Avevo il mio bel sorriso finto incollato alle labbra. Era difficile, per gli altri, identificare se fosse vero o no. Il barman mi stava servendo il quinto shottino della serata ma, dato che dovevo guidare, per di più una macchina che non era neanche mia, mi ero ripromessa che non mi sarei ubriacata.
"Posso sedermi?" Un ragazzo, più o meno doveva avere la mia età, o qualche anno in più, si avvicinò al bancone e indicó lo sgabello vicino al mio.
"Fa come ti pare, è libero" dissi, scrollando le spalle. Di solito la gente non si preoccupava di chiedere se il posto fosse occupato o no, si sedevano e basta.
"Grazie" Sembrava gentile. Se non fosse per il fatto che al momento non stavo cercando un ragazzo, probabilmente gli avrei chiesto il numero.
"Un Cosmopolitan, per favore" ordinó il ragazzo mentre il barman trafficava con i bicchieri. Annuì e prese una bottiglia di vodka, l'ingrediente essenziale per preparare quel cocktail alcolico.
"Quanti anni hai?" Chiesi, potendo sembrare un po' impicciona nel chiedere gli anni ad un perfetto sconosciuto.
"Ventisette, tu?" Accidenti, e io che credevo avesse pochi anni in più di me. Era decisamente troppo grande per i miei standard.
"Sedici, fra sette mesi ne faccio diciassette" forse avrei dovuto dire di essere maggiorenne dato che poteva essere un poliziotto e sbattermi fuori dal locale in due minuti. Per mia fortuna, parve non sorprendersi.
"Non dovrebbe essere illegale vendere alcolici ai minorenni?" Si accigliò, portandosi il Cosmopolitan appena arrivato, alle labbra.
"Questo è uno dei pochi locali a non chiedere i documenti, non ci sono molti controlli... è per questo che vengo quasi sempre qui quando ho tempo" spiegai.
"Quando hai tempo?"
"Si insomma, quando non sono troppo impegnata con lo studio" alzai le spalle e piegai la testa all'indietro buttando il liquido giallastro in gola.
Bruciava un po' ma dopo il terzo shottino avevo cominciato ad abituarmi.
"Bene, è stato un piacere dialogare con te, ma si è fatto tardi e mia zia mi ammazzerebbe se non tornassi a casa entro venti minuti" saltai giù dallo sgabello e non aspettai neanche che mi rispondesse. Mi diressi fuori dal locale dopo aver pagato i cinque shottini e salii in macchina.
Arrivai sana e salva a casa e per fortuna mia zia stava già dormendo.
"Dove sei stata, signorina?" Ecco, come non detto.
"Fuori con delle amiche" dissi, vaga.
"Mh, questa volta passi perché sei tornata in orario" sospirai, le diedi la buonanotte e mi chiusi la porta della mia camera alle spalle.Il mattino seguente fu traumatico. Quasi dimenticai che dovevo andare a scuola e quindi feci tutto di fretta, compresa la colazione.
"Zia devo andare a scuola o farò tardi. Ci vediamo più tardi, ti voglio bene" gli schioccai un veloce bacio sulla guancia e corsi fuori di casa sentendo un 'anche io' da parte sua.
Salì appena in tempo sull'autobus e mi andai a sedere nel solito posto vicino a una delle mie migliori amiche, Abby.
"Ehi nanetta" la chiamavo così fin dai tempi dell'asilo. Era alta un metro e cinquantacinque ma, ogni giorno, camminava sui trampoli da dodici centimetri. Ormai ci aveva fatto l'abitudine anche se i suoi piedi erano pieni di calli.
"Ehi polpettina" alzai gli occhi al cielo a quel nomignolo, sapeva che mi dava fastidio quando mi chiamava così ma lo faceva apposta per farmi innervosire di prima mattina.
"Hai saputo?" Chiese, elettrizzata. Di sicuro si trattava di qualche ragazzo dato che quell'espressione ce l'aveva solo quando si parlava di ragazzi.
"No, spara" dissi.
"Girano voci che oggi debba venire nella nostra scuola un nuovo alunno. Ha due anni in più di noi ma è stato bocciato un paio di volte quindi farà il secondo anno con noi. Dicono, quelli che lo conoscono, che è un tipo tosto. Spero sia anche carino, è da tanto che non si vedono bei faccini in giro"
Una cosa che mi aveva sempre sorpreso di lei era che non faceva mai fatica a fare nuove amicizie, praticamente si poteva dire che quasi tutta la scuola la conosceva per il suo carattere esuberante.
"Era già stato qui nel paese, a quanto ne so. E ora pare che il tanto discusso Caleb Jonson ritorni in città" a quelle parole spalancai gli occhi e mi girai verso di lei.
"C-Caleb Jonson?" Credetti che la bile mi stesse salendo in gola dato che un senso di vomito si stava facendo sentire nel mio stomaco. Non poteva essere, Caleb non poteva tornare a rovinarmi la vita.
"Già, dicono che alle medie e alle elementari abbia fatto strage di cuori ma non l'ho mai incontrato di persona..." si fermò di colpo e mi fissò.
"Perché sei pallida e hai la faccia di una che sta per avere un attacco di panico? Ti prego, se stai per vomitare, fallo dall'altra parte. Il vestito è nuovo"
Feci dei respiri profondi per calmarmi e parve funzionare.
"Caleb Jonson lo conosco da quando ero alle elementari. Mi faceva sempre dispetti e, non so perché, io e la sua unica vittima. L'ho sempre odiato e pensavo di essermene liberata una volta per tutte, ma a quanto pare non è così" sospirai chiudendo gli occhi.
"Magari è cambiato, d'altronde sono passati due anni" e in effetti Abby non aveva tutti i torti.
"Si, forse hai ragione. Non può essere ancora tanto infantile" dissi e lei annuì in accordo.
"Ma ora dimmi, è carino?" Sapevo che mi avrebbe fatto questa domanda. Non mi ero mai interessata al suo aspetto fisico, piuttosto mi preoccupavo di restare viva quando c'era lui nella stessa stanza.
"La bellezza è una questione soggettiva, lo verificherai tu quando lo vedrai" alzai le spalle e mi alzai per prenotare la fermata dell'autobus.
"Andiamo, neanche un piccolo indizio? É biondo o moro? Ha le lentiggini? Amo i ragazzi con le lentiggini. Ha gli occhi azzurri, verdi o marroni?" Abby cominció a parlare a raffica.
"Da quanto mi ricordo è moro con gli occhi verdi. Ma chi lo sa, magari se li è tinti. E no, non ha le lentiggini" spiegai e, nel frattempo, scesi dalle porte posteriori del bus ritrovandomi direttamente davanti alla scuola.
"Sento già aria di cambiamenti! Guarda quelle ragazze laggiù, sembrano agitate e posso scommetterci una mano che stanno parlando di Caleb" parló Abby e io sbuffai.
"Sembra che debba venire il presidente degli Stati Uniti, stai esagerando. È solo un ragazzo come noi che ha deciso di venire in questa scuola, non è Dio sceso in terra" alzai gli occhi al cielo.
"Ehm...Cay?" Mi richiamó Abby.
Gli feci cenno di continuare e lei indicó un punto dietro alle mie spalle.
Mi girai e per poco i miei occhi non uscirono fuori dalle orbite.
"Ti sono mancato, Cay?" E in quel momento, giurai di aver visto un sorriso malizioso spuntargli in quelle labbra rosee.
Caleb Jonson era tornato.
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La mia vita è un clichè
RomanceTutto sembra perfetto nella vita di Cayley Reed; fino a quando, suo padre, capo di una delle aziende più grandi della città, non perde improvvisamente il lavoro. Da lì cominciano i litigi che portano anche all'omicidio della madre, donna casalinga...