"Il nostro inizio"

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Tutto questo è solo una convinzione della mia mente, lei non esiste, non può esistere! Scommetto di aver letto uno strano libro che mi ha condizionata a tal punto che ho creduto davvero che lei fosse reale.
Questo mi ripeto tutte le notti prima di chiudere gli occhi, per lasciarmi cullare tra le braccia di Morfeo, ma quando la mattina li riapro lei è lì, pronta ad augurarmi un piacevole buongiorno, che la maggior parte delle volte, di piacevole non ha proprio un bel niente.
"Quanto diavolo hai intenzione di dormire razza di pigrona!? Sono quasi le 7 del mattino e se non muovi quel magnifico culo che ti ritrovi, arriverai tardi a lavoro!"
Grida così forte da interrompere il mio dolce sonno.
Ecco, questo è lo splendido buongiorno di cui vi stavo parlando e posso giurare che, quando si comporta in questo modo, ho quasi l'impulso irrefrenabile di soffocarla sotto il cuscino, ma quando la rabbia passa e la ragione torna ad invadermi il cervello, mi rendo conto che sarebbe terribilmente controproducente.
"Mi alzo maledizione, mi alzo!" Le rispondo io, con tono leggermente irritato e terribilmente assonnato, però, purtroppo, devo darle ragione, se non mi muovo rischio di arrivare in ritardo al mio primo giorno di lavoro, ed è l'ultima cosa che mi serve stamattina.
Con malavoglia abbandono il mio confortante lettone, prendo i vestiti sulla scrivania che mi ero preparata la sera prima, e li infilo al volo.
Per il mio primo giorno di lavoro ho scelto una maglia nera a maniche corte, dei jeans a vita alta dello stesso colore e, a completare il tutto, un caldo felpone anch'esso nero, un look semplice e interamente monocromatico, che segue alla perfezione il volere del mio titolare.
Una volta vestita corro in bagno con la destrezza di un bradipo zoppo, mi piazzo di fronte allo specchio, prendo la spazzola e dò finalmente una pettinata a quest'indomabile chioma che mi ritrovo in testa.
I miei amatissimi capelli castani, che con grande pazienza ho fatto crescere fino a sotto il seno, la mattina, per colpa del mosso che li caratterizza e del mio agitatissimo sonno, assomigliano più che altro ad un rovo che non è mai stato potato.
Dopo un tempo che mi sembra infinito, passato a cercare di domare con tutte le mie forze questo cespuglio impazzito, opto per una coda bassa, che in questo momento mi pare la scelta più sensata da fare.
"Allora, già dobbiamo parlare seriamente del modo in cui ti sei vestita, ti ci devi mettere anche con questa pettinatura a dir poco oscena?" Dice lei schifata, come se avesse appena visto un topo di fogna
"Il mio capo ha detto di vestirmi così e poi, cosa c'è di così osceno in una coda di cavallo?" Controbatto io, veramente curiosa di saperlo.
"Banale! Assolutamente banale. Come speri di farti notare in mezzo a questa società ostile se ti acconci in questo modo? Se continui così sarai un' emarginata e ti ridurrai a guardare serie tv e ad ingozzarti di gelato sul divano per il resto dei tuoi giorni."
"Tutto ciò per una semplice coda di cavallo?" Le domando, ancora sconvolta dalla sua indelicata affermazione.
"Ne sono assolutamente convinta, quindi, libera questi poveri boccoli, rilassati e lasciati truccare." Stanca di discutere mi sciolgo i lunghi capelli e li ravvivo leggermente con le mani, dopodiché mi sciacquo il viso, mi asciugo e le lascio il comando.
Con una faccia a dir poco soddisfatta, per la mia quasi immediata obbedienza, afferra il correttore e comincia a nascondere tutte le imperfezioni presenti sul mio volto, successivamente spalma il fondotinta come una professionista, fino a farmi assomigliare ad una bambola di porcellana.
Dopo di che passa all'eyeliner e disegna una finissima linea sulla palpebra di entrambi gli occhi.
Ultimo, ma non per importanza, un fantastico rossetto color mattone, che colora le mie labbra alla perfezione.
Osserva il suo lavoro come se fosse quello di una vita e con tutta la "delicatezza" del mondo mi dice: "Sei a dir poco perfetta, voglio che ti trucchi e ti pettini così tutte le mattine...capito?!"
"Signorsì signor capitano! Messaggio ricevuto, ma ora dobbiamo davvero andare, è tardissimo!"
Non sono pienamente sicura di riuscire a trovare le forze necessarie per agghindarmi in questa maniera tutte le mattine, ma in questo momento è terribilmente tardi e non ho il tempo né la voglia di battibeccare con lei.
Prima di uscire di casa mi preparo a dovere per affrontare il gelo di Novembre, giacca e cappello di lana blu più una sciarpona nera.
Ecco, ora sono pronta, freddo maledetto non mi avrai mai!.
Ripetendomi questo mantra esco di casa e, dopo essermi accertata di averla chiusa a dovere, mi dirigo in fretta e furia verso la fermata, che si trova a pochi metri da qui.
Non perdo il pullman per un pelo e immediatamente mi rendo conto di essere appena entrata in uno dei gironi dell'Inferno.
Proprio vero, il pullman delle sette e trenta non perdona.
Persone, persone ovunque, in ogni minuscolo angolo, incastrati alla perfezione come se stessero giocando a Tetris.
Il nervoso comincia a farsi sentire e non so per quanto ancora riuscirò a stare calma.
Oh diavolo, ho diciotto anni, penso sia davvero ora di farmi passare questa maledetta claustrofobia, sta davvero cominciando a diventare opprimente.
Prima fermata, seconda, terza. . .ma quanto ci mette ad arrivare la mia!?
"Dayan!" Urla lei, interrompendo il mio imminente attacco di panico.
Beh, almeno ogni tanto si rende utile in qualcosa.
"Qualcuno qui sta cercando di rilassarsi, ma se continui a svalvolare in questo modo non ce la farò mai e sarò irritata tutto il santo giorno!"
Lo dice gridando come una forsennata, ma ,seriamente, non si rende conto di quanto è fastidiosa?
La mia sacra regola del mattino è: niente suoni che siano più alti di 2 decibel, finché non si comincia una vita sociale attiva" e lei la sta infrangendo spudoratamente, che oltraggio. . .
"C'è dell'altro?" Le domando con il cento per cento di sdegno nella mia voce.
"In effetti sì, se non scendi ora, perdiamo la fermata"
La fermata?. . .Oh diavolo la fermata! Perché non mi hai avvisata prima?!. Scendo dal pullman con uno scatto degno di un velocista, non dimenticandomi, ovviamente, di ringraziare il conducente.
Bisogna sempre ricordarsi di essere gentili nella vita anche se si è in una situazione scomoda, perché sono certa che il bene che faccio, un giorno, mi verrà restituito.
"Oh mio Dio! Chi sei, la santa protettrice dell'amore e della bontà?! L'amore, la gentilezza e il bene verso il prossimo sono solo un ammasso di sciocchezze."
Amarezza, freddezza e una buona dose di cinismo, un mix letale che ucciderebbe qualunque sognatrice, ma non me!
So già com'è fatta e non mi farò rovinare la giornata, perciò risponderò come la persona matura che sono.
"Non ho alcuna intenzione di ascoltarti, se vuoi distruggere i miei sogni e i miei ideali fallo stasera a casa, quando sarò tranquilla e rilassata nel mio letto. Adesso voglio solo sentire un caldo cappuccino scendermi dolcemente in gola. Andiamo a fare colazione!" Aggiungo facendole l'occhiolino.
Alza gli occhi al cielo esasperata, ma poi sorride e dice: "Hai vinto tu...andiamo a mangiare, forza!"
Mi dirigo verso il mio bar preferito: La casa del cappellaio.
Un posticino assolutamente meraviglioso: le pareti azzurre sono tappezzate di disegni del Cappellaio Matto, della Lepre Marzolina e di tutti gli altri personaggi de Le avventure di Alice nel Paese delle meraviglie; i tavoli sono rotondi, di un bianco candido, con sopra disegnato il quadrante di un orologio; il pavimento presenta una fantasia a scacchiera e per finire, sul muro dietro al bancone, anch'esso bianco, dove sta seduto un pupazzo del Cappellaio che serve il tè, si trova un'enorme scritta che recita :Tu sai perché un corvo assomiglia ad uno scrittoio?.
Mi siedo al mio solito tavolino accanto al bancone e mentre attendo di ordinare appoggio i gomiti sul tavolo e la testa sui palmi delle mani cercando una risposta adeguata a quel misterioso enigma.
Forse perché era uno scrittoio di legno nero, come un corvo o magari perché tutti e due hanno le penne o probabilmente perché. . .
"Signorina, mi scusi. "Sorpresa mi giro di scatto e vedo il cameriere, probabilmente un ragazzo sulla ventina, capelli scuri e corti, occhi verdi e barba appena accennata. Indossa una camicia bianca che fa capolino dall'elegante gilet nero, abbinato ad un paio di jeans stretti alle caviglie e a dei mocassini dello stesso colore.
Pensavo che mi sarei ritrovata di fronte ad un'espressione scocciata dalla mia assenza, invece trovai un sorriso ad aspettare me e la mia ordinazione.
"Si, mi dica." Rispondo in tono cortese.
"Cosa le porto?" Chiede, guardandomi dritta negli occhi.
Occhi davvero meravigliosi, che purtroppo non riesco ad osservare a lungo.
Lo sguardo delle persone mi mette un timore indescrivibile, mi è davvero impossibile sostenerlo, è come se riuscissero a capire quello che penso e ciò che provo.
Anche se so che questo è impossibile, al solo pensiero mi vengono i brividi.
Questo problema mi tormenta da anni e fatta eccezione per la mia famiglia e per la mia migliore amica, gli occhi delle persone che conosco, e non, sono un assoluto mistero per me.
Gli occhi sono lo specchio dell'anima, mi ritorna così spesso in mente che, a volte, mi sembra quasi di averlo inventato io stessa questo modo di dire.
"Un cappuccino chiaro con cacao e un triangolino al latte per favore."
Rispondo senza nemmeno pensarci.
"Arrivano subito signorina, ribatte sorridendomi."
"Grazie mille" aggiungo velocemente prima che il ragazzo torni al bancone.
"Devi davvero spiegarmi com'è possibile che questo ragazzo sia così di buonumore alle 8 del mattino. Io sto ancora cercando di capire dove mi trovo, mentre lui è già bello fresco e pimpante. Ti sembra normale tutto ciò?!" commenta lei, scuotendo la testa e fissando il vuoto, come se la domanda appena posta la tormentasse per davvero.
"Certo che è normale!" esclamo "Devono esserlo tutti i lavoratori che, a quest'ora del mattino, cominciano ad interagire con la gente, e quando dico tutti, intendo anche noi due. Perciò dovrai abituarti ad essere attiva e solare con i clienti."
"Sei tu quella sempre sorridente, non potresti occupartene tu?" implora facendomi gli occhi da cucciolo indifeso.
Non devo farmi impietosire, so che dietro a quegli occhioni dolci si nasconde un enorme matassa di materia maligna.
Devo contrattaccare o sarà la fine.
"Scommetto tutti i miei risparmi che non hai la minima intenzione di lavorare, vero?"
Ottimo! Con questa domanda ho di sicuro destabilizzato il nemico, questa volta potrei anche vincere contro di lei!
"Esatto!" Esclama incrociando le braccia al petto e annuendo con il capo.
Oh cavolo, non solo non l'ho destabilizzata, ma sto anche cominciando ad esaurire la pazienza. Posso farcela, devo solo inspirare vigorosamente, raccogliere tutta la calma che possiedo e giocare la mia ultima domanda : "Adesso dimmi. . .che cosa avresti intenzione di fare allora?"
Il silenzio cade fra di noi per qualche secondo e quando comincio a pensare di averla finalmente zittita, ecco che prende un bel respiro, chiude gli occhi, allarga le braccia e . . .lo confessa.
Senza un minimo di vergogna, pudore o qualunque altra emozione che prova una persona con un briciolo di coscienza "Niente"
Ecco cosa uscì dalle sue labbra: n-i-e-n-t-e.
Sei lettere che hanno mandato letteralmente in fumo tutte le mie speranze di avere la vittoria in tasca.
"Scherzi vero?". Le chiedo con ovvietà, perché è ovvio chiederglielo, è ovvio come sapere che se non respiri non vivi.
"Certo...che no!"
Perfetto, credo sia giunto il momento di dire quello che penso:
"Senti. . .io sto seriamente cercando di non alterarmi e di trattarti nel migliore dei modi, ma, sul serio, non mi stai rendendo le cose facili. Te lo dico a priori, tu lavorerai quanto lavorerò io, fine della discussione!" Concludo esasperata ed esausta.
Ma perché non posso mai passarmi una mattinata in pace? Vi prego qualcuno me lo dica.
"Ascolta tesoro caro, tu non mi puoi dire cosa devo o non devo fa..."
"Ecco a lei signorina" dice il cameriere posando delicatamente sul tavolo il cappuccino, servito in una tazzina bianca a forma di cuore ed il triangolino adagiato su di un piattino del medesimo colore e forma.
Salvata dal cameriere. Dovrebbero dargli una medaglia al merito per il suo ottimo tempismo, essendo che non avevo davvero più voglia di discutere.
"Questo ragazzo ha davvero un tempismo del caz..."
"Noo!" Grido bloccandola in tempo.
Già mi ha fatto innervosire, non voglio anche farmi rovinare la colazione dal suo linguaggio da scaricatore di porto.
"Niente parolacce a tavola per cortesia, facciamo una tregua per mangiare, okay?"
"E va bene, tregua...." Evviva! Finalmente la battaglia è terminata! Sento la folla acclamarmi ed applaudirmi, che bella sensazione. . .
Immergo il triangolino nel mio cappuccino extra zuccherato e lo assaporo fino all'ultimo morso.
Accidenti, amo veramente tanto la colazione!
Una volta terminato il pasto pago, infilo le cuffiette, mi vesto ed esco a passo spedito dal bar dirigendomi verso il mio luogo di lavoro.
Ogni passo va a tempo con la musica e per poco non mi metto a ballare per strada, le mie orecchie mi stanno chiedendo cortesemente di abbassare, ma le loro richieste sono coperte da Irresistible dei Fall out Boy.
É davvero incredibile come una semplice canzone riesca a farti dimenticare tutte le preoccupazioni, come, ad esempio, il fatto che lavorerò per la prima volta e spero con tutte le mie forze di essere all'altezza dell'incarico che mi affideranno.
"Non preoccuparti, andrà tutto bene, ci sono io qui con te". Mi conforta lei cercando di sorridermi con affetto.
Sono contenta che ci abbia provato, ma dovrebbe essere sincera con se stessa e ammettere che i sorrisi non sono proprio il suo forte.
"Grazie. . .veramente." Le rispondo, con le braccia strette al petto e con un enorme sorriso sulle labbra ricco di gratitudine.
Spero che questo mio gesto scaldi per una volta il suo cuore di ghiaccio.
"Eccoci arrivate!" Lo annuncio mentre i miei occhi si posano sull'insegna del negozio.
"Chiave di violino?!...Sul serio? É tremendamente scontato..." Dice lei allargando le braccia in un gesto teatrale.
"Io lo trovo perfetto." Controbatto continuando a fissare meravigliata la facciata del negozio, composta solamente da un enorme vetrata, che mette in mostra viole, violini e violoncelli, dando ancora lo spazio per una visione completa dell'interno, sulla quale sono impresse una grande scritta dorata in corsivo che recita il nome del negozio ed una scritta più piccola dello stesso colore: "La musica è l'unico modo di fuggire senza allontanarsi da casa." Maledizione quant'è vero!
Entro e rimango sbalordita dal circondario.
Il negozio è composto da un'enorme stanza organizzata alla perfezione.
La prima cosa che vedo entrando è la cassa decorata con alcuni CD, posizionata al centro della struttura, e, subito dietro, la parete adibita all'esposizione degli strumenti a fiato, disposti in ordine di grandezza, dai tromboni ai flauti.
Subito dopo, voltandomi verso sinistra, trovo la parete delle chitarre elettriche, ordinate per colore e grandezza, seguite poi dalle chitarre acustiche che vanno dalla più semplice alla più decorata.
Sulla destra, invece, sono posizionati gli strumenti a percussione, le tastiere ed un pianoforte.
Infine ai lati della cassa sono presenti tre file di scaffali ciascuno, ricche di CD.
Ora capisco che cosa voleva dire il mio titolare durante il nostro colloquio, avvenuto due settimane fa, in una caffetteria del centro.
Visto che non ero mai stata in quello che lui chiama "il suo mondo" e sapendo che sono un'appassionata di musica, sosteneva di non volermi rovinare la sorpresa facendomi vedere il negozio prima del tempo ed ora che sono qui sono davvero felice che non l'abbia fatto.
Vedo il mio titolare e un altra ragazza sbucare fuori da una porticina situata sul fondo del negozio che prima non avevo notato e, dirigendosi verso di me, mi accoglie con un sorriso.
Luca Villa: un uomo sulla trentina, con capelli medio-lunghi e pizzetto sulle tonalità del rosso con riflessi ramati e occhi azzurri coperti da un paio di occhiali con montatura rettangolare blu.
In questo momento indossa una camicia blu scuro ed un paio di jeans strappati sulle ginocchia di una tonalità più chiara, probabilmente sbiaditi dal tempo, mentre ai piedi porta delle Converse All Star nere.
"Buongiorno Dayan, benvenuta nel mio mondo!" Esclama aprendo con fierezza le braccia per mostrarmi tutto quello che ci circonda.
"Che cosa ne pensi?."
"Penso che lei abbia un gusto impeccabile per l'arredamento e che mi piacerà davvero molto lavorare qui." Gli rispondo con tutta sincerità, il negozio è una favola.
"Ne sono davvero felice. . . Vieni voglio presentarti una persona."
Il signor Villa mi conduce alla cassa, dove ora vi si trova la ragazza di prima, che sta timbrando un blocchetto delle ricevute.
"Lei è Iris, lavora con me da circa tre anni, si occupa della contabilità del negozio e dei clienti, sarà lei a seguirti per i primi tempi visto che sei ancora inesperta." Dice mostrandomi la splendida ragazza di fronte a me.
Accidenti è bella sul serio!
Gli occhioni a mandorla, perfettamente truccati, hanno il colore dell'oceano. Gli zigomi alti e pieni sono colorati da un blush color pesca e le labbra carnose dipinte di un rosso intenso.
I lunghissimi capelli castani le ricadono a onde sul prosperoso seno, coperto da una maglia a maniche lunghe nera, con scollatura a barchetta, che lo mette ancora più in risalto.
A fasciarle le lunghe gambe sono dei pantaloni di pelle anch'essi neri che terminano con delle décolleté lucide dello stesso colore del rossetto.
Il nero dei vestiti mette in risalto le curve del suo fisico statuario.
Rimango spiazzata di fronte a tanta bellezza.
Cosa ci fa una donna così in un negozio di musica?! Dovrebbe fare la modella per qualche stilista, non lavorare in un negozietto di una città dimenticata dal mondo.
Iris, piacere di conoscerti Annuncia stringendomi la mano con una presa che comunica al mondo "sono una donna sicura di me e nulla può scalfirmi."
"Dayan, il piacere è tutto mio" Rispondo sfoderando il mio miglior sorriso.
Lei contraccambia e aggiunge: "Spero che ti troverai bene e per qualunque cosa tu abbia bisogno. . .io sono qui."
"Allora preparati perché avrò un sacco di domande da farti."
Scoppiamo a ridere entrambe e senza nemmeno accorgercene ci ritroviamo a scherzare come se fossimo due amiche di vecchia data.
"Ragazze non vorrei interrompere la vostra chiacchierata, ma è ora di lavorare.
Dayan puoi cominciare togliendo la polvere dagli scaffali e dagli strumenti per favore.
Tutto l'occorrente si trova nel retro nell'armadietto bianco. "
"Vado subito signor Villa." Rispondo rapidamente facendo un semi inchino per congedarmi.
"Ti prego, chiamami Luca." aggiunge scacciando un pensiero con la mano.
"Mi sarà difficile sig. . .Luca, ma ci proverò." Dicendo questo mi dirigo verso la porta del retro e, dopo aver preso tutto l'occorrente, comincio a lavorare per davvero.

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