Capitolo 4

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Il mio amato caffè mattutino sorseggiato lentamente davanti alla finestra venne sostituito con novanta centesimi aggiunti al mio portafoglio; a malincuore lasciai casa a stomaco vuoto.
Francesco sapeva quanto io odiassi il traffico quindi si fece trovare sotto il mio appartamento prima del solito con la macchina accesa e la musica a palla: lo vidi dal cancello appoggiato alla portiera della macchina con una sigaretta tra le labbra e pensai al canone di perfezione universale di cui lui non faceva minimamente parte ma era il suo non essere perfetto per gli altri che lo rendeva perfetto per me

Forse...
No.
Non potevo cedere alle tentazioni.
Avrei rovinato tutto.
Dove lo avrei trovato un altro produttore così bravo e un altro amico così fidato?

Chiusi il cancello dietro di me e lui alzò lo sguardo gettando a terra quasi mezza sigaretta: "Buongiorno" dissi a bassa voce avvicinandomi all'auto, lui mi guardò quasi sorpreso e mi aprì la portiera con un gesto teatrale. Salii e aspettai che anche lui fosse seduto poi abbassai la musica guardando la strada davanti a noi: "Qualcuno qui ha il ciclo oggi, si può parlare o rischio il linciaggio?" disse lui sogghignando "Non ho il ciclo, stupido" risposi dandogli un pugnetto sulla spalla. Francesco fece una pausa e io rimasi immobile per paura di averlo in un qualche modo irritato infatti lui continuò estremamente serio: "Ieri ti sei studiato bene la sesta traccia? Ti ho lasciato un biglietto in cucina". Io raddrizzai bene la schiena sul sedile e risposi: "Si, l'ho visto. Ci ho lavorato un po' su ma ero stanco". Il resto del viaggio fu muto con il lieve sottofondo della sua musica elettronica e ciò mi mise molta agitazione; arrivai in studio nervoso e in quel momento potei dare ragione a Francesco...avevo il ciclo!

Dalle prime tracce registrate quel giorno la mia voce tremava ed era udibile anche da un orecchio non allenato. Facemmo una pausa verso le dieci: lui si getto sul divano con il telefono mentre io mi sedetti sulla sua sedia davanti al pc iniziando a girare su me stesso con il naso per aria. Tossii per attirare la sua attenzione e senza aspettare che i suoi occhi si posassero su di me iniziai a parlare: "La mia coinquilina mi ha detto che c'è un bel locale qui a Verona su una terrazza panoramica. Potremmo andare stasera se ti va; ho cercato su internet e non è molto distante" lui mugolò qualcosa poi si sedette composto posando il telefono sul divano "Tu in discoteca Michele?", io imbarazzato risposi con le parole bloccate in gola "Sì fa ridere ma almeno passiamo una serata diversa dal solito".
Francesco si alzò e si appoggiò alla scrivania vicino a me "Se ti va..." continuò lui "anche io conosco un locale carino: non è movimentato come una discoteca ma ci si diverte comunque". Io annuii perso a fissare la sua persona accanto a me. Lui posò una mano sulla mia spalla e mi guardò con il solito sorrisetto dicendo beffardo: "Torniamo a lavorare anima della festa?", io sorrisi abbassando lo sguardo e alzandomi dalla sua sedia. Prima di prendere il mio posto Francesco mi diede una pacca sul sedere facendomi sussultare; il mio viso divenne rosso e in un secondo mi nascosi il volto nelle mani mentre la sua risata riempiva la stanza.
Mi infilai le cuffie e mi schiarii la voce ma alle mie orecchie non arrivò nessuna melodia: mi voltai verso Francesco che mi stava osservando con le gambe accavallate e la schiena attaccata allo schienale: "C'è qualcosa che ti turba, Michele?".

Un peso enorme si pose sul mio petto e senza accorgermene le mie labbra sibilarono un "Si". Rimasi a fissare il vuoto e in un secondo ritrovai di nuovo il mio produttore a qualche centimetro da me che con le mani afferrò le mie cuffie ai poli e le spostò adagiandole morbidamente sul mio collo.

Perchè stava minando in quel modo i miei freni inibitori?
Non era mai stato così tanto vicino a me come in questi giorni.
Verona ebbe un effetto strano su di lui, ma anche su di me.

"Michele mi stai ascoltando?" Francesco schioccò le dita davanti ai miei occhi...cazzo mi ero distratto di nuovo!
"Stavo parlando proprio di questo: ti distrai di continuo in questo ultimo periodo. C'è qualcosa che ti turba? Vuoi che ne parliamo?"

Se gli avessi detto la verità avrei dovuto spiegargli dei miei dubbi di cui lui era l'artefice e il cielo ci sarebbe caduto addosso con tutto il peso dei suoi colori vivaci, se gli avessi mentito sospetto che se ne sarebbe accorto comunque cercando di analizzarmi in silenzio come fa sempre.

Mi limitai a scuotere il capo riprendendo le cuffie ma subito venni bloccato dalle sue mani sulle mie che riportarono le cuffie dove erano state posate prima.
Un brivido corse lungo la mia spina dorsale facendomi tremare le ginocchia.
Lui si inumidì le labbra e disse "Te lo dico ma non te la prendere Michi: le tracce che abbiamo registrato oggi fanno schifo, ci deve essere per forza qualcosa che non va. Se ne vuoi parlare con me sono qui ad ascoltarti altrimenti ti posso lasciare libero questo pomeriggio per...rilassarti. Solo questo pomeriggio però! Dobbiamo sfruttare al meglio il tempo che abbiamo a disposizione e magari tornare a Milano con tutte le voci finite". Con una smorfia in volto mi tolsi le cuffie dal collo e feci un passo indietro: sapevo che Francesco non aveva molti peli sulla lingua e che tutto ciò che diceva o faceva non aveva un minimo di cattiveria ma sentire che il mio lavoro faceva schifo, anche se effettivamente era così, mi faceva male.
In silenzio ripresi i miei fogli sulla scrivania e li infilai nello zaino forse in modo troppo brusco. Prima di uscire dallo studio venni richiamato da Francesco; lui parlò ma io non mi girai a guardarlo: "Michele, prova a riguardarti le tracce di oggi. Ti passo a prendere verso le...sette e mezza?". Uscii tirandomi la porta alle spalle. Per tornare presi un bus e fortunatamente era poco affollato. Passai il pomeriggio a camminare nervosamente tra cucina e camera da letto.

Ti passo a prendere verso le sette e mezza
Ti passo a prendere verso le sette e mezza
T i p a s s o a p r e n d e r e v e r s o l e s e t t e e m e z z a

Queste parole mi stavano mandando in paranoia più di quanto non lo facesse l'idea stessa che Francesco mi venisse a prendere per portarmi chissà dove. Una frase così semplice con un tale peso.
Mi feci una doccia, mi asciugai i capelli cercando di dargli una forma decente e mi bloccai davanti alla valigia: optai per dei semplicissimi jeans attillati neri e, non conoscendo il locale in cui mi avrebbe portato Katoo, la solita maglia nera con una giacca nera che avevo portato per le occasioni speciali.

Total black, snellisce.

Il tempo sembrava non voler passare per farmi un dispetto.

A forza di fissarmi allo specchio arrivarono finalmente le 19.30 e di seguito il puntuale suono del campanello.

Corsi giù dalle scale come se da quello dipendesse la mia sopravvivenza e arrivai di lui con la mia solita goffaggine che mi contraddistingueva; ci misi pochi secondi a constatare che quella sera il mio produttore era veramente bellissimo: aveva lasciato gli occhiali a casa, indossava una candida camicia bianca che contrastava il suo sorrisetto malizioso specchio della sua anima. Lo abbracciai e in quel secondo aspirai il suo profumo beandomi della vista spettacolare del suo collo.

Non feci troppe domande sebbene le mie curiosità fossero molte; dopo appena cinque minuti fummo già davanti al locale deciso da Francesco: già da fuori era visibilmente un locale molto chic pieno di persone sia fuori che dentro ed tutto era visibile grazie alle sottili pareti di vetro.

Entrò prima lui e io lo seguii tappandomi le orecchie per la musica troppo alta. L'atmosfera dalle luci soffuse era piacevole e tutto sembrava andare per il meglio.

The Other Riverbend   #mikatooDove le storie prendono vita. Scoprilo ora