Fine capitolo due (da 51 a 55)

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"L'hai rotto!" Esclamò Charlie gettando un cuscino a Jessica che si mise a sedere e lo prese. "Lo so! Probabilmente sarà un intermediario finanziario milionario invece di un artista squattrinato che morirá di fame ed è tutta colpa mia." Sorrise ironica. "Dai, mi ringrazierà un giorno." Charlie scosse la testa. "Vuoi davvero essere un archeologa?" "Sì." Rispose Jessica. "Oh.." Disse Charlie. "Pensavo che..." Scosse la testa. "Scusa, è davvero forte." "Pensavi che volessi fare qualcosa nel settore della moda." Disse Jessica. "Beh, sì." "Va tutto bene." La rassicurò Jessica. "Ci ho pensato anche io, voglio dire è vero, amo la moda, ma ce n'è già troppa nel mondo, sai? Credo che sia incredibile pensare a come la gente viveva mille anni fa, o duemila, o dieci. Erano proprio come noi, ma in modo diverso. Mi piace immaginare di vivere in altri tempi, altri luoghi, chiedendomi chi potessi essere. In ogni caso, che mi dici di te?" Charlie rotolò sulla schiena guardando il soffitto. Le piastrelle erano fatte di polistirolo debole e macchiati, quella sopra alla sua testa era di traverso. "Spero che non ci siano insetti là." Pensò. "Non lo so." Rispose lentamente. "Penso che sia davvero bello che tu sappia chi vuoi essere, ma io non ho mai avuto quel tipo di piano."  "Beh, non è che devi capirlo adesso." Disse Jessica. "Forse." Rispose Charlie . "Ma io non lo so, tu sai cosa vuoi fare, John sapeva da quando ha tenuto in mano una matita che voleva fare lo scrittore e sta già pubblicando. Anche Carlton, pur non sapendo cosa sta pianificando puoi vedere che c'è uno schema dietro tutta la sua indifferenza. Ma io non sto seguendo la direzione giusta."

"Non importa." Dichiarò Jessica. "Non penso che la maggior parte delle persone lo sappiano alla nostra età. Inoltre, potrei cambiare idea, o non entrare al college, o qualcosa del genere. Non si sa mai cosa accadrà. Hey, vado a cambiarmi, ho voglia di dormire un po'." Disse andando in bagno, Charlie rimase dov'era, fissando il soffitto rovinato. Suppose che stesse diventando un difetto, il suo rifiuto di considerare seriamente il passato o il futuro. "Vivi nel presente." Diceva spesso la zia Jen e Charlie l'aveva preso a cuore. "Non soffermarti sul passato, non preoccuparti delle cose che potrebbero non accadere mai." In terza media aveva frequentato una lezione di tecnica, vagamente sperando che il lavoro meccanico avrebbe potuto innescare qualcosa dal talento di suo padre, scatenare un po' di passione ereditata che giaceva latente dentro di lei, ma fu così. Aveva costruito una goffa casetta per uccelli per il cortile. Non frequentò mai più un'altra lezione di tecnica, la casetta per uccelli aveva attratto solo uno scoiattolo che prontamente la buttò giù. Jessica uscì dal bagno con un pigiama a righe rosa e Charlie entrò per prepararsi per andare a letto, si cambiò e si lavò i denti in fretta. Quando uscì di nuovo, Jessica era già sotto le coperte con la luce accanto al letto spenta, Charlie spense anche la sua, ma la luce dal parcheggio brillava ancora dalla finestra, in qualche modo filtrando oltre i cassonetti. Charlie fissò il soffitto di nuovo con le mani dietro la testa. "Sai cosa succederà domani?" Chiese. "Non lo so." Rispose Jessica. "So che è una cerimonia presso la scuola."

"Sì, lo so." Disse Charlie. "Ma dobbiamo fare qualcosa? Tipo, vogliono che parliamo?" "Non credo." Rispose Jessica. "Perché? Vuoi dire qualcosa?" "No, me lo stavo solo chiedendo." "Hai mai pensato a lui?" Chiese Jessica. "A volte. Provo a non pensarci." Charlie disse la mezza verità. Aveva sigillato Michael nella sua mente, chiudendolo dietro a un muro mentale che non aveva mai toccato. Ormai non era un problema evitare l'argomento, in realtà era un problema pensare a lui. "E tu?" Chiese a Jessica. "Non proprio." Rispose. "È strano, vero? Qualcosa accade ed è la cosa peggiore che si possa immaginare, è inciso dentro di te al momento, come se potesse perseguitarti per sempre. E poi passano gli anni e diventa solo un'altra cosa che è accaduta, non come se non fosse importante, o terribile, ma è nel passato, così come tutto il resto. Capisci?" "Credo." Rispose Charlie. Ma lei lo sapeva. "Cerco solamente di non pensare a quelle cose." "Anche io. Sai che sono andata a un funerale la settimana scorsa?" "Mi dispiace." Disse Charlie, sedendosi. "Stai bene?" "Sì, sto bene." Rispose Jessica. "Lo conoscevo a malapena, era solo un vecchio parente che viveva a tre stati di distanza. Credo di averlo incontrato una volta, quasi non lo ricordo. Siamo andati soprattutto per fare contenta mia mamma. È stato come un funerale antico, come nei film, con la bara aperta. Abbiamo camminato tutti fino alla bara e quando fu il mio turno lo guardai, avrebbe potuto essere addormentato sai? Con quell'aria calma e rilassata, come la gente che dice sempre che morti guardano. Non c'era niente che avrebbe potuto farmi pensare che fosse morto, se me l'avessero chiesto; ogni caratteristica del suo viso sembrava come se fosse stato vivo. La sua pelle era la stessa; i suoi capelli erano gli stessi. Come se fosse stato vivo. Ma lui non era vivo e lo  sapevo, l'avrei saputo sin da subito, anche se non fosse stato...sai...in una bara."

"So cosa vuoi dire, c'è qualcosa in loro quando sono..." Disse Charlie a bassa voce "Sembra stupido quando lo dico. Ma quando l'ho guardato, lui sembrava così vivo, e tuttavia sapevo, semplicemente sapevo che non lo era. Mi ha fatto accapponare la pelle." "Questa è la cosa peggiore, non è vero?" Disse Charlie. "Le cose che agiscono come se fossero in vita, ma non lo sono." "Cosa?" Chiese Jessica. "Voglio dire le cose che sembrano vive, ma non sono" Rispose Charlie in fretta. "Dovremmo dormire un po '." Disse. "Hai impostato la sveglia?" "Sì." Rispose Jessica. "Buona notte." "Notte." Charlie spense la sua luce, sapendo che il sonno non sarebbe arrivato. Sapeva cosa voleva dire Jessica, probabilmente meglio di lei. Lo splendore artificiale negli occhi che seguono mentre ci si muove, proprio come una vera persona farebbe. Il leggero barcollare degli animali realistici che non si muovevano nel modo in cui avrebbero dovuto fare. I glitch di programmazione occasionali, che rendevano un robot un essere vivente perchè aveva fatto qualcosa di nuovo, creativo. La sua infanzia ne era stata riempita, era cresciuta nello strano divario tra vita e non-vita. Era il suo mondo. Era stato il mondo di suo padre. Charlie chiuse gli occhi.

Che cosa gli aveva fatto quel mondo?





Eccoci alla fine del secondo capitolo, a breve posterò le prossime 5 pagine. Grazie per la lettura ^^

Five Nights At Freddy's: The Silver Eyes TRADUZIONE ITALIANADove le storie prendono vita. Scoprilo ora