IL DOTTORE

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Ricordi, frammenti minuscoli di un puzzle di ricordi. Vedevo una discoteca, i giochi pirotecnici e la musica al massimo; due tizi che mi tenevano saldamente contro una sedia e un terzo che mi inseriva una siringa nella vena; un turbine di piume nere, come segno della morte di una miriade di corvi; il camice bianco indossato per la prima volta; e lei, che rideva come un angelo, probabilmente di una qualche mia figuraccia, poi tornata seria incominciò ad allontanarsi, girando la testa di tanto in tanto per dire:"Dottore.... Dottore...". Cercai di rincorrerla ma rimanevo sempre fermo e in preda al panico, mi svegliai. La mia aiutante, una ragazza di circa 25 anni, rossa e quasi sempre sorridente, mi chiamava con urgenza:"Dottore, la prego è un urgenza, si sbrighi!". Mi alzai velocemente, sapendo che nel mio lavoro anche un solo secondo poteva decretare morte o vita di un paziente. La seguii a passo svelto fino alla camera 217 al terzo piano. Lessi velocemente le informazioni sul paziente. Un incidente in macchina, un frontale, scrivevano; le ossa delle gambe rotte, una ferita al fianco sinistro e non si conosceva ancora il suo stato mentale. Guardai il nome: Abey Lee.
Lei. Era lei...
Entrai senza pensarci due volte.
Era una camera per due persone, ma il secondo letto era vuoto. Lei era stesa sulle lenzuola candide, la testa poggiata delicatamente sul cuscino, dove era contornata da una corona di capelli castani. Era immobile e l'unico movimento vitale era il suo respiro. Mi avvicinai, cercando di non fare troppo rumore, ma diciamo che questo non è mai stato il mio forte. Inciampai sui miei stessi piedi e lei si svegliò. I suoi occhi celesti si posarono su quell'imbranato con cui parlava ogni ricreazione al liceo :"T-tu?". Era stupita e cercava di allungare un braccio verso di me per vedere se ero solo un miraggio :"Ci rincontriamo dopo tanto tempo... non avrei mai detto che sarebbe stato in un occasione del genere...":"Poche storie, controlla queste maledette gambe così me ne potrò alzarmi e picchiarti a sangue!"mi ritrassi, colpito da quelle parole, ma presi dei guanti e incominciai a esaminare la paziente

***

:"St-stai tranquilla, troveremo un modo!"
:"In teoria sei più agitato te di me, ma comunque, stai tranquillo, vedi sto- sto bene". Si piegò sul fianco. Li si vedevano delle bende che coprivano la ferita. Si vedeva che mentiva, ma cercava di essere forte:"Sei una pessima bugiarda! Sai che ti dico, ti salverò a ogni costo, non lascerò che tu muoia". Chiesi ad una delle infermiere di chiamare un medico più esperto e prendendo una sedia mi sedetti. Lei mi guardò, con quello sguardo intenso che riservava solo a me, solo al suo amichetto, gli occhi penetranti che scavano nelle ossa e ti leggono i pensieri:"WOW... ragazzi segnatevelo sul calendario... oggi tu ti sei arreso! Non succedeva da quando dovevamo fare il modellino del Big Ben!" risi ricordando la mia incapacità nel mettere le lancette:"Non sei cambiata affatto lo sai? Sei sempre la mia vecchia rompiscatole di sempre". Lei fece una faccia soddisfatta. Era per questo che non l'avevo mai dimenticata: lei era una delle cose migliori che mi fossero capitate in tutta la mia vita e il mio cuore era probabilmente ancora rimasto con lei. Mi passai una mano sulla schiena. Poteva sembrare un gesto nervoso, ma in teoria, mi prudeva un sacco la zona intorno alle scapol... Sobbalzai dalla sedia e mi fiondai al lavandino. Mi tolsi il camice e mi sbottonai alcuni bottoni della camicia. Allora versai dell'acqua sulla pelle, ma il dolore non smetteva! Abey era allibita e mentre mi osservava notò una piccola macchietta nera che fuoriusciva da sotto la mia camicia. La raccolse quando essa si poggiò pigramente sulle coperte:"Stai facendo la muta?":"Cos...?" Strappai delle sue mani quella piuma. Divenne rossa sulle guance:"Te la vuoi smettere! Sei odioso quando fai così! Da quella sera al locale mi hai chiusa fuori dalla tua vita! Voglio delle spiegazioni! Non posso pensare di aver amato una persona che neppure si fida di me!" aggiunse per sbaglio, come se dovesse essere un solo pensiero. La osservai cercando di capire tante cose, riguardo a lei e a me. Sbuffai pensando che era una causa persa e incominciai:" Vuoi sapere tutto? Bene, allora ti accontento, ma tu mi crederei sulla parola. Quella sera come sai ero andato in quel locale. Avevo parlato un po' con due tizi al tavolo del bar e quando era giunto il momento di salutarci, loro mi avevano improvvisamente fermato e trasportato un ultima volta verso i divanetti. Lì sedeva un ragazzo poco più grande di me a quell'età, capelli tinti di biondo e occhi che non vedevano un letto da diversi giorni. Seduto a forza e tenuto fermo dagli altri due uomini, il terzo mi prese in braccio e mi iniettò un liquido all'interno. All'inizio sembrava tutto normale, poi cominciarono a crescermi queste..." mi tolsi la camicia mostrando le delle fragili ossa che bucavano la pelle e che si riempivano piano piano di piume :"Con il tempo ho imparato a ritrarle e farle crescere a mio piacimento, ma a volte possono essere autonome, come adesso. Quando succede...., qualcuno muore a causa mia. Quei tizi mi hanno reso un angelo della morte. Mi sono allontanato da tutte le persone a me più care per non ferirle, o peggio ucciderle. Entrando in medicina potevo scusare la morte dei pazienti come il corso della vita umana. Ecco... ora sai tutto, contenta!?":"Perché non me lo hai detto prima?":"A nessuno piacciono i mostri, di solito se ne ha paura". Cercai di concentrarmi per fermare le ali, poiché sapevo che al compimento delle trasformazione qualcuno sarebbe morto e l'unica persona in quella stanza era Abey. Barcollavo come un pazzo per il dolore e gemevo, come un cane bastonato:"Hey, hey fermati! Non farti del male! Tanto comunque vada io morirò comunque".Mi voltai:"CHE DICI! Non potrei mai sopportare di ucciderti, e non morirai, un medico ti salverà". Mi si accese una lampadina in testa e mi avviai verso il carrello degli strumenti. Li osservai uno a uno, poi presi con mani tremanti il bisturi:"Uccidimi!" dissi porgendoglielo. Fece una faccia inorridita: Non posso!":"Devi, tu ti devi salvare! Libera questo mondo dalla mia minaccia!":"Scordatelo!". Mi appoggiai con i gomiti al letto, la faccia contro le coperte, ripetendo ,come un mantra, ti prego. Mi prese in mento, sollevando il mio viso rigato:"Non posso... ma prima che tu mi uccida, realizza un mio desiderio, per favore":"Quale?". Si avvicinò lentamente e, come in tanti dei miei sogni liceali, le nostre labbra si incontrarono. Lei mi prese la mano e la avvicinò al cuore. Con un solo unico movimento piantò il bisturi tra le costole. Mi allontanai spaventato. Vidi le coperte bianche che velocemente si macchiavano di un rosso vivo. Presi delle bende e cercai di salvarla. Ma lei mi fermò:"Stai tranquillo... non farlo, doveva essere così... ci vediamo dall'altra parte... Dì addio al Dottore...". La sua testa ricadde di alto e non fece più alcun movimento. Mi misi a terra, con le gambe strette al petto e mi dondolai avanti e indietro, con le grandi ali nere che ogni tanto perdevano una piuma. Entrò tutto sudato il dottore e vide quella scena. Girai la testa verso di lui e senza aspettarmi una risposta dissi:"Perché tutte le persona che mi stanno vicino muoiono?"

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