Avevo l'umore nero,nero come quel locale.
Ero sfuggita al pattugliamento di quel giorno rifugiandomi in un bar di Nascosti, principalmente licantropi ma anche altre creature vi lavoravano, come alcune ninfe con piccoli rami che spuntavano attraverso i capelli o alcuni insetti che percorrevano i loro corpi verde smeraldo.
Il Black Monn (molto originale per dei licantropi) era uno dei locali con la peggior reputazione per via della quantità ingente di risse, e alcune morti tra licantropi.
Ed era per quello che ero lì quel giorno, sperando in una rissa, o eventualmente di crearne una io stessa.
Non che fosse difficile, lì in mezzo a quei sacchi di testosterone che ridevano mezzi ubriachi.
Appoggiata al bancone leggermente appiccicoso, studiai la folla nella penombra in cui mi ero rifugiata, cercando l'occasione adatta per sfogarmi.
Ero nervosa, frustrata e nemmeno io sapevo qual'era il motivo, ma secondo Eliz era evidente.
La ragazza.
Quando la porta si spalancò, interrompendo i miei pensieri, urla e ringhi riempirono l'aria.
Una figura scura e scarmigliata si era pietrificata per pochi istanti in controluce prima di scagliarsi con un urlo contro una ninfa, qualcosa di luccicante in una mano con cui cercava di aggredirla.
Scatti in piedi con un pugnale in mano e in poche e silenziose falcate raggiunsi il centro di quella piccola lotta.
Mi misi davanti alla ninfa dopo averla scostata bruscamente. eta ferita, sangue di un verde brillante le usciva dai tagli sulle braccia e urlava qualcosa nella sua lingua, che assomigliava molto a un nido di api assassine parecchio incazzato. Afferai un polso molto esile e lo torsi, bloccandolo. Un tintinnio mi confermò che l'arma di quella che si scoprì una ragazza, era caduta. Un frammento di vetro insanguinato di verde e rosso.
Un altro urlo da parte sua mi ferì l'udito e in poche e semplici mosse la feci cadere a terra, in un cono di luce che entrava dalla porta.
L'aggressore mi sembrò terribilmente familiare.
Era lei, la ragazza dei miei pensieri.
Ma era diversa. I capelli scompigliati e sporchi, il corpo tatuato di lividi e tagli e...gli occhi.
Rossi, rossi come la brace che vorticavano freneticamente da una parte all'altra.
Per la sorpresa allentai leggermente la presa e questo bastò a farmi mollare un manrovescio da lei che mi spaccò il labbro; imprecai e la spinsi di nuovo a terra,con molta meno delicatezza e la fissai meglio. Sembrava un animale impazzito e ferito, che attava chiunque al suo passaggio.
Non avevo modo di chiamare Eliz senza lasciare la ragazza e feci l'unica cosa che avrei fatto in quel caso.
La copii.
Il viso le si rovesciò all'indietro mentre gli occhi si chiudevano, ormai svenuta.
Con il respiro leggermente accellerato mi tirai su e presi quel fagotto di abiti stracciati fra le braccia. Appena mi guardai attorno vidi il vuoto che si era creato attorno a noi e la bolla di silenzio che vi era nel locale. Potevo sentire strisciare gli insetti sulle corteccie delle ninfe.
Senza una parola in più uscii fuori dal locale trovandomi ormai nel crepuscolo e mi avviai verso l'istituto, nascondendomi fra i vicoli e chiami Eliz.
-Istituto. Fra mezz'ora.-
Quando arrivai all'Istituto era buio, l'ora in cui i demoni uscivano senza più nascondersi.
Con la sensazione di essere osservata varcai la soglia,convincendomi che fosse solamente una mia sensazione visto che avevo una ragazza svenuta fra le mie braccia.
Andai dritta in infermeria e depositai "La Ragazza" su uno dei lettini bianchi immacolati, accertandomi di chiuderle polsi e caviglie con delle manette di cuoio che usavamo più spesso di quanto ci piacesse.
Pochi secondi dopo sentii passi che correvano sul lastricato antico e la porta si spalancò.
Un attimo di silenzio seguì l'entrata di Eliz che mi trascinò fuori.
-Ma cosa diamine è successo, per Raziel?!- disse riuscendo ad urlare sottovoce.
Gli occhi infuocati solo come quando ero io a farla arrabbiare,combinando qualche guaio.
- Ero al Black Moon ed è entrata, urlando e aggredendo una ninfa con un vetro rotto.- risposi io calma, sapendo che se l'avessi mentito lei lo avrebbe scoperto.
La sua bocca ebbe una discesa verso il basso, aprendosi in un'espressione di sorpresa prima di riprendersi. Indicò la porta dell'infermeria.
-Perchè lei è qui ? - indicò il pavimento con un moto di stizza ed esasperazione.
La portai più lontano e le sussurrai:
- Ha gli occhi rossi. Rossi come due braci ardenti, Eliz. Non erano umani. - la guardi dritta negli occhi per farle capire che era verom quanto fosse strana e pericolosa quella faccenda.
Vidi una scintilla di consapevolezza nei suoi occhi, un pensiero che condividevo anche io le nacque.
- E' una dimenticata? - bisbigliò pianissmo.
Se la ragazza fosse stata una dimenticata avremmo dovuto ucciderla.
Ebbi una stretta allo stomaco al pensiero, nonostante non la conoscessi non volevo farle del male, volevo proteggere quella mondana.
- Non ho visto marchi visibili e il suo corpo è...normale-
Il corpo esile e pallido non era deformato e il viso quasi da fata, così delicato, era rimasto intantto a parte gli occhi color del fuoco.
Non era una dimenticata.
Quindi, cos'era?
Qualcosa che non avevo mai visto. Qualcosa di pericoloso. Letale.
E bellissimo..
- Dobbiamo fare qualcosa. Tua madre arriverà fra poco e non penso sarà felice di trovare una... mondana all'Istituto. Una mondana percolosa.- mi guardò severa,scrutandomi negli occhi.
Un sospiro lieve mi uscì dalle labbra e mi passai le mani fra i capelli neri.
- Lo so, lo so... Tu..ferma mia madre. Io vado a parlare con Charlie, lui saprà cos'è. E come farla tornare..normale.-
Senza aspettare una risposta, o attuare un piano migliore, andai in biblioteca lanciando un'ultima occhiata all'infermeria socchiusa.
Un lampo di ricci scuri sparsi sul cuscino e di occhi chiusi mi confermò che dormiva e proseguii il mio cammino.
La biblioteca era ampia,scura e odorava di carta vecchia e legno.
Trovai Charlie in un angolo a scribacchiare su un foglio e a borbottare tra sè e sè. Mi avvicinai con passi felpati sul tappeto spesso, chinandomi a sbriciare da dietro la sua spalla.
- Che scrivi? - chiesi e luo fece un piccolo urlo, acuto e graffiante quasi da donna, girandomi di scatto verso di me e puntandomi la penna contro come se fosse una spada angelica. La mia risata invase lo spazio fra di noi e mi lasciai cadere su una sedia accanto a lui. Erasempre stato uno studioso,Charlie.
Più bibliotecario che shadowhunters, amava più i libri delle persone e amava molto meno la battaglia. Sapeva ogni parola contenuta in ogni libro di quell'Istituto e di molti altri.
- Ho bisogno del tuo aiu..- mi interruppe quasi subito con un vago gesto della mano.
- So già cosa vuoi da me, piccola danna shadowhunter- precisò lui indicando vari libri aperti che ricoprivano l'intera superfice del tavolo in legno,rendendolo irriconoscibile quasi.
Riportati lo sguardo su di lui,leggermente sorpresa.
-E?- una nota d'ansia si poteva percepire nella mia voce.
- E... nulla. Per ora. Nessuna storia, leggenda, runa o incantesimo che possa ridurre così un mondano. Non so chi o cosa abbia incontrato quella mondana, ma io non ne so nulla. - ammise, con la faccia di chi aveva appena perso una battaglia importante; e per lui lo era.
Odiava non sapere, si nutriva di informazioni di ogni genere.
Rimasi delusa dalla sua mancanza e giocai lentamente con un pugnale.
- Charlie devi cercare meglio. - gli lanciai una breve occhiata e lui annuì, gli occhi già annebbiati, segno che con la testa era già perso nei suoi pensieri come un sonnambulo. Senzadestarlo dalla sua trance uscii dalla biblioteca solo per sentire voci che rimbalzavano sulle pareti.
La voce di Eliz parlava velocemente, ma non afferravo il discorso, finchè brevi e secche parole non mi fecero scattare nell'atrio.
Mia madre.
Rimasi dietro ad un angolo ad ascoltare, ma avevo già intuito il ritrovamento della mondana da parte sua.
Imprecai fra i denti ed uscii dal mio nascondiglio per andarle in contro.
- Ciao - dissi con voce bassa e lo sguardo nel suo; eravamo così simili e così diverse. Stessi tratti, stessi occhi blu.
Ma mentre lei era bionda, cinina e senza sentimenti, io avevo i capelli neri come l'icore e un cuore.
- Alexandra. - pronunciò il mio nome con una voce fredda e dura come le partei che ci circondavano e con un milione di domande e qualche minaccia non troppo velata per me.
Chi era la ragazza nel letto, perchè non avesse rune, perchè fosse lì.
Schiarendomi la gola le raccontai una versione credibile ma leggermente romanzata dei fatti.
Man mano che parlavo con voce piatta vidi la maschera che portava mia madre come viso, incrinarsi leggermente. Forse aveva capito la mia bugia, o forse c'era altro.
Dopo essersiassicurata di avermi sminuito a dovere si rinchiuse nel suo ufficio, nel cuore dell'edificio.
Mi appoggiai al muro con un sospiro di sollievo che fu solo momentaneo. Una voce acuta si sprigionò dall'infermeria e mi volsi di scatto.
Io ed Eliz ci precipitammo in quella direzione ed entrai io per prima.
La ragazza era sveglia e cercava in tutti i modi di liberarsi.
Salve, chiedo scusa per l'assenza, un po' per mancanza d'ispirazione un po' la maturità che mi succhia via la vita e la felicità peggio di un dissennatore.
Buona lettura!
STAI LEGGENDO
Alexandra
FantasyBuonsalve, allora.. ho deciso di scrivere questa storia ispirata al mondo di Shadowhunters, con protagonista Aelxandra, un Alec al femminile quasi! Questa decisione è stata presa dopo aver incontrato un'Alexandra al Lucca Comics 2016 e aver preso un...