Finalmente la campanella dell'ultima ora suonó e io feci tutto con calma, poi mi ricordai dell'incontro con Caleb e iniziai ad innervosirmi. Di cosa mi dovrà mai parlare?
Raggiunsi il luogo prestabilito e lo trovai con una sigaretta in bocca.
Se non lo odiassi a morte probabilmente direi che è abbastanza figo.
"Allora, di cosa dovevi parlarmi?" Chiesi, cominciando a pensare cose orribili sul fatto che eravamo dietro la scuola, da soli. Se avesse voluto stuprarmi nessuno l'avrebbe visto.
"In realtà volevo scusarmi con te" si fece improvvisamente serio e io quasi mi misi a ridere.
"No aspetta, Caleb Jonson si sta scusando veramente con me oppure sto sognando? Perché se fosse così ti pregherei di non svegliarmi" scossi la testa smettendo di ridere quando vidi che lui era ancora serio.
"No, davvero. So che in tutti questi anni sono stato un coglione e probabilmente ti ho fatto passare i peggiori anni della tua vita" annuì in accordo. "Ma ora sono cambiato, sono cresciuto e ho capito che sono stato veramente uno stupido a trattarti così" abbassó lo sguardo e io in quel momento pensai che forse era veramente cambiato.
Magari potremmo diventare anche amici.
No, non esageriamo.
Improvvisamente scoppió a ridere e io lo guardai in modo interrogativo.
"Che hai da ridere?" Chiesi mentre lui era quasi piegato in due dalle risate.
"Tu...la tua faccia... veramente hai creduto che fossi pentito?" Avevo la bocca spalancata. Non era affatto cambiato quel coglione. E io che avevo anche pensato che potevamo diventare amici.
"Sei un coglione" alzai gli occhi al cielo e me ne andai, lontana da lui.Venti minuti dopo ero a casa, sul divano, a rinfilzarmi di patatine.
La zia aveva lasciato un post it attaccato al frigorifero che non mi ero neanche degnata di leggere.Ripensai ancora alla conversazione di oggi con Caleb e, senza accorgermene, cominciai a ingoiare le patatine più velocemente, rischiando anche di ingozzarmi.
Poi improvvisamente mi alzai dal divano, buttando in un angolo del divano il pacchetto di patatine, rischiando di rovesciarle tutte.
Mi posizionai davanti allo specchio e alzai la maglietta.
Il mio fisico non era uno di quelli che avevano le modelle, per niente.
Non era da invidiare.
La mia pelle era pallida, forse quasi più di quella di Edward Cullen in Twilight.
E probabilmente aveva più tette il mio professore di storia che io. Davvero, cosa mangiava per essere così grasso?Dopo svariati minuti a fissare il nulla decisi che forse era il momento di dare una svolta alla mia vita. Ero stanca di essere sempre quella debole, incapace di difendersi da sola.
Volevo dare una bella lezione morale a Caleb.Presi in mano il mio cellulare, ormai scassato e composi il numero di Jo, l'altra mia migliore amica che, al contrario di Abby, se gli si proponeva di fare qualcosa non rispondeva di essere troppo pigra per uscire di casa.
"Ehi Cay!" Risponde allegramente Jo.
"Jocelyn Stewart, da domani noi ci iscriveremo alla palestra" dissi, immaginandola dall'altra linea con uno sguardo confuso.
"Eh? Cay, ti senti bene? Sai quanto ci costerebbe un abbonamento mensile per la palestra? A meno che i nostri genitori caghino cento bigliettoni dal culo, dubito che riusciremo a trovarli quei soldi"
Lei fece raffiorare in me la parte razionale, e in quel momento capii che non avevo pensato minimamente a questo imprevisto."Giusto... passiamo al piano B, mi devi aiutare a farla pagare a Caleb. Non importa come, basta che in qualche modo si penti di quello che mi ha fatto passare in tutti questi anni" dissi e la sentì sospirare.
"Intendi Caleb, il Dio greco che viene dalla California?" Chiese in tono sognante e io alzai gli occhi al cielo.
"Non ti ci mettere anche tu, per favore. È solo un coglione" sputai acida.
"Questo non toglie il fatto che sia un Dio greco" in effetti...
"Okay, se tanto ci tieni cercherò di aiutarti. Che hai in mente?" Continuó.
"Ci devo ancora pensare, ora vado. A domani" aspettai che mi rispondesse e chiusi la chiamata, buttandomi pesantemente sul divano.
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La mia vita è un clichè
RomanceTutto sembra perfetto nella vita di Cayley Reed; fino a quando, suo padre, capo di una delle aziende più grandi della città, non perde improvvisamente il lavoro. Da lì cominciano i litigi che portano anche all'omicidio della madre, donna casalinga...