DUE

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Phil's pov

"No."

"Si, ci andrai." Impose mia madre, con le mani tra i capelli biondi scuri.

"No! Papà, di qualcosa!"

"Devi andare." Rispose lui, tenendo gli occhi attaccati alla TV.

"Phil, davvero, è solo un gruppo di sostegno e solo per pochi mesi. Potresti persino farti degli amici! O almeno degli amici migliori." Sorrise mamma.

"Ho quattro tatuaggi, un piercing al naso, e degli ottimi amici. Quindi, perché dovresti mandarmi ad un gruppo di terapia di merda se non sono nemmeno approcciabile?"

"Philip Michael Lester! Dammi il tuo telefono, adesso! Bada al linguaggio!" Esclamò mio padre, girandosi finalmente per guardarmi. Ruotai gli occhi, tirando fuori dalla tasca il telefono e sbattendolo sul tavolo davanti a lui.

"Stasera alle sette. Ci andrai, che tu voglia o no. Capito?" disse mia madre. La guardai male.

"Capito." Mi trascinai su per le scale.

Gemetti, setacciando larmadio alla ricerca di qualcosa di colorato ma trovando solo nero.

Finalmente trovai qualcosa di colorato, la mia vecchia maglia con le volpi. Mi tolsi la t-shirt nera, guardandomi allo specchio. Il mio petto era dipinto di graffi e lividi, segni delle notti passate con il mio gruppo di amici, punti sul mio braccio da quella volta in cui è stato tagliato.

Bryony ha diciotto anni e Wirrow venti. Credo sia questo il motivo per cui Wirrow è il capo, è il più vecchio.

In totale noi tre abbiamo ucciso più di cento persone- alcune innocenti, altre un po' meno.

Per i miei genitori ero solo un adolescente in una delle tipiche fasi che usciva con gruppi di amici disgraziati, non sapevano che loro figlio era ricercato per rapina e omicidio di massa.

Un'ora dopo ero pronto, con la mia maglia con le volpi e un paio di skinny jeans neri. Almeno i miei tatuaggi erano coperti.

"Phil, sbrigati!" gridò mamma in fondo alle scale. Sospirai e corsi di sotto, sistemandomi i capelli e saltando sul sedile davanti.

"Non sei obbligata a portar mici tu, sai-"

"Voglio portarti io." Tagliò corto mia madre. Chiusi la bocca e restammo in silenzio finché non arrivammo a destinazione. Mi diede un bacio sulla guancia e se ne andò.

Restai un attimo fuori, osservando ledificio.

Era un piccolo palazzo di mattoni. A due piani, credo. La vernice si stava staccando dalle porte. Le luci erano accese, illuminando la gente che gironzolava allinterno.

Feci un respiro profondo ed entrai, ignorando le occhiate delle persone vicine. Seguii la massa, trovandomi in una stanza con delle sedie disposte a cerchio.

Trovai un posto libero, immobilizzandomi quando notai a chi era vicino.

È chi penso che sia?

Tirai fuori la foto dalla mia tasca, osservando il viso del ragazzo. Era lui. Daniel James Howell, signore e signori (e tutto il resto). Un sorrisetto spuntò sulle mie labbra.

Lo ammirai a bocca aperta. Il suo mento riposava sulle sue mani, i gomiti appoggiati alle ginocchia, sedeva sulla sedia ansioso. Era vestito completamente di nero, a parte le converse rosa, ed indossava degli orecchini neri.

Cera una cosa che, in particolare, lo rendeva diverso. La coroncina di fiori sulla sua testa.

Una fottuta coroncina di fiori?

Cercai di trattenere una risata, camminando verso di lui.

è libero? chiesi, sorridendo forzatamente. Il ragazzo alzò gli occhi, e notai quant' erano belli, ma le borse sotto di essi mi dicevano che non aveva dormito la notte prima. O che non dormiva mai, a giudicare dal suo carattere.

Annuì. "Si, fai pure." Poi tornò a fissarsi i piedi.

La sua voce era roca ma dolce. Mi sedetti accanto a lui, guardandolo di nuovo. "Sono Phil."

Il ragazzo tornò a guardarmi. "D-Dan. Howell."

Gli strinsi la mano, notando il sudore che la bagnava. "Che cè, sei nervoso?" ridacchiai.

Dan alzò le spalle. "Ansia. È solo che non mi piace stare in mezzo a tanta gente- soprattutto se non ho nessuno con cui parlare."

Sorrisi, dandogli una delicata pacca sulla schiena. "Ehi, non cè niente di cui aver paura," a parte me "Puoi parlare con me, no?"

Dan sorrise nervoso. "Allora, perché sei qui?" Domandò il ragazzo dai capelli color caffè.

"Sono semplicemente uno stronzo," Dan rise, coprendosi la bocca con il dorso della mano. Mentirei se dicessi che non era adorabile. "E tu, Howell?"

"Io-" si fermò quando un uomo si alzò dal suo posto.

"Ciao a tutti, io sono Patrick, quello con cui potete parlare se avete qualche problema. Per prima cosa, visto che oggi è il primo giorno, voglio che tutti vi piresentiate. Ah, e se ve la sentite, dite anche perché siete qui."

Una volta arrivato il mio turno mi alzai, asciugandomi le mani sudate sui jeans. "Sono Phil. Ho diciassette anni, uhm, mi piacciono la musica alternativa e i ragazzi?" dissi, facendo involontariamente suonare lultima parola come una domanda. Il gruppo rise.

Gli occhi di Dan si spalancarono quando arrivò il suo turno, e si alzò. "Ciao, io sono Dan, ho sedici anni e uhm beh non so davvero che cosa sono ma trovo che i ragazzi siano carini, quindi comunque, mi piace nuotare e il mio colore preferito è il rosa e-"

"Perché tutto quel nero?" chiese Nyla, una delle ragazze. è un colore scuro. Dan si morse il labbro e giocherellò ansiosamente con il bordo del suo maglione.

Patrick aprì la bocca per zittire laragazza ignorante, ma Dan lo precedette. "Non necessariamente. È solo un colore, davvero. Ci sono sette colori nellarcobaleno: viola, blu, azzurro, verde, giallo, arancione e rosso. Ma è solo larcobaleno, in realtà ci sono molti più colori. Ci sono il lilla, il verde menta, il turchese, il giallo canarino quindi, davvero, ci sono migliaia di colori che potrebbero essere tristi ma dipende tutto da chi li vede."

"Ad esempio, se qualcuno conoscesse una persona che ama il colore giallo, e questa persona morisse, per laltra persona il giallo diventerebbe un colore triste, perché gli ricorderebbe la persona che ha perso. Ma se ci fai caso, la maggiorparte delle faccine sorridenti che vediamo sono gialle, quindi tutti pensano sia un colore felice. Queste etichette sono solo i nomi che diamo ai colori così che essi possano avere un significato. È un po come con la gente. Siamo tutti umani, ma a tutti viene data unetichetta, così abbiamo qualcosa per cui combattere. Che sia un popolare secchione, un emo o un perfettino- sono solo nomi."

Patrick si schiarì la voce. "Pensi molto, Dan?" chiese luomo. Guardai Dan sedersi, dando un colpetto a terra con il piede prima di rivolgersi a Patrick.

"Credo che tra i messaggi che inviamo e le chiamate a cui rispondiamo abbiamo tutti tempo per pensare."

Lo guardai, ma i suoi occhi erano di nuovo puntati sui suoi piedi.

Continuarono con le presentazioni fino alla fine dellora, e quando finalmente uscii notai Dan alla fermata dellautobus. Stava ascoltando la musica e sbattendo il piede sullasfalto a ritmo. Andai a sedermi accanto a lui.

"Che ascolti?" mi mostrò il telefono. Drown di Tyler Joseph. "Non è, tipo, una canzone tristissima?" Dan aprì la bocca per obiettare, ma sorrisi. "Lo so, lo so. È solo una canzone, e ci sono migliaia di generi e miliardi di testi che potrebbero significare di tutto. Ci sono gruppi che la gente odia e ama, che sia perché il loro ex li amava o semplicemente perché non gli piace la loro musica. Ci sono migliaia di concerti ogni anno, ai quali la gente può andare o scegliere di guardare video sui social. Ognuno ha la sua opinione e tutti devono ascoltare la musica, non ha importanza quanto si è impegnati."

Il suo viso silluminò, e improvvisamente desiderai che il suo nome non fosse sulla lista.

Stained // traduzione italianaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora