Capitolo 5

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Dresda, 16 giugno 1731

Maria Amalia stava seduta in disparte, troppo piccola per partecipare ai discorsi che sua madre intraprendeva con le amiche di corte, ma abbastanza grande da udirli e farne tesoro.

Era accanto alla finestra, gli occhi azzurri puntati con insistenza alla tazza di porcellana Meissen che teneva tra le mani e dalla quale proveniva un forte odore di limone e mela.
Adorava quel profumo.

"Principessa, avete saputo che cosa è successo alla duchessa di Parma?" sentì dire alla contessa, fingendo ovviamente di non badarci.

"Credo di non esserne informata" rispose la principessa sorseggiando il proprio infuso.

"Come potete non saperlo?" la contessa fece una breve pausa nel tentativo di trattenere la sorpresa, "è stato un tale affronto."

"Il ducato di Parma non è tra i miei interessi" replicò Maria Giuseppa, infastidita dal tono della donna.

"Ma il regno di Spagna sì, a quanto ricordo" continuò la contessa senza lasciarsi intimidire dalla reazione della principessa.

"Spagna dite? Certo, la Spagna mi interessa molto, di che cosa si tratta, raccontate" la incitò accesa tutta ad un tratto dalla curiosità.
Amava conversare e provava un certo desiderio di conoscenza negli avvenimenti altrui. Se fosse stata una semplice donna del popolo sarebbe stata definita pettegola, ma nella sua posizione, quel desiderio di conoscenza era un'arma politica. Molto spesso le notizie più interessanti giungevano prima nei salotti delle regine che nei saloni dei re.
Come questo fosse possibile era davvero un mistero.

"A quanto sembra, la regina Elisabetta Farnese ha fatto in modo che la duchessa si sottoponesse a una ispezione corporale" spiegò sottovoce, ma quella rivelazione arrivò nitida alle orecchie della piccola, che acuì l'udito per scoprire oltre.

Un moto di ribrezzo fece sussultare la giovane baronessa Kradell, "Come può una donna fare un simile torto ad un'altra?" chiese portandosi una mano alle labbra.

La principessa si volse a guardarla infastidita, odiava quella vocina infantile, quegli occhi verdi così vivi, quella pelle liscia e luminosa e quel corpo esile così diverso dal proprio.

Esatto, le era insopportabile alla vista, ma non poteva fare molto contro il volere del marito che tanto aveva insistito per averla a corte.

"Certo che voi non potete capirlo" la zittì dura "una regina non è una donna, è un simbolo, è il regno e i suoi doveri vanno ben oltre i suoi voleri."

"Non volevo..." balbettò la giovane abbassando lo sguardo, "parlavo per empatia..."

"E ditemi, dove è la vostra empatia quando dormite con un uomo sposato?"

La baronessa arrossì.

"Credevate non sapessi?" domandò ironica.

Il colpo di tosse della contessa catturò l'attenzione della futura regina di Polonia, la vide indicare con lo sguardo alle sue spalle e ricordò la presenza della figlia. Espirò l'aria per far fluire la rabbia e tornò al discorso precedente come se niente fosse successo.

"Contessa, continuate pure."

"Da quello che so, la regina non si è arresa al testamento dello zio che lasciava tutto al ventre pregnante e ha voluto accertarsi che fosse realmente incinta" fece una pausa teatrale "sapete vero che nel caso in cui il bambino morisse oppure fosse femmina, il ducato passerebbe nelle mani del suo primogenito Carlo Sebastiano di Borbone?"

"Sì, ero a conoscenza del trattato" rispose Maria Giuseppa, "e qual è stato il verdetto?"

"Incinta, non v'è dubbio!"

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