Ucci ucci,sento odor di cervellucci

36 0 0
                                    

Accanto a me, in quel brusco ed insanguinato risveglio, si trovava un corpo senza vita il quale solo dopo qualche minuto nella mia nuova vita sarei riuscita a capire che in realtà era stata la mia prima vittima, nonché il vice caposquadra del mio gruppo d'escursionismo.

Nell'attimo in cui mi resi conto che la morte di Mykola era stata colpa mia, non me ne sconvolsi neppure per una frazione di secondo, anzi, mi pulii i rimasugli di sangue dai lati delle labbra,presi il suo telefono e,con una certa nonchalance chiamai Oleh, il caposquadra, fingendo un drastico pianto mentre lo avvisavo della prematura morte del collega per mezzo di strani animali probabilmente vittime di contaminazioni. Lo ammetto: "Chernobyl diaries" mi aveva aiutata molto nel giocare con la mia parte ballista. Il che, ad essere onesti, era abbastanza strano visto che prima di quella serata non avevo mai mentito a nessuno ed ora ero già a quota due fra quel piagnucolio stentato e le bestie mutate.

Oleh arrivò in meno di mezz'ora, il tempo che bastò per rendermi conto della trasformazione in corso nelle mie vene ormai povere di sangue. Ricordo appieno l'espressione sconvolta sulle facce della squadra appena videro il corpo di Myk al centro di quella stanzino del secondo piano della casa mentre io cercavo di comunicare con la polizia scientifica ucraina sentendo un briciolo di rimorso sulla coscienza; Non è vero che noi zombie non proviamo emozioni, anzi.

Riuscii a cavarmela con la storiella del trauma psicologico che avevo subito nel trovare il corpo senza vita ed insanguinato del mio compagno di squadra ed in poco tempo presi il primo aereo diretto a Los Angeles per tornare a West Covina.

Durante quelle quasi tredici ore di volo mi annoiai parecchio sull'aereo, finché la voglia di un gustoso cervello non mi sopraggiunse nuovamente, ma questa volta, nonostante ne avessi all'incirca 60 presenti, non potevo togliere la vita ad un essere umano in presenza di altre persone, così cercai di trattenere quello stranissimo stimolo appisolandomi. Non servì a nulla. Durante il volo 249 diretto a Los Angeles del 4 novembre 2016, morì Nikolay Lovrkav, un anziano professore di legge dell'università, ma diciamo che gli andò bene vista la precedente conduzione della sua vita. 

Tornata a West Covina avevo ultimato la mia trasformazione in "non-morta". Camminando dalla stazione dei treni a casa ed incrociando i miei conoscenti, tutti sembravano notare qualcosa di differente in me, ma non davo più importanza agli sguardi a me ormai inutili delle persone, il ché mi sembrava strano visto il mio passato da timidona. 

Arrivata a casa mi guardai allo specchio per cercare di capire se oltre alla mia mentalità ed alla mia dieta fosse cambiato anche qualche particolare fisiologico.In effetti c'era qualcosa di differente e,finalmente, riuscii ad inquadrarmi. I miei occhioni marroni erano diventati di un azzurro talmente chiaro quasi simile al ghiaccio, incorniciati da alcune sfumature grigiastre, anch'esse tendenti ai colori freddi. 

D'un tratto ebbi un flash. Non ero più io. Chiusi gli occhi e rivissi alcuni istanti della vita del signor Lovrkav come fossi stata io a viverli; La vita di quell'uomo non era mai stata delle più tranquille. In quei pochi istanti lo vidi mentre stuprava una sua alunna al primo anno di facoltà. Vedevo la paura negli occhi di quella ragazza provando un godimento estremo nel tapparle la bocca per evitare le sue grida. Non appena ebbi finito, la sgozzai e me ne andai come non fosse successo nulla. Seppure lei gridasse aiuto in una lingua la quale sembrava un dialetto da bassifondi russo o ucraino, io la capivo. Ero lui. Ero Nikolay Lovrkav. 

Mi vidi per qualche istante riflessa nello specchio prima di far calare nuovamente le palpebre e rivedere i momenti che precedevano la morte di quell'uomo. Me ne stavo andando da quel sottoscala nella quale l'avevo violentata ma, prima di aprire la porticina che mi divideva dal piano terra di quell'abitazione, feci scivolare la mano su un interruttore il quale aprì un armadietto quasi invisibile in tale oscurità quale stavo vivendo. In esso si trovavano una manciata di passaporti, ognuno con nomi differenti di persone ormai morte. 

Lui non era Nikolay, era un fottuto stupratore ed io avevo risparmiato la vita di chissà quante ragazze; La sensazione di essere una specie di giustiziera segreta mi fece capire che, forse, potevo fare qualcosa di buono con lo zombie in me: magari non era una cosa di cui disfarsene, magari era un dono che solo io avevo in quel momento. Non vedevo l'ora di assaggiare un nuovo cervello. Volevo provare nuove sensazioni. 

Fortunatamente mio padre era un agente della polizia locale ed io avevo accesso a quel magico arnese quale il computer del commissariato. La mia vita stava cambiando in meglio ed era meraviglioso.


Un risveglio "non-felice"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora