Ore dieci e trenta minuti. Un orario anonimo e senza connotazioni particolari.
Una luce scialba inonda la strada, riempie i parcheggi vuoti fatti di asfalto e alberi cupi, di polvere e bottiglie in frantumi.
Al semaforo le auto aspettano, le persone aspettano. Le attese si allungano come ombre sottili al crepuscolo.
Livia distoglie lo sguardo dalla finestra, un moto brusco che connota un nervosismo senza destinatario, che si dissipa senza colpire.
Ha origine da qualche parte nella sua mente, ma sedimenta per poco, l'impulso subitaneo dai nervi sfocia nei muscoli del suo bel ventre, delle sue gambe piene e tonde.
Il suo sguardo chiede ascolto, chiede una tregua invisibile e silenziosa, acquista fascino e lo perde in fretta, vibra quasi, respira a scatti, a intermittenza.
Si siede, sposta la sedia dalle lunghe gambe di alluminio, solletica il pavimento della cucina.
Il cellulare tra le mani, il silenzio goffo che la avvolge sembra obbligarla a fare qualcosa. Giocherella con le dita, batte con veemenza sulla superficie solida del tavolo. Rintocchi sordi e sghembi si ripercuotono nella stanza.
Dalla tasca dei jeans prende l'accendino. Una fiammella emerge flebile e quasi astratta sotto lo sguardo fluido di Livia. Vi accosta la sigaretta e inspira portandosela alle labbra.
Marco si sveglia sempre alle 10:30 quando non ha nulla da fare e può permettersi di dormire un po' di più.
Sdraiato sul suo letto a due piazze, incastrato come un pesce dentro la rete, se ne sta avvolto nel piumone, quasi del tutto immobile.
Il silenzio della casa è rotto dai passi furtivi della vicina del piano di sopra che di tanto in tanto si muove a scatti passando da una stanza ad un'altra come se fosse in fuga.
Ma in fuga da cosa?
Marco se lo chiede mentre mette su la caffettiera e guarda fuori, bel tempo di merda, pensa. L'ennesima giornata di sole nascosto dietro spesse nubi grigiastre.Livia spegne la sigaretta dentro il posacenere di finto avorio, che ricorda finti desideri africani. Un solco sul suo viso si anima, un sorriso strano le fiammeggia tra gli zigomi sollevati e maturi come frutti esotici.
Il cellulare emana bagliori cerulei che si scontrano con i polpastrelli di Livia, simili a vivaci serpenti intenti a studiare la preda.
- C'È UNA NUOVA NOTIFICA -
Livia scorre con il dito sui bordi del cellulare, forse intimorita dal contenuto della notifica ignota.
Temporeggia senza distogliere lo sguardo infilatosi nella rete astratta creata dal dispositivo, una rete fatta di promesse e attese, illusioni e sensazioni simbolicamente concentrate dentro pochi pollici di superficie liscia e piatta.Marco versa il caffè nella tazzina. Dopodiché adagia, quasi con sacra deferenza, la caffettiera carica di liquido caldo e fragrante al centro del tavolo, su un quadrato di sughero già marchiato da scottature circolari.
Livia osserva nuovamente fuori, in un andirivieni di occhiate furtive il suo sguardo alimenta speranze e drammi ai quali nessuno potrà mai assistere.
Il silenzio solennemente sciatto di quell'istante abbraccia i suoi pensieri."È ora che tu muoia"
È questione di un istante, dalla canna del fucile di precisione si leva un proiettile affusolato e stretto. La sua traiettoria è semplice, dritta e senza complicazioni.
Il suono è attutito dai rumori del traffico, dai respiri delle multinazionali che si riversano dai televisori, dai divari generazionali che istigano l'innalzamento del volume della voce, dal latrare di cani invisibili che abbaiano in memoria di istinti declassati, dai passi di una vicina nervosa di prima mattina.- HAI FINITO IL LAVORO? -
- SÍ -Si tratta sempre di compiere delle scelte. Se non le compiamo noi, sono loro a compiersi fuori dal nostro controllo, il tempo non si ferma per nessuno.
Questo Livia lo sa bene e sa che deve sempre compiere la scelta più giusta, o almeno più giusta per lei.
E deve farlo dannatamente in fretta.
Marco non sente nemmeno arrivare quella pallottola che corre a folle velocità verso di lui, che lo cerca disperatamente, che ne reclama il sangue, che ne vuole assaggiare le carni.
Era da una settimana che gli stava dietro. In particolare però quello era il terzo giorno che Livia spendeva chiusa in quell'appartamento angusto ad aspettare il momento giusto, perché bisogna essere sicuri di non sbagliarsi, non si può fare un errore del genere.
Aveva dormito dentro un sacco a pelo posizionato di fronte alla finestra del salotto (dal quale aveva una visuale perfetta sull'appartamento di Marco), aveva fumato dodici pacchetti di sigarette, molte delle quali erano rimaste appoggiate a bruciare, come incensi sacri, sul bordo frastagliato del posacenere mentre altre venivano fumate a intervalli regolari. Aveva consumato quasi dieci pacchetti di patatine, nei momenti in cui non poteva abbandonare la postazione, aveva dovuto pisciare dentro una scodella tristemente macchiata di ruggine sul bordo superiore di uno dei due manici. Aveva ripensato spesso a questo futile dettaglio. Aveva tenuto talmente tanto d'occhio Marco, che ormai per lei ogni suo movimento era più che prevedibile, riusciva a leggere le sue intenzioni da come entrava in una stanza, riusciva a percepire il suo stato d'animo da come disponeva i piatti sul tavolo, dal modo in cui si toglieva le scarpe, poteva intuire il tenore della sua giornata dall'ora in cui prendeva sonno e si sentiva strana quando portava una donna in casa ed era capitato ben due volte, in quei tre giorni.
Ma non le interessava di lui, non ci teneva, non temete... non ci si era affezionata. Per lei era semplicemente normale entrare in connessione, faceva parte della procedura.
Era necessario. O almeno, lo era per lei.
Marco beve il suo ultimo sorso di caffè mentre un raggio di sole lo colpisce in pieno viso, mentre un auto svolta l'angolo della strada accanto, mentre una mosca ronza proprio dietro il vetro della sua finestra.
È una mattina come tante altre, ma non per Marco, di certo non per lui.
Altrettanto vale per Livia che finalmente potrà farsi una vera doccia, potrà mangiare in un ottimo ristorante della città la sua cucina preferita, avrà modo di dormire per più di tre ore di fila senza doversi svegliare al suono di un orologio digitale comprato in un discount per pochi soldi.- VIENI VIA DA LI ADESSO. CI VEDIAMO AL SOLITO POSTO.
CERCA DI ARRIVARE ENTRO 1 ORA. --OK -
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La doccia e altri racconti
Short StoryUna coppia ormai al limite della convivenza pacifica. Una mattina come tante. La doccia smette di funzionare. Un piccolo inconveniente che stravolge la loro vita. E altri racconti.