo e corremmo verso l'ascensore per andare al ponte 4, dove c'era la disco. Passammo a fianco al casinò della nave, stracolmo di gente intenta a vincere qualcosa, o alle slot-machine o alla roulette. Una volta entrati mi sentì subito a disagio, non ero tipo da discoteca frenetica, e ci offrirono una lattina di Coca-Cola e una ciotola di patatine. Nonostante tutto il cibo mangiato al ristorante riuscimmo a mangiare anche quelle.

Ci sdraiammo letteralmente sui divani del locale e verso la mezzanotte la discoteca iniziò ad animarsi. Nonostante il mal di testa, mi sentivo abbastanza rilassata, ma quella pace venne spezzata da un tocco di qualcuno, che mi scostò i capelli scoprendo la nuca. Riccardo. Il suo gesto mi fece venire i brividi su tutto il corpo e perciò rimasi rigida, senza muovere un muscolo. Il mio subconscio però aveva una voglia irrefrenabile di saltargli addosso.

EMBRACE YOUR LOVE || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora