Capitolo II

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I tempi reali non coincidono con quelli della televisione.

Sembrava questo il pensiero di Grazia mentre spiegava al concentrato numero di partecipanti quale sarebbe stato il programma della giornata. Non era abituata a questo genere di attività. Per lei era come imbrogliare, fingere, interporre un filtro comunicativo tra lei e il gruppo. Ah! quanto piuttosto era sincero il rapporto con i bambini, quando lavorava con le scuole...

Conosceva già il modo di operare dell'emittente televisiva, si fidava ciecamente di loro, soprattutto dopo aver visto e apprezzato il lavoro che era stato fatto con il precedente servizio, dedicato al lato femminile di Catania. C'è un processo creativo estremamente affascinante in fase di montaggio, pensava mentre me ne parlava, è come se i registi trovassero un nesso logico reale nell'apparente caos di un racconto composto da più spezzoni temporali, distribuiti in un disordinato puzzle i cui pezzi vanno assemblati nel modo più coerente possibile, da leggere in una sequenza che possa davvero soddisfare l'espressione voluta. Far emergere l'ordine dal caos. Anche questa è Arte. Anche questa è Bellezza.

Ma la successione degli eventi filmati non aveva lo stesso criterio della successione dei siti e monumenti visitati durante lo svolgimento della passeggiata.

Adesso si trovava nella sala centrale dell'Herborarium Museum, con gli altri disposti a ventaglio intorno ad un tavolinetto sapientemente imbandito da elementi caratteristici del cibo kashèr, come la frutta secca, i datteri, le olive, le verdure selvatiche lessate.

"E vi chiederete, perché il paté di riso?" spiegavo loro "Esso non viene menzionato da ricettari medioevali ebraici. Anzi. La sua origine effettiva è recente, visto che fu una saggia invenzione dei cuochi catanesi che permise il riciclo dell'invenduto degli arancini, pentole di riso bollito che altrimenti sarebbe andato sprecato.

"Ma se ci fermassimo un attimo a riflettere, dietro questa pietanza c'è molto più di quanto non appaia. Il paté di riso è un simbolo. È il racconto dell'esistenza stessa. Infatti, cos'è il riso se non la massima espressione simbolica della vita, nel cibo? Un seme, un germoglio, il cerealicolo nutrimento per eccellenza. Questo, impastato con gli spinaci - presenti in Europa dall'undicesimo secolo - viene raccolto e carezzato da una sfoglia, leggera e diafana, che ne segna i limiti e il destino. Cos'è infatti quel lembo di pasta se non un sottile sudario che stringe nel suo mortale abbraccio la potenziale vita del chicco stesso? E cos'è il cibo kashèr se non il cibo adatto alla riflessione e alla meditazione? Se non un simbolo esso stesso? Ogni elemento della cucina ebraica è un simbolo e tramite questo i conviviali raccontano e si raccontano le proprie origini, salvate dall'oblìo del tempo. Il parlare, raccontare, sfruttare ogni elemento della tavola per iniziare una discussione, non è forse ciò che stiamo facendo noi adesso? Non è forse ciò che facciamo nelle nostre tavole quando ogni cosa può portare ad un'altra attraverso elaborati e innati sofismi che qui a Catania raggiunge livelli quasi proverbiali? Chiedevate cos'è rimasto della cultura ebraica oggi, in questa città. Ecco. In questa città sono rimasti lo spirito, la cultura, la filosofia ebraiche.

"Dietro ciò che può sembrare privo di significato, si può celare un significato più profondo di quel che appare."

Adesso che la registrazione era conclusa, Grazia raccolse i partecipanti per la passeggiata.

Sì, i tempi della televisione sono ben diversi, rifletteva silenziosamente.

Quella sosta, la spiegazione della tavola imbandita che costituiva una sosta usualmente posta a metà del percorso che i due avevano già proposto diverse volte sempre col medesimo successo, era stata registrata prima ancora dell'inizio della passeggiata. Sarebbe spettato poi al montaggio inserirla in una corretta sequenza.

Un racconto per la MemoriaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora