Gatto e topo in società - parte seconda -

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Poco tempo dopo al gatto tornò la voglia di strutto. Così disse al topo: "Devi farmi un'altra volta il piacere di badare alla casa da solo; mi vogliono di nuovo come padrino e siccome il piccolo stavolta ha un cerchio bianco intorno al collo, non posso rifiutare." Ancora una volta il topo acconsentì, e di nuovo il gatto corse di soppiatto fino alla chiesa e finì col divorare metà del contenuto del pentolino. "E' proprio vero: nulla è più gustoso di quello che si mangia da soli" ed era tutto contento della sua giornata quando al tramonto rientrò a casa. Il topo gli chiese della giornata appena trascorsa e poi: "Questo piccolo qui come l'avete chiamato?" - "Mezzopappato," si lasciò scappare il gatto. "Mezzopappato! che razza di nome," esclamò il topo, "sono sicuro che non esiste nemmeno sul calendario!"

Ben presto al gatto tornò l'acquolina in bocca e, poichè non c'è due senza tre, disse al topo: "Devo fare di nuovo il padrino. Questa volta il piccolo è tutto nero e ha solo le zampe bianche: in tutto il resto del corpo non ha un solo pelo bianco. Questo capita solo una volta ogni due anni: mi lasci andare?" - "Pellepappata e Mezzopappato," rimuginò il topo a voce alta, "sono nomi che mi impensieriscono!" - "Tu te ne stai col tuo giubbone grigio scuro e la tua lunga coda tappato in casa, e va a finire che ti monti la testa! Succede così quando non si esce mai!" disse il gatto risentito e uscì. Quel golosone del gatto arrivò in chiesa e ovviamente divorò utto il pentolone di strutto: "Solo quando si è finito tutto si sta in pace!" disse a se stesso e tornò a casa solo a notte fonda e ben pasciuto. Il topo, che nel frattempo aveva sbrigato tutte le faccende e rimesso in ordine la casa, anche questa volta gli chiese che nome avessero dato al terzo piccino. "Beh, non ti piacerà di certo," disse il gatto, "si chiama Tuttopappato!" - "Tuttopappato, certo che è proprio un nome bizzarro, io non l'ho mai visto scritto. Che vorra mai dire?" ma poichè era stanco scosse il capo, si acciambellò e si addormentò.

Da allora più nessuno chiese al gatto di fare da padrino. Giunto l'inverno, quando ormai fuori non si trovavapiù nulla, il topo si ricordo della loro provvista di strutto e disse: "Vieni gatto, andiamo dove abbiamo messo in serbo il nostro pentolino di grasso, ce la godremo." - "Certo," rispose il gatto aggiungendo tra sè e sè "te la godrai come a mangiar aria fritta!" Si missero in cammino e quando arrivarono la pentola era ancora al suo posto, ma completamente vuota. "Ah," esclamò il topo, "ora capisco quel che è successo, ora mi è tutto chiaro. Bell'amico che sei! Hai divorato tutto quando hai fatto da compare: prima pellepappata, poi mezzopappato poi..." - "Vuoi tacere," disse il gatto, "ancora una parola e ti mangio!"

"Tuttopappato," finì di dire in quell'istante il topo. Così il gatto con un balzo l'afferrò e ne fece un sol boccone. Vedi, così va il mondo.

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