Capitolo 3:Godiamoci il presente

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Sentì Beth trattenere il fiato di fianco a sé.

"Siamo finiti in fondo all'oceano, lo sapevo" pensò amareggiato Gabe con gli occhi ancora rigorosamente chiusi. Si sentiva un perfetto buono a nulla.

Inaspettatamente, però, Beth l'abbracciò.

«Du bist ein Genialität* Gabe. Ci sei riuscito».

Cosa?

Aprì gli occhi. La Ferrari stava percorrendo lentamente le strade innevate. Davvero erano apparsi New York?

Fissò lo sguardo all'insù di Beth, più emozionata che mai.

Dovette ammettere che la città non era affatto male come credeva, anche se le insegne erano troppo luminose per i suoi gusti.

E non erano apparsi a Time Square come voleva.

Optarono per un albergo poco distante nella Broadway quasi all'incrocio con West 57 th Street. Beth si intrattenne in una lunga conversazione con l'inserviente. Gabe si guardava attorno con il naso all'insù percorrendo l'intero perimetro. Era decorato finemente con affreschi di chissà quale epoca. Al centro scendeva un enorme lampadario appesantito da un numero discreto di cristalli.

«Vieni Gabe».

La voce di Beth lo riportò con i piedi per terra.

Entrarono nell'ascensore e Beth pigiò il tasto numero 9.

All'interno padroneggiava il rosso e l'oro. Un piccolo tlin segnò l'arrivo a destinazione.

Beth controllò il numero delle stanze segnate sul portachiavi della chiave.

«Hai la stanza 909 Gabe»gli disse porgendogli la chiave.

«E tu?»

«Quella accanto. La 908».

Trascinò la valigia dentro la stanza abbastanza accogliente. Il letto a baldacchino dalle coltri rosse però assomigliava un po' troppo a una bara, constatò.

Alla sua destra un comodino basso su cui era poggiata una lampada e il telecomando della tivù posta esattamente lì davanti. A sinistra invece un piccolo frigo.

Almeno la portafinestra dava su un piccolo terrazzino. Quando aprì le imposte fu investito da una folata gelida. A Wilmington non faceva così freddo.

Il sonno era scomparso, sostituito dall'eccitazione per la sua impresa. I suoi insoliti poteri per un Angelo comune stavano aumentando.

"Chissà se ho ancora capacità nascoste"pensò tra sé e sé.

Si buttò pigramente sul letto, e accese la tivù.

Si fermò davanti a una giornalista al caldo in un morbido piumino da sciatore.

«Incredibile cari concittadini. Questa è senz'altro la bufera più intensa degli ultimi anni. E anche fuori stagione, come potete notare dal calendario».

23 novembre 2012. Senz'altro anomala.

«Per cui, consiglio degli esperti cercate di uscire nelle ore più calde e occupate il vostro tempo in compagnia di famigliari».

Il servizio si interruppe, dando il via a quello dopo centrato tutto sulle ultime notizie di gossip.

Represse una smorfia di disappunto. Non lo affascinavano per niente quelle ragazze ossigenate e dall'aria poco intelligente.

Spense la tivù. Poteva leggere un buon libro. Oppure chiamare Beth e passare un po' di tempo con lei. Fece per alzarsi dal letto quando la porta si aprì.

Sulla soglia apparve Beth vestita tutto punto.

Aveva optato per un cappotto di lana nera, un basco e anfibi. Si era legata i capelli in due trecce che le scendevano giù morbide dandole un aspetto sbarazzino.

«Andiamo Gabe?»

Gabriele gettò un'occhiata all'orologio alla parete.

Altro che ore più calde.

«Sono le nove di sera. Gli esperti hanno detto…»

«Ma Gabe»lo interruppe Beth impaziente.«Io vorrei vedere Rockefeller Center illuminata. Di giorno perde tutta la sua magia».

Gabe sospirò, ma prese comunque il suo piumino.«Andiamo a vederla veloce, e poi torniamo qui di volata».

Beth si alzò sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra.

«Sei un tesoro d'un Angelo Gabe, lo sai?»

Gabe sorrise furbescamente.«Lo so. E me ne compiaccio».

Rockefeller Center  non era molto lontana dall'albergo. Percorsero le strade caotiche di New York mano nella mano, come una comune coppia innamorata. Che tanto normale non era.

«Eccoci Gabe. Siamo quasi arrivati»esclamò Beth tutta eccitata.

«Come fai a saperlo? Non sei mai venuta qui».

«Ho fatto le mie ricerche, Angioletto troppo preistorico. Sai che hanno inventato Google Maps».
Gabe alzò gli occhi al cielo divertito.«Hai vinto. Uno a zero per il Demonietto».
Beth sorrise.«Ja. Lo sai che io ho sempre ragione».
«Claro**».
«Gabe guarda!»urlò emozionata Beth all'improvviso.«Non trovi che sia favoloso?»
In effetti non era affatto male.
Notò in lontananza una fontana con una statua in oro,con alle spalle il famosissimo albero alto più di nove metri sicuramente.
Una fiumana di gente sciamava nella loro stessa direzione. Genitori che cercavano di calmare i loro figli urlanti ed eccitati. Coppie come loro che si tenevano stretti l'uno all'altra teneramente. Anziani con i loro nipoti. Insomma un'eterogeneità di età e culture. Una signora si aprì in un grande sorriso a Gabe che rispose impacciato.
"Se mi vedesse Raphael mi prenderebbe in giro a vita"pensò.
«C'è anche la pista da pattinaggio».
Questo interruppe il flusso dei suoi pensieri.
Pista da pattinaggio?
Oh no.
«Vieni Gabe».
Beth lo prese per mano e lo condusse dal chioschetto dove affittavano i pattini.
«Beth non credo sia una buona idea»disse a scatti, come per mancanza d'aria. Che veramente gli mancava.
«Non sai pattinare?»
Non era per quello.
«Ecco io…»
«Ti insegnerò io Gabe».
Non era per quello. Avrebbe voluto dire Gabe.
Come un condannato a morte osservò Beth nella sua conversazione con un tizio che le porse due paia di pattini argentati.
«Sarà divertente Gabe, lo giuro».
Gabe deglutì e annuì poco sicuro.
«Non mi metterò a ridere se finirai con il sedere per terra»aggiunse Beth allacciandosi i pattini.
Gabe la imitò. Pochi secondi dopo erano sulla lastra di ghiaccio. Intorno a loro saettavano ragazzi dall'aria da spaccone. Attaccati alle ringhiere quelli insicuri che facevano piano piano un passetto alla volta.
Fissò se stesso in bilico sulla superficie ghiacciata. Un senso di vertigine lo bloccò al suo posto. Il mondo prese a vorticare. Sentì a malapena di essere crollato sul ghiaccio.
«Gabe? Gabe! Che cos'hai? Gabe!»
La voce preoccupata e atterrita di Beth arrivò ovattata alle sue orecchie.
Non riusciva a risponderle. I ricordi invasero prepotentemente la sua mente cancellando ogni singola cosa.
Fu la mano gelida di Beth poggiata sulla sua spalla a farlo riemergere dall'oblio.
«Gabe». Sollevò lo sguardo. La vista gli si spianò piano piano. Si trovavano seduti su una panchina lì vicina alla pista. Beth aveva un'espressione di sincera preoccupazione.
«Sei pallido»gli disse poggiandogli una mano sulla fronte madida di sudore.
«S-sto bene»cercò di dire, ma le parole gli uscirono smozzate dalle sue labbra.
«No invece. Non stai per niente bene». I suoi occhi erano lucidi.
Gabe si portò le mani alla testa. Si sentiva ancora frastornato.
Sentiva debolmente Beth che al suo fianco mormorava:«è colpa mia. Ti ho trascinato io in tutto questo…»
«Beth…». Le mise una mano dietro la testa.«Sto bene. è che io e il ghiaccio non siamo in amore e simpatia»disse cercando di calmarla. Sul viso si dipinse un sorriso troppo sforzato.
«Gabe…»
Al diavolo. Non poteva tenerle nascosto questo segreto. Come le aveva promesso non ce ne sarebbero state altre verità nascoste.
Fisso a terra sconsolato.«La verità è che…sono morto intrappolato sotto il ghiaccio».

*trad dal tedesco:sei un genio…
**trad dallo spagnolo:chiaro

Angolino autrice:
Eccomiii finalmente :)
Spero che il cap vi sia piaciuto :-*
Ciauzzzz!!!

Forbidden Love 2:Il richiamo della luceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora