Capitolo 10

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È quasi ora di cena e Dylan non si è ancora fatto vivo. Le lacrime di Morfeo che ho preparato dovevano durare un paio d'ore, suppongo a questo punto che siano state più potenti del previsto, a meno che io non abbia ammazzato Dylan per sbaglio. Il panico mi invade come un cubetto di ghiaccio che scivola veloce sulla schiena, ma cerco di non darlo a vedere. Preparo la tavola mentre papà cucina il cous cous con il pollo e il curry, stemperato con del formaggio spalmabile; lo fa solo perché sa che non mi piacciono le cose piccanti o troppo speziate.
-Beh, direi che possiamo cominciare a mangiare non trovi? Se aspettiamo troppo si fredda tutto.- Papà si siede a tavola davanti a me e ceniamo con un po' di musica in sottofondo.
Abbiamo quasi finito di mangiare quando dei rumori sordi e grugniti vari che li accompagnano ci fanno mettere sull'attenti. Dylan entra in cucina zoppicando leggermente ed è furioso, ma il sollievo mi fa rilasciare un sospiro enorme. Mi impaurisce un po' con quello sguardo, così distolgo gli occhi dal suo viso per fissare il mio piatto, pieno di bucce di mela che adesso mi sembrano interessantissime. Perché adesso mi sento in colpa? Non è giusto!
-Cosa gli hai fatto Sienna?- Domanda papà sconcertato, facendo saettare gli occhi su di me, su Dylan e poi ancora su di me. Mugugno e borbotto un po', evitando Dylan e l'ammirazione che invece sento trapelare dal mio genitore iperprotettivo.
Il mio amico si siede accanto a me con un grugnito infastidito e mi lincia, gli occhi azzurri come i proiettili della mia Beretta. Mi stupisce perfino che si sia seduto accanto a me dopo il colpo basso che gli ho giocato. -Vaffanculo Sienna.- Sibila con voce rauca.
Ah ecco, un motivo c'era. Doveva insultarmi.
Abbasso le spalle e mi tormento le mani. -Scusa.- Sussurro dispiaciuta. Ma perché mi sono scusata? Dopo quello che mi ha fatto ultimamente poi... cosa c'è in me che non va?
Dylan sembra accettare le mie scuse e annuisce, si alza e prende da mangiare, avventandosi sul cibo come se stesse morendo.
Io mi alzo, sparecchio le mie cose e prima di uscire avviso papà.
-Tra poco vado a fare il primo giro di perlustrazione per carpire qualche informazione utile, ok?-
-Perfetto- annuisce con vigore, poi scuote la testa -ma stai attenta, mi raccomando.-
-Si papà, lo farò.- Ho appena cominciato a salire le scale quando sento Dylan che alza la voce per farsi sentire, così mi fermo. -Vengo con te.-
-No, no, tranquillo. Devo solo fare un giro veloce, torno subito. Tu riposati dopo...- Non continuo e le parole rimangono incastrate in gola, cercando di uscire. Dopo che ti ho drogato, concludo mentalmente.
Dylan insiste. -Ti accompagno, fine della discussione.- Sospiro rassegnata e sbuffo dal naso.
-Va bene.- Dico con voce sommessa prima di riprendere a salire. Una volta arrivata in camera prendo abiti comodi e neri, in modo che facilitino un eventuale nascondiglio con il favore delle tenebre. Prendo i pugnali che ho usato nel pomeriggio e li nascondo nelle maniche della felpa, in caso di bisogno.
Ritorno all'ingresso e trovo Dylan che mi aspetta a braccia conserte con un'espressione impenetrabile. Spero che non voglia vendicarsi proprio adesso contro di me, perché non mi va di fargli del male. In men che non si dica ci siamo lasciati alle spalle il maniero con il suo vialetto curato e gli alberi che lo circondano. Sta calando il buio, il sole che sparisce dietro alle montagne, lasciando spazio al cielo blu e alle stelle.
Ci dirigiamo verso il centro, camminando velocemente e Dylan parla.
-Sienna...- Non lo lascio finire, o meglio, nemmeno cominciare.
-Mi dispiace seriamente per quello che ti ho fatto Dylan, ma c'è un motivo per cui ho compiuto quel gesto. Volevo farti capire che devi andarci piano con me.-
Rimane in silenzio qualche minuto mentre percorriamo le stradine del centro dove la gente passeggia tranquillamente. C'è una coppia anziana che si tiene per mano, dei ragazzini in bici con lo zaino che guardano una mappa e alcuni giovani uomini che parlano al telefono.
È strano sentire la gente che parla in una lingua diversa dalla mia con tanta naturalezza.
-Andarci piano?- Sbuffa divertito. Mi arrischio a sbirciare il suo viso. Sta sorridendo e la cosa mi sorprende.
-Non sei arrabbiato con me?- Chiedo incredula.
-Prima si. Anzi, ero infuriato, altro che arrabbiato.- Replica scuotendo la testa, come se non sapesse più cosa credere della situazione.
-Ti sei presa gioco di me. Complimenti per il gioco sporco comunque. Ora so che puoi difenderti benissimo anche senza di me, non serve più che io ti aiuti nell'addestramento, no?- Sbuffa con un sorriso.
-No no! Aspetta. Non è quello che intendevo!-
Dylan alza scettico un sopracciglio e cammina con lo sguardo rivolto verso il marciapiede.
Rallentiamo il passo perché ci stiamo avvicinando alla nostra meta, per non destare sospetti.
-Ah no? E a cosa ti servo allora?-
-Devo migliorare un sacco di cose Dylan, dalla tecnica ai metodi. Qualsiasi cosa. Ma tu devi smettere di accanirti su di me come se fossi un avversario vero o un sacco da boxe, perché non lo sono. Sto imparando e qualche livido lo posso sopportare. Però mai più come quello che ho ancora sullo stomaco. Per questo ti ho detto che devi andarci piano con me.- Lui si ferma e si dondola sui piedi, cercando le parole giuste da dirmi.
-Va bene. Dovrai dirmi se divento troppo aggressivo per te. Evidentemente non me ne accorgo.-
Annuisco sollevata. -Okay. Abbiamo un nuovo accordo allora.-
In meno di dieci minuti ci troviamo davanti alla casa del pedofilo. Due grandi finestre sono presenti sulla facciata frontale della casa e sono illuminate da una luce calda, segno che il nostro bersaglio si aggira per casa.
Io e Dylan camminiamo lentamente senza fermarci e raccogliamo più dettagli possibili. C'è un giardino ben curato e intorno ci sono altre case, che però sembrano disabitate, con le finestre e le tapparelle chiuse.
Si potrebbe fare una piccola effrazione, preparare il fucile di precisione con il silenziatore e la nostra missione finirebbe nel giro di un'ora, comprese tutte le precauzioni possibili.
-Direi che può andare bene per questa sera. È ora di tornare a casa, domani ci aspetta una lunga giornata di scuola.- Solo a sentir pronunciare la parola scuola il mio quasi buon umore riacquisito svanisce nel nulla come una nuvola di fumo.
Cerco di distrarmi in qualche modo.
-Dylan...- Comincio titubante mentre tormento la mia collana con il ciondolo a forma di mezzaluna.
-Si?-
-Mi avresti baciata veramente questo pomeriggio?-
Si ferma, preso alla sprovvista dalla mia domanda.
-Probabilmente si, se non mi avessi messo k.o. Anche se mi rendo conto che non potresti mai essere la mia ragazza. O in generale il mio tipo di ragazza.- Un po' mi sento offesa da questo commento, ma ehi, me lo sono cercata io. Ho voluto sapere la sua risposta ed eccola qui, anche se non mi piace così tanto.
-Mmm.-
-Che c'è?-
-Niente.-
Dylan posa un braccio sulle mie spalle, tirandomi a sé. Rimango spiaccicata al suo fianco senza parlare. -Non è vero che non hai niente. Si vede dalla tua faccia.-
-Quale sarebbe, allora, il tuo tipo di ragazza?- borbotto sulla difensiva, tenendo gli occhi bassi.
Ride e il suo petto sobbalza contro il mio braccio. -Un po' meno fredde di te che sembri avere il cuore avvolto nel ghiaccio. Che si lascino coccolare, un po' infantili e tenere.- Sbuffo per la sua visione di ragazza ideale.
-Sono praticamente il mio opposto, anche se a volte posso essere molto infantile.-
-Oh si, su questo non c'è dubbio.- Mi strofina le nocche sulla testa e io lo spingo via, mentre ride di gusto.
-Però...- Bisbiglio e poi decido di tacere, meglio non dire sempre ciò che penso.
-Però cosa?- Accidenti, mi ha sentito. Non sono capace di inventarmi le bugie di prima mano così velocemente e se succede è tutta fortuna. Sfacciata fortuna.
-Mi darebbe fastidio dividere le tue attenzioni con la tua futura ragazza.- Sospiro rassegnata, prendendo la strada che porta al maniero.
-Uhh, sei gelosa Sienna?- Dylan alza un sopracciglio con fare malizioso e mi tira delle gomitate leggere nelle costole, per prendermi in giro. -Ma figurati!- Scrollo le spalle e lo supero, entrando nel nostro vialetto. Lui mi riacciuffa in un attimo, stringendo le braccia intorno alla mia vita e sollevandomi.
-Si che sei gelosa- sussurra compiaciuto- ma puoi stare tranquilla. Verrai sempre prima di qualsiasi ragazza, te lo prometto. Sei mia sorella e non ti abbandonerò mai, hai capito?- Rimango commossa dalle sue parole e con una mossa alquanto contorta mi giro e lo abbraccio di slancio. Dylan sembra sorpreso però ricambia, stringendomi forte a sé.
Poco dopo entriamo in casa e trovo papà seduto in sala che legge un giallo con un bicchiere di quello che sembra brandy appoggiato sul tavolo di cristallo davanti a lui. Alza gli occhi dal suo libro appena entriamo in sala e ci sediamo davanti a lui.
-Lettura interessante?- Chiede Dylan con curiosità mentre si sistema comodamente accanto a me, allungando le gambe per poggiarle sul tavolino.
-Si, abbastanza. Anche se preferisco i thriller psicologici. Sono più particolareggiati e la lettura non è mai banale, rimani sempre col fiato sospeso.-
Sorrido per i suoi gusti in fatto di libri mentre Dylan alza un sopracciglio. -Ora capisco da chi hai preso.- Mi bisbiglia ridacchiando in un orecchio e io sorrido, alzando e abbassando velocemente le sopracciglia.
-Avete trovato qualcosa di utile in perlustrazione?- Appoggia il libro e si prepara ad ascoltate, con le braccia incrociate sul petto.
Passiamo i seguenti venti minuti a raccontare ciò che abbiamo visto nei minimi particolari e a discutere di come potremmo terminare il soggetto, secondo l'idea che mi è venuta in mente prima che comprende una piccola effrazione e l'unico fucile di precisione che abbiamo nella palestra-bunker.
Papà sembra pensieroso e non del tutto convinto. Si alza sbadigliando e ci saluta per dirigersi in camera sua.
-Dovreste andare a dormire anche voi due visto che domani avete scuola.- Sorride quando mi vede accartocciarmi sul divano fingendo di stare male.
-Su su, forza pigrona. Gente nuova, amici...-
E naturalmente, pessimista e fastidiosa come sono, oltre che un po' acida a volte, replico sottovoce: -Persone a cui nascondere la verità su ciò che sono e ciò che faccio.-
Papà non mi sente ed esce dal salotto augurandoci una buona notte. Dylan mi osserva preoccupato, mi stringe una spalla e mormora: -Sienna ce la puoi fare. Uccidi la gente a sangue freddo, cosa vuoi che siano degli adolescenti?-
In effetti non ha tutti i torti e questo pensiero sembra calmarmi almeno un po'.
-Tu invece? Stai bene?-
Scrolla le spalle e annuisce. -Ho già passato del tempo a scuola, me la caverò egregiamente anche questa volta.-
-Dimentico che tu hai voluto provare l'istruzione in una struttura "adeguata".- Gli mimo con le dita l'ultima parola, prendendolo in giro.
Dylan mi fa la linguaccia, si alza e si sposta verso una vetrinetta antiquata dove ci sono numerosi cofanetti. -Film?- Propone sventolandone uno.
-Perché no? È relativamente presto e sinceramente non ho sonno.- Alla fine opta per qualcosa che abbiamo già visto almeno una decina di volte.
Quando il film comincia è difficile trattenersi dal fischiettare la colonna sonora.
A metà film, dopo aver detto praticamente tutte le battute dei protagonisti prima che le dicessero loro, Dylan mi tappa la bocca con la mano. -Basta, zitta, zitta. Mi togli tutto il bello del film se dici a memoria le battute di Capitan Jack Sparrow.- Sbuffo dal naso e alzo gli occhi al cielo, bofonchiando una promessa di stare in silenzio fino alla fine.
Mi lascia andare poco convinto ma quando nota che sto zitta sorride divertito e si mette a fare la stessa cosa che ho fatto io fino a poco prima.
-Che bastardo che sei!- Gli tiro il cuscino in faccia e ci ritroviamo a ridere come due dementi.
-Ma io non ho fatto niente!- Utilizza una voce acuta e mi mostra una faccia da furbacchione.
Riusciamo per miracolo a finire il film senza più dire battute, tra sbadigli vari e risatine.
Ci avviamo nelle nostre stanze a passo pesante e io raccolgo Felpato dalla sua cuccia sul divano, portandolo in camera.
-Buonanotte Dylan.-
-Notte Sienna, a domani.-
Chiudo a chiave la porta e mi metto il pigiama, che consiste in una maglietta a maniche corte bucherellata e dei pantaloncini con i fiorellini.
Vado in bagno per il mio rituale serale e poi mi corico, Felpato comodamente acchiocciolato sulle coperte.
Tolgo il bracciale di cuoio e la garza che porto sul polso sinistro e osservo le cicatrici biancastre, illuminate leggermente dai raggi fievoli della luna. Chissà dove sarà adesso il lupo. So che è un licantropo e sicuramente non passerà tutto il suo tempo in forma animale, però mi piacerebbe sapere che aspetto ha.
Mi giro nel letto tutta la notte, il cervello che pensa senza sosta a quello che succederà domani a scuola.

L'orma del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora