Capitolo 7

342 25 10
                                    

Passo la settimana successiva ad ambientarmi, ciondolare per casa osservando bene ciò che mi circonda e purtroppo per me... mi sono dovuta pure iscrivere all'ultimo anno di scuola. Per fortuna il livido allo zigomo è quasi sparito, così nessuno farà domande inopportune.
Io e Dylan ci siamo andati un paio di giorni dopo il nostro arrivo e l'unica cosa che ho scoperto, a parte il nome orrendo -Bodwell high school- è che si trova a venti minuti di macchina da casa.
Per lo meno, dopo aver sbirciato su internet e aver scoperto che è un posto abbastanza raccomandato mi sono messa il cuore in pace e ho organizzato la mia ultima settimana da adolescente fuori dalla normale comunità. Ho ripreso ad allenarmi con Dylan, anche se faccio ancora schifo e ho cominciato a leggere con attenzione, chiusa a chiave in camera mia, quel massiccio libro "di ricette".
Ho trovato delle cose molto interessanti, compresi degli appunti in quella che sono sicura al cento per cento fosse la calligrafia di mamma, tutta arzigogolata. Un pomeriggio mi sono perfino addormentata con il libro in faccia e mi sono svegliata bruscamente al rumore di qualcuno che bussava alla porta della camera. Ho dovuto nascondere il libro come un fulmine tra le coperte e scendere ad allenarmi prima di cena, nel sotterraneo -che assomiglia più a un bunker di un sotterraneo, ma pazienza-.
Ieri invece mi sono recata dal più vicino ferramenta e ho acquistato un fornelletto da campo e varie pentoline, che da quanto ho capito negli appunti, per alcune ricette, dovrò tenere acceso anche tutta la notte a fiamma bassa.
Mi sono costruita persino un tavolo di fortuna in mezzo alla camera, veloce da montare e anche da nascondere. Per il momento però non posso fare niente, visto che non ho gli ingredienti per provare nessuna delle ricette.
Mi sto scervellando per capire dove andare a prenderli quando sento bussare forte alla porta. Mi alzo di scatto dal letto e nascondo il libro, poi vado a vedere chi è.
-Forza Sienna, è ora di allenarsi. Ma si può sapere perché chiudi a chiave la porta?- Sbuffa Dylan, passandosi una mano nei capelli corvini e scompigliandoli.
-Perché vorrei che nessuno ficcanasasse nelle mie cose.- Sorrido e lo spingo in avanti, facendogli perdere l'equilibrio. Dylan spalanca gli occhi e si affretta a riprendere una posizione che non lo faccia cadere.
-Come siamo misteriose.- Mi prende in giro prima di scendere. -Muoviti e cambiati, ti aspetto di sotto.-
Quando se ne va sbatto la porta della camera con forza e sbuffo. Vado verso l'armadio e prendo la prima tuta che trovo. Fortuna che questa settimana sono arrivati anche gli armamenti necessari al nostro lavoro, il mio adorato arco, la Beretta nuova di zecca e tutti i miei vestiti. Non sarei potuta andare avanti ancora per molto con gli stessi vestiti.
Mi cambio in fretta e scendo, aprendo la botola di legno dietro al muro della cucina. Una piccola scala a chiocciola di pietra mi conduce nel sotterraneo, dove Dylan si riscalda i muscoli saltando una corda sul pavimento di cemento. Mi guardo intorno e non mi sembra ancora una palestra, visti i divanetti e la zona bar predisposti in fondo. Nel posto in cui siamo io e Dylan, separato dal cambio di pavimento, ci sono un mobile con i pesi, dei tappetini morbidi e spessi e altra "robaccia non meglio identificata" per la palestra.
-Forza, campionessa di divaning. Corsa sul posto, stretching, salto alla corda e addominali, giusto per riscaldarti un po'.- Lo guardo male e comincio a fare gli esercizi con svogliatezza. So perfettamente che mi servono per rafforzare e riscaldare la muscolatura e queste lezioni mi servono per imparare a difendermi in caso di corpo a corpo, ma quando uccido sono a più di quindici metri dal bersaglio, direi una distanza ragionevole. Sono Dylan e suo padre che si occupano dei corpi e li fanno sparire. Spesso ho solo il compito di uccidere e papà a volte mi da il cambio, dato che è più esperto di me; altre volte supervisiona tutta l'operazione, dando ordini e direttive. Studia anche le tempistiche, osserva le scene e pedina la vittima designata per scoprire le sue abitudini e la zona migliore per compiere il lavoro.
Comincio a sudare e la cosa non mi garba per niente, è anti-estetico, miseriaccia!
-Credo possa bastare. Adesso combatti contro di me.-
Con il cuore che batte più veloce a causa dell'esercizio fisico mi alzo da terra dove stavo facendo le flessioni e mi metto davanti a Dylan, in posizione di difesa.
Lui mi gironzola intorno e comincia a parlare. -Allora, cosa ti ho insegnato fino ad ora nel corpo a corpo?-
Cerco di ricordarmi quello che mi ha detto nelle lezioni precedenti, ma il mio cervello si rifiuta di concentrarsi. -Mmm, vediamo. Tenermi sempre in movimento, proteggere il volto e non permettere all'avversario di colpirmi in punti lasciati scoperti dalla mia barriera difensiva.-
Annuisce e rimane in silenzio. -Hai dimenticato un paio di cose.-
Divento sospettosa e alzo la guardia, ma non serve a nulla. Dylan mi tira i capelli verso il basso e, presa dal dolore, non riesco a difendermi neppure quando mi fa mancare la terra da sotto i piedi, così cado sui tappetini, espellendo tutto il fiato che ho nei polmoni.
-Sei morta.- Dice semplicemente, prima di offrirmi una mano per aiutarmi a tirarmi su. La rifiuto e mi alzo da sola, con la schiena ancora dolorante e il fiato corto. Comincio ad arrabbiarmi.
-È inutile che mi guardi con quella faccia Sienna. Prima cosa da tenere a mente- gesticola per dare più enfasi a ciò che dice mentre riprende a girarmi intorno -non perdere mai di vista il tuo avversario. È importante tenerlo sempre d'occhio. Non devi permettere che ti arrivi alle spalle come ho fatto io.- Il tono da saputello che usa mi fa innervosire ancora di più, ma rimango ferma a guardarlo male.
-Secondo... devi imparare a sopprimere l'istinto quando combatti e devi affidarti alla ragione e alla logica. Il dolore alla testa non ti ha permesso di difenderti correttamente e così sono riuscito a metterti al tappeto.- Se dall'esterno posso sembrare solo leggermente infastidita da ciò che mi sta dicendo, dentro sto urlando. Non sono mai stata una persona logica ma emotiva, anche se a volte preferisco essere priva di emozioni. È solo una strategia di difesa mentale, privarsi delle emozioni per non soffrire; ci ho messo del tempo per perfezionarla. Non è facile, ma la prima volta che ho ucciso qualcuno sono rimasta in stato catatonico per tre giorni, i sensi di colpa mi divoravano. Non parlavo e non mangiavo. Solo dormendo riuscivo a trovare pace dai miei pensieri, anche se a volte ho avuto gli incubi. Papà si era preoccupato molto a vedermi in quello stato e mi aveva detto che forse il lavoro del sicario non faceva per me. Mi aveva anche detto che mi avrebbe lasciato il tempo per scegliere, se continuare o meno sulla sua stessa strada. Alla fine della settimana, in cui mi nutrivo forzatamente e sia Dylan che mio padre erano preoccupatissimi perché parlavo a monosillabi, ho cominciato a giustificare ciò che avevo fatto con delle scuse. All'inizio mi sembravano comunque assurde come scuse. Non avevo il diritto di uccidere quelle persone, ma la giustificazione più banale che mi veniva in mente era che se lo meritavano e che il mondo era un posto migliore senza di loro in circolazione.
Abbiamo ucciso stupratori, ladri, serial killer a piede libero per mancanza di prove e anche dei politici corrotti. Insomma, sono solo delle scuse per giustificare il fatto che ho ucciso della gente che probabilmente aveva una moglie, o un marito e probabilmente anche dei figli.
Quindi da quella settimana di catatonia ho cercato in tutti i modi di capire come poter fare a spegnere le emozioni quando uccido qualcuno e mi fornisco delle scuse plausibili per il mio comportamento. Ci ho messo parecchio tempo e la mia tecnica non è ancora perfetta, ma ci lavoro ancora su.
-In conclusione dovresti solo allenarti di più. Fare pratica di tecniche tutti i giorni, finché non diventa un'abitudine.-
Peccato che qualunque cosa stesse dicendo non lo stavo ascoltando.
-Si, giusto.- Si ferma e mi osserva, poi in un batter d'occhio cerca di tirarmi un pugno dritto in faccia. Riesco a pararlo per il puro istinto e non per ragione e logica, come dice lui.
-Brava. Hai saputo difenderti, ma ti manca la tecnica. Te la insegnerò presto, non ti preoccupare.- Si vede che è tutto preso dal suo ruolo di istruttore.
-Istinto. Non ragione.- Bisbiglio chinando lo sguardo a terra e strisciando le scarpe sul pavimento.
-Cosa?-
-Niente.-
-Allora forza. Riprendiamo l'allenamento.-

L'orma del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora