Kurai

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Un pomeriggio a casa come tanti altri.
Le voci serie dei giornalisti in TV.
Io che, seduto al tavolo della cucina, sfoglio distrattamente le pagine di un libro illustrato ricevuto quel giorno per il mio compleanno.
Il latrato di Aka, il cane di mio cugino, appena udibile dal giardino della piccola villetta di campagna.
Io che aspetto impazientemente l’arrivo della sera, quando si svolgerà la vera e propria festa con tutti i miei parenti, gli amici e i miei genitori, che a momenti arriveranno all’aeroporto, reduci da un viaggio di lavoro.
Una giornata tranquilla, insomma.
Poi la notizia dal telegiornale.
Il volume che viene alzato, le chiamate, i toni concitati e disperati, le preghiere.
Io che cerco di capire cosa stia accadendo.
La tragedia.
Non festeggiai mai il mio dodicesimo compleanno... né quelli a venire...


Sento qualcuno bussare alla porta della mia camera e con gli occhi ancora impastati dal sonno dirigo lo sguardo verso il mio cellulare. Nonostante avessi impostato la luminosità al minimo, quando lo accendo per poco non divento ceco per la troppa luce. Aspetto che gli occhi si abituino, allora controllo l’ora: sono solo le 7. Lo sguardo finisce poi sulla data: 15 Settembre, il primo giorno di scuola... dopodomani poi sarà il mio compleanno…


Solo a pensarci sento una fitta al petto.

Per qualche istante valuto l’idea di tornare a dormire e magari fingere di stare male per saltare la scuola, ma, quasi fosse un avvertimento, poco dopo sento di nuovo bussare alla porta.

-Forza pelandrone! Non vorrai fare tardi il primo giorno di scuola, vero? – Mi incita la voce di un ragazzo prima di allontanarsi.

Seppur di malavoglia mi decido ad alzarmi, non che mi preoccupi l’idea di arrivare tardi a scuola, semplicemente non mi va di far arrabbiare Rei, il mio cugino di venticinque anni.

-Era ora! – Esclama quando metto piede in cucina. – Sai, dovresti iniziare a prepararti la colazione da solo o finirò con l’arrivare sempre tardi a lavoro. – Dice in tono scherzoso.

-Per me non è un problema, sei tu che insisti a volermela fare. – Ribatto in tono distaccato mentre mi siedo a tavola.

-Dicevo tanto per dire… - Mormora leggermente a disagio.

-Non bisognerebbe dire cose di cui non si è sicuri. – Rispondo iniziando a mangiare.

Rei alza gli occhi al cielo, probabilmente ora si lamenterà della mia freddezza.

-Kurai, sarà la millesimali volta che te lo dico, ma dovresti cercare di essere meno freddo con la gente. –

Appunto…

-Ti ho solo detto quello che penso. – Ribatto senza cambiare il tono della voce.

-Infatti il problema non è cosa dici, ma come lo dici. Io ormai mi sono abituato, ma agli altri magari può dare fastidio questa tua mancanza di emozioni. –

-Se non le ho non è colpa mia. – Dico uscendo dalla stanza.

Lo sento sospirare, un po' mi dispiace vederlo così,  ma che ci posso fare? Non sono mica freddo e distaccato con tutti perché mi va, lo sono perché  è il mio carattere, perché dovrei fingere di essere allegro e interessato agli altri quando non è così? Rei si lamenta sempre del fatto che non ho amici dai tempi delle elementari, ma a me sinceramente non importa, la compagnia non è qualcosa che fa per me, preferisco di gran lunga la solitudine. Perché dovrei ascoltare le chiacchiere noiose e futili degli altri quando ho le mie cuffiette e un cellulare pieno di canzoni che non aspettano altro che essere ascoltate? Che senso ha farsi gli affari degli altri quando le storie dei libri che leggo sono mille volte più interessanti?
Rei dice che dovrei impegnarmi di più a socializzare, ma la verità è che ormai è da quasi cinque anni che ho perso interesse verso il prossimo.
È da quando avevo dodici anni che non ho più neanche provato a farmi degli amici, ormai ne ho sedici e la situazione non è cambiata.

-Ehi, Kurai. – Dice Rei entrando nella mai camera, odio quando fa così,  ora inizierà uno dei suoi discorsi lunghi e noiosi sull’importanza dall’avere dei rapporti sociali. – Non te la prendere per quello che ti ho detto, ok? Lo so che a te non importa l’impressione che fai agli altri, ma io mi preoccupo per te, ho paura che passerai il resto della tua vita da solo. –

-Non vedo dove sia il problema. –

-Già, non lo vedi proprio, eh? – Mormora con una strana espressione sul viso, prova compassione per me? – So che non è facile da quando loro non ci sono più,  credimi, so come ci si sente, ho perso mia madre solo quattro anni fa, ricordi? Ma non è un buon motivo per isolarsi dal resto del mondo. –

-Che c’entrano adesso i miei genitori? – Chiedo con un tono forse un po’ troppo aggressivo.

-Nulla, nulla, è solo che hai iniziato a isolarti da quando loro sono… -

-Morti. – Dico completando la frase che altrimenti lui avrebbe lasciato in sospeso.

Detesto quando la gente fa così, come se non dire la parola “morte” la renda meno vera.
Forse è vero che questo mio isolamento è nato dallo shock dovuto dalla morte improvvisa di entrambi i miei genitori, morti in un incidente aereo quasi cinque anni fa, ma anche se fosse che cambia? Ormai sono così, non saprei essere diverso neanche se mi ci impegnassi.

-Buona giornata allora, quando tornerai io sarò ancora a lavoro, il pranzo è in frigo. – Mi dice forzando un sorriso prima di andare via.

Io esco poco dopo, lo zaino sulle spalle, le cuffiette nelle orecchie e la musica a tutto volume, cercando di non ripensare alle parole di Rei e alla sua espressione afflitta.

Sono quasi a metà strada quando inizia a piovere. Magnifico, ho dimenticato l’ombrello a casa, si preannuncia proprio una bella giornata…

Kurai, Akira e "Lui" //Yaoi//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora