Capitolo III

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Tutto era buio e l’aria pesante, come se in quella stanza non fosse presente ossigeno. L’unica luce proveniva dalla fessura di una porta. Questa, come per magia, si schiuse e lui si avvicinò, stando attento a non fare rumore. Quello che vide era sfuocato, ma riuscì comunque a distinguere una sagoma distesa a terra agonizzante. L’odore di quella stanza invece era acre, peggiore del precedente.
“ORA BASTA, PICCOLO MOCCIOSO, ADESSO TI FINISCO UNA VOLTA PER TUTTE…” urlò in quel momento una voce dolorosamente familiare.
Era suo padre e lo aveva scoperto: voleva scappare ma non ci riusciva, cercava di muovere i piedi, ma restavano incollati al pavimento. Un primo schiaffo arrivò, poi un altro e un altro ancora. Ora la guancia aveva perso la sensibilità, non sentiva nemmeno le lacrime che vi scorrevano sopra e poi giunse il colpo di grazia, che lo fece cadere a terra. Tutta la stanza girava e sentiva solo quell’odiata voce maschile.
“Sarai sempre un fallito, non meriti amore e non riuscirai mai a concludere niente, figurarsi se diventerai padre cosa farai un giorno… anzi so cosa farai, scapperai come un codardo, sarai proprio come me.”
Quelle parole lo stavano uccidendo, martoriando con la loro crudeltà. Cercò di dimenarsi e muoversi, ma ad un tratto diventò tutto buio, facendogli cessare ogni accenno di protesta.
Piton si svegliò di soprassalto, ansimante per l’incubo appena avuto. Si passò una mano sul volto e scoprì che le sue guance erano bagnate: evidentemente non aveva pianto solo nel sogno…
Guardò al suo fianco e per fortuna non aveva svegliato Anastasia. Era ancora notte fonda, erano circa le tre e decise di alzarsi per schiarirsi le idee, perché quell’incubo era stato terribile. Solitamente sognava i periodi oscuri di quando era un mangiamorte, ma mai la sua infanzia. Gli rimbombavano ancora nella testa le parole crude e acide di Tobias, magari aveva ragione…
Anche se era notte fonda prese un bicchiere dal tavolino vicino al caminetto e si versò del Whiskey Incendiario, sedendosi poi sul divano e prendendo un lungo sorso del liquido ambrato. Chiuse gli occhi mentre il liquore scorreva nella sua gola, e cercò di liberare la mente da quegli inutili pensieri, insolenti come le zanzare.
Il tentativo fallì e si ritrovò quindi con la testa fra le mani, per riuscire almeno a regolarizzare il suo respiro e il suo battito.
Stette lì a rimuginare per un tempo che parve infinito: non era da lui fare quel tipo di incubi, forse era colpa della giornata piena di novità che aveva avuto…. Ormai il sonno se ne era andato completamente, era da quasi due ore che se ne stava lì seduto a pensare a qualcosa di sensato per cancellare tutte le paure che lo tartassavano, ma quella volta sembrava una mission impossible.
~☆~
Mi svegliai che era ancora presto, a causa del freddo, infatti era quasi tutta scoperta. Strano, di solito c’era Severus a tenermi calda oltre alle coperte, ma girandomi vidi che non c’era nessuno. Ma dov’era a quell’ora? Mi alzai con molta fatica e con molto sonno, ma dovevo assolutamente scoprire dov’era Sev e soprattutto perché non era a letto che dormiva.
Arrivai alle scale e lo vidi seduto sul divano con un bicchiere vuoto in mano, che fissava il vuoto. Probabilmente non si era nemmeno accorto di me.
Lo raggiunsi, ma comunque rimase immobile, come se non fosse arrivato nessuno.
“Severus, come mai sei qui?” gli domandai dopo che mi fui seduta sul divano.
“Non riuscivo a dormire.” Rispose secco lui, stringendo però il bicchiere che aveva tra le mani.
Aveva bevuto del Whiskey, ma non molto, solo un bicchiere, perché la bottiglia era ancora piena. Doveva essere successo qualcosa di particolarmente traumatico per averlo indotto a bere di notte, infatti non amava in modo spropositato l’alcool. Normalmente beveva un goccio di Whiskey per rilassarsi nel dopocena.
“Hai avuto un incubo?” feci io, cercando di capire cosa lo affliggesse mentre gli prendevo il bicchiere e lo appoggiavo sul tavolino.
“Sì.” Disse Sev, non dilungandosi di più.
Questa volta era peggio delle precedenti, perché non voleva nemmeno parlarne dal suo tono di voce, e da questo capii che non si trattava del suo passato da Mangiamorte, bensì di qualcos’altro che non aveva nemmeno il coraggio di affrontare. Però lo avrei fatto confidare, perché doveva assolutamente togliersi quel peso dallo stomaco.
“Non riguardava Voldemort giusto?” chiesi per conferma, e ormai mi ero fatta una vaga idea. Se non era la guerra, quale altro evento traumatico poteva averlo scosso? La sua famiglia.
Lui scosse la testa e non parlò nemmeno, forse dovevo tranquillizzarlo un po’ prima.
Mi sporsi verso di lui, avvicinandomi così con tutta la mia stazza da balenottera in rapida crescita e gli misi una mano sulla guancia, posandogli poi baci leggeri sulla tempia. La mia terapia stava funzionando perché sentivo che pian piano si stava rilassando con il mio tocco e gli feci voltare il viso, in modo da dargli un bacio a fior di labbra. Dopo che mi fui staccata lo guidai verso di me, facendogli appoggiare la testa sulla mia spalla, continuando nel frattempo a carezzargli i capelli. Continuai così per cinque minuti buoni, e quando Severus si sentì pronto, iniziò a parlare senza che gli domandassi niente.
“Ho sognato mio padre che mi picchiava, non serve che aggiunga altro.” Commentò lui con tono freddo, come se si vergognasse di quello che aveva appena detto.
Io lo strinsi può forte, sussurrando un mi dispiace al suo orecchio, e coccolandolo di nuovo, dato che avevo smesso da quando aveva iniziato a parlare. Certo che doveva essere molto difficile per lui esporsi su un simile argomento e non me la sentivo di domandargli qualcosa in più, quindi stetti zitta ad abbracciarlo.
Dopo alcuni minuti si alzò, mettendosi in ginocchio di fronte a me e prendendomi le mani, dandomi poi un bacio sulle nocche.
“Anastasia, non credo di essere pronto a diventare padre. Mi dispiace.” Disse lui, osservandomi negli occhi in cerca di risposte. 
Gli sorrisi. In fondo stavo aspettando questa confessione da quando gli avevo detto di essere incinta. Mi aveva sorpreso: non pensavo sarebbe durato così tanto prima di dirmelo. Sapevo che sarebbe successo, in fondo già una persona senza problemi d’infanzia con l’arrivo di un bebè si sarebbe posta delle domande, figurarsi Severus con il suo passato…
“Secondo me invece sarai un magnifico papà che si prenderà cura di sua figlia con tutto l’amore presente in questo mondo.” Affermai convinta, ritrascinandomi Sev sul divano.
“E se mi odiasse come io odiavo mio padre? Non me lo perdonerei mai…” ribatté lui, posandomi una mano sul ventre e sospirando.
“Perché dici questo? Mi dici perché dovrebbe odiarti?”
Va bene non essere pronto a fare il padre, ma arrivare a pensare che sua figlia l’avrebbe odiato no eh!
“Non lo so nemmeno io…” concluse Severus, accarezzandomi il pancione.
“Sev, ascoltami. Sarai perfetto, i bambini hanno bisogno d’amore e a te di certo non manca questo sentimento. Ho paura anch’io, ma è normale, è pur sempre una nuova avventura, no?” finii io, per poi baciarlo.
Lui ricambiò con dolcezza e mi fece alzare prendendomi per mano, e mi riportò in camera, dove si distese subito dopo di me.
“Grazie.” Mi disse mentre rimboccava le coperte.
“Di niente.” Gli risposi accoccolandomi al suo petto, per quanto il ventre rotondo lo permettesse, addormentandomi pochi minuti dopo.

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