Un NON Natale..

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I giorni passavano molto più lentamente del solito, ma il tran tran quotidiano, non dava possibilità di potersi fermare molto a pensare.
Così, col passare del tempo, ricominciai ad uscire, a studiare, a mangiare, a vivere.
Natale era ormai alle porte e Roma più che mai era un incanto.
Il Colosseo, l'altare della patria, via del Corso, via Condotti, piazza di Spagna erano un trionfo di luci e colori.
L'odore delle caldarroste nell'aria, le luminarie per le vie del centro, la corsa contro il tempo alla ricerca del regalo perfetto, il fantastico villaggio di Babbo Natale, ricordavano a tutti, compresa me che avevo il gelo nel cuore, che la festa più bella dell'anno era arrivata.
Passeggiare per le vie del centro e assaporare a pieni polmoni quella magica atmosfera era come fare un tuffo nel passato.
Ricordare con nostalgia le tradizioni e sapere che non sarebbero più state quelle era triste, ma prima avrei accettato che le cose non sarebbero più tornate com'erano e prima avrei ricominciato a sorridere, a vivere e a gioire delle piccole cose, anche ad amare Roma vestita a festa, come una bella donna che si prepara per l'appuntamento della sua vita.
Come tutti gli studenti fuorisede, anche io, ritornai a casa per trascorrere le feste in famiglia.
Quell'anno il nostro fu un non Natale.
Nessuno aveva voglia di cene e pranzi interminabili.
Ci riunimmo la sera della vigilia, giusto per stare in compagnia, ma guardando quel posto vuoto a capotavola, ci rendemmo subito conto che l'idea di condivisione fu pessima.
Stare a casa era devastante, papà era inconsolabile.
Il nonno, il collante della famiglia, non c'era più e dovevamo fare tutti i conti con la sua assenza.
Lui sapeva che ero tornata a casa per le vacanze natalizie.
Lo sapeva perché, la mattina in cui arrivai, fu il primo viso familiare che incontrai non appena misi piede giù dall'aereo.
Non erano coincidenze, non era neanche il destino.
Lui ci lavorava in quell'aeroporto per cui incontrarsi era quasi inevitabile.
Sarebbe potuto non essere di turno è vero, ma invece c'era.
Io non mi ero ancora accorta che lui fosse lì fin quando qualcuno non mi strattonò la borsa.
Mi voltai di scatto pensando che quel qualcuno, con goffaggine, stesse tentando di derubarmi.
Quando mi accorsi che era lui, le sensazioni furono contrastanti. Una parte di me aveva voglia di tirargli un sonorissimo ceffone, l'altra invece aveva una voglia matta di gettargli le braccia intorno al collo.
Ma, era lui. Non potevo fare né l'uno, né l'altro.
Per cui, per una volta, decisi di essere razionale.
Gli sorrisi, ci salutammo, scambiammo poche parole e mi congedai dicendogli che mio padre era fuori ad aspettarmi.
Non era vero, l'aereo era atterrato in anticipo di 10 minuti e non avevo ancora avvisato i miei di essere arrivata, ma avevo bisogno di liberarmi di lui.
Era l'ultima persona che avrei voluto incontrare e invece, come sempre, era la prima.
Fumai una sigaretta e chiamai mia madre.
Arrivai a casa e i miei fratelli erano lì ad aspettarmi.
Mi aspettavano come si aspettano i regali la notte di Natale.
Le feste trascorsero in maniera più o meno veloce, e io ero già pronta a rientrare a Roma.
Avevo degli esami imminenti e dovevo studiare.
Nel mese precedente non ero riuscita a farlo come avrei dovuto.
Feci il biglietto di ritorno un paio di giorni prima della Befana e rientrai a casa quando ancora non c'era nessuno.
I miei coinquilini sarebbero rientrati dopo il 10 gennaio, per cui quasi per una settimana, ebbi la casa interamente a disposizione per me.
In quei giorni organizzammo dei gruppi di studio proprio a casa da me, non ero l'unica ad essere indietro con i programmi per cui optammo per uno studio collettivo con la speranza che si rivelasse proficuo e non deleterio.
Arrivammo alla sessione d'esame preparatissimi.

Malinconia PuttanaWhere stories live. Discover now