Capitolo 1 (da 11 a 15)

790 17 1
                                    

Charlie si alzò in piedi, facendo attenzione a non toccarlo, e corse verso la porta, ma inciampò sul binario su cui prima si muovevano i giocattoli e cadde sul pavimento. Il piede urtò la ruota accanto al letto facendola girare. Ci fu un ronzio metallico, e quando Charlie alzò la testa, un paio di piedini rivestiti di pelle lucida era apparso sotto il suo naso. Alzo lo sguardo: sopra di lei c'era Ella, la fissava, silenziosa e senza espressione, si guardò attraverso il riflesso degli occhi vitrei. La tazza e il piattino erano tenuti davanti a lei con una rigidità quasi militare. Charlie si alzó con cautela, facendo attenzione a non disturbare la bambola. Usci dalla stanza, camminando con attenzione per evitare di attivare accidentalmente altri giocattoli, e mentre se ne andava, Ella si uni ai suoi passi, ritirandosi nel suo armadio. Charlie si precipitò giù per le scale, presa da una strana urgenza di allontanarsi. Cominciò a premere compulsivamente il tasto per l'apertura della macchina e parti velocemente lungo il viale, passò incautamente sull'erba del cortile di fronte e finalmente corse via. Dopo circa un miglio, Charlie rilassò le spalle e rallentò, guardando davanti a sé attraverso il parabrezza, i suoi occhi concentrati sul nulla. Si costrinse a respirare lentamente. Allungo una mano per regolare lo specchietto retrovisore in modo che potesse vedere sé stessa. Si aspettava di vedere la rabbia, il dolore scritto sulla sua faccia ma non era cosi. Aveva le guance rosa e il suo viso tondo sembra quasi allegro come sempre. Le sue prime settimane di vita con la zia Jen, in fase di introduzione agli amici della Zia, Charlie aveva sentito sempre le stesse cose più e più volte "Che bella bambina" "Che bimba allegra". Charlie sembrava sempre come se fosse sul punto di sorridere, spalancando gli occhi marroni e frizzanti, la bocca sottile dolcemente curata, anche quando voleva solo singhiozzare. Si passò le dita tra i capelli castani chiaro, come sequesto avesse magicamente sistemato i ciuffi leggermente crespi e riposizionò lo specchio. Girò le manopole della radio, cercando una stazione e sperando che la musica potesse riportarla completamente alla realtà. Passò da stazione a stazione senza ascoltare ciò che stavano trasmettendo e finalmente si fermò su un canale in cui un ospite sembrava urlare al suo pubblico. Non aveva idea di che cosa stesse parlando, ma il suono sfacciato e fastidioso era stato sufficiente per riportarla nel presente. L'orologio della macchina era sempre sbagliato, ma lo controllo comunque. Era quasi l'ora di incontrare i suoi amici alla tavola calda che avevano scelto, vicino al centro della città. Charlie si concentrò sulla strada continuando a guidare, lasciando che il suono dell'ospite irritato le calmasse la mente. Quando raggiunse il ristorante Charlie tirò il freno a mano e sifermò, ma non parcheggiando. La parte anteriore del locale aveva una finestra panoramica lungo tutta la facciata e si poteva vedere all'interno. Pur non vedendoli da anni, le ci volle solo un attimo per individuare i suoi amici attraverso la finestra. Jessica era la più semplice da individuare nella folla. Charlie aveva sempre conservato le foto e le sue lettere e in questo momento sembrava esattamente identica alla sua ultima foto. Anche da seduta, lei era chiaramente più alta di tutti i ragazzi e molto magra. Anche se Charlie non poteva vedere completamente com'era vestita, indossava una camicia bianca allentata abbinata con una giacca rossa e aveva un cappello a tesa larga arroccato sui suoi capelli castani lucidi e lunghi fino alle spalle, tenuti fermi da un enorme fermaglio a forma di fiore. Stava parlando e gesticolando animatamente su qualcosa. I due ragazzi erano seduti uno accanto all'altro, di fronte a lei. Carlton sembrava una versione più vecchia del sé stesso dai capelli rossi. Aveva ancora il volto leggermente bambinesco ma i suoi lineamenti erano ben definiti e i suoi capelli erano stati accuratamente arruffati e tenuti in posizione da un qualche prodotto chimico per i capelli. Era abbastanza carino,indossava una t-shirt sportiva, anche se Charlie dubitava che si fosse mai allenato un giorno in vita sua. Era comodamente sporto in avanti sul tavolo, con il mento fra le mani. Accanto a lui c'era John, seduto vicino alla finestra. John era sempre stato il tipo di bambino che si sporcava prima di uscire in cortile: c'erano macchie di vernice sul suo grembiule prima che la maestra consegnasse gli acquerelli macchie d'erba sulle ginocchia prima di arrivare nei pressi del un parco giochi e lo sporco sotto le unghie subito dopo essersi lavato le mani. Charlie sapeva che era lui, perché era l'unico rimasto, ma sembrava completamente diverso. L'amico d'infanzia amante della sporcizia era stato sostituito da qualcosa di fresco e pulito. Indossava una leggera camicia verde ordinatamente stirata, le maniche arrotolate e il colletto aperto per impedire che si sentisse teso. Si appoggio allo schienale, annuendo con entusiasmo, a quanto pare assorbito in qualunque cosa Jessica stesse dicendo, l'unica concessione al sé stesso da bambino erano i capelli coprivano tutta la testa con una leggera sfumatura scura, una versione adulta dello sporco da era sempre coperto da bambino. Charlie sorrise tra sé e sé, John era quasi la sua cotta d'infanzia, prima che capissero realmente cosa volesse dire. Le regalava i suoi biscotti il suo pranzo e i suoi Transformers Una volta alla scuola materna si prese la colpa quando Charlie ruppe il vaso di vetro che conteneva perline colorate per le arti e artigianato. Ricordava perfettamente il momento in cui scivolo dalle sue mani e lei lo vide cadere. Non avrebbe potuto prenderlo prima che si rompesse, ma non avrebbe neanche provato. Voleva vederlo rompersi. Il vetro colpi il pavimento in legno e si frantumo in mille pezzi, le perle colorate si sparsero tra le schegge e lei pensava che fosse bellissimo, ma poi iniziò a piangere. John prese una nota che fu inviata a casa ai suoi genitori e quando lei gli disse "Grazie", lui le strizzò l'occhio con ironia e disse semplicemente "Per cosa?" Dopo quell'episodio, a John era stato permesso di entrare nella stanza di Charlie, lei lo lasciava giocare con Stanley e Theodore, guardando con ansia la prima volta che imparò a premere i pulsanti e farli muovere. Sarebbe stata disperata se non gli fossero piaciuti, sapendo istintivamente che se non li avesse apprezzati, lei avrebbe pensato meno a lui. Loro erano la sua famiglia. Ma John rimase affascinato non appena li vide, amava i suoi giocattoli meccanici come lei amava lui. Due anni più tardi, dietro un albero accanto all'officina del padre, lei quasi lasciò che la baciasse Ma poi quello successe e tutto fini almeno per Charlie. Charlie si scosse, costringendo la sua mente a tornare al presente. Guardando di nuovo l'aspetto allegro di Jessica, Charlie si guardo: maglietta viola, giacca dijeans, jeans neri e stivali da combattimento Sembrava una buona scelta quella mattina, ma ora desiderava di aver scelto qualcos'altro. "Questo è quello che hai sempre indossato." ricordo a sè stessa. Trovò un parcheggio e chiuse a chiave la macchina alle sue spalle nonostante la gente in Hurricane, Utah non era solita chiudere le auto Entro nel locale per incontrare i suoi amici per la prima volta dopo dieci anni. Il calore, il rumore e la luce del ristorante la colpirono all'improvviso.
entrò e per un momento fu sopraffatta, ma Jessica notò la sua pausa sulla soglia e gridò il suo nome Charlie sorrise e prosegui. "Ciao" disse goffamente appoggiando i suoi occhi su ciascuno di loro, ma senza applicare completamente il contatto visivo. Jessica spostò la sedia di vimini rossa e diede una pacca sul posto accanto a lei. "Ecco, siediti qui." invito. "Stavo solo raccontando a John e Carlton la mia vita strepitosa." Alzò gli occhi mentre lo diceva, riuscendo a trasmettere l'idea che la sua vita fosse davvero emozionante. "Lo sapevate che Jessica vive a New York?" disse Carlton. C'era qualcosa di attento nel suo modo di parlare, come se stesse pensando alle sue parole prima di informare tutti. John rimase in silenzio, ma sorrise ansioso a Charlie. Jessica alzò ancora una volta gli occhi e con un d vu Charlie improvvisamente ricordò che quella era un'abitudine di Jessica anche quando erano bambine. "Otto milioni di persone vivono a New York, Carlton, non è esattamente un gran risultato" disse Jessica. Carlton si strinse nelle spalle. "Io non sono mai stato da nessuna parte." affermo. "Non sapevo si vivessi ancora in città." disse Charlie. "Dove altro dovrei vivere?' Preciso Carlton "La mia famiglia è qui dal 1896." disse approfondendo la sua voce per imitare suo padre. "Davvero?" chiese Charlie. "Non lo so" rispose il ragazzo. "Potrebbe essere. Papà si era candidato per le eleziono del sindaco due anni fa. Voglio dire, ha perso, ma ora chi gestisce la città?" Fece una smorfia. "Giuro, il giorno in cui compirò 18 anni me ne andrò da qui." "Dove hai intenzione di andare?" Chiese John guardando seriamente Carlton. Carlton incontro i suoi occhi preoccupati per un momento. Improvvisamente, si voltò e indicò fuori dalla finestra, chiudendo un occhio per centrare meglio l'obiettivo con il dito. John sollev un sopracciglio, poi guardo fuori dalla finestra, cercando di seguire la linea immaginaria che Carlton aveva creato con il gesto. Anche Charlie guardò con attenzione: Carlton non stava indicando nulla, John aprì la bocca per dire qualcosa ma Carlton lo interruppe "O" disse indicando nella direzione opposta. "Va bene." John si grattò la testa, un po' imbarazzato, "Ovunque, vero?" Aggiunse con una risata.

Five Nights At Freddy's: The Silver Eyes TRADUZIONE ITALIANADove le storie prendono vita. Scoprilo ora