"Amelie"
Fluttuavo dolcemente in una nebbia scura, come se fossi immersa in una vasca gigante d'acqua calda e rilassante.
I suoni erano attutiti e non li distinguevo l'uno dall'altro; mi arrivavano in un fiume pacato e terribilmente confuso.
Avevo una vaga sensazione che qualcosa andasse male nel mio corpo, come se non rispondesse bene ai miei comandi.
La sensazione era decisamente sgradevole, come quella volta che avevo fumato l'erba di nascosto ed ero stata male.
Almeno non avevo visto i dragoni come la ragazza che aveva fumato con me.
Era già un risultato.
Cercai di aprire gli occhi con i pensieri confusi, un po' diretti sul ricordo della fumata e dei draghi, e dall'altra, qualcos'altro si insinuava fra la nebbia spessa del mio cervello. Uno sprazzo di colore che mi illuminava il cammino fino a prendere conoscenza: blu.
Non un blu normale, ma un blu così brillante e cupo allo stesso tempo, che nemmeno Tiziano avrebbe potuto dipingere un colore del genere.
Mentre ero ancora persa nei miei pensieri, mi convinsi che l'avevo sognato.
Un mal di testa affiorò così pungente nel mio oblio che mi ci strappò con violenza, rigettandomi nella realtà troppo luminosa e assordante.
Un gemito sfuggì dalle mie labbra, roco e basso, come se mi avessero tagliato le corde vocali.
La sensazione, in effetti, era quella.
Quando focalizzai il mio sguardo su ciò che mi circondava, non riconobbi niente anche se l'ambiente bianco e sterile mi era vagamente familiare,finché capii: ero in un ospedale.
Tutto mi venne in mente come un'onda che mi investì in pieno.
Mi ricordai dell'incidente causato dalla lite con mia madre e un moto di panico si insinuò nel mio petto.
-Mamma!- urlai, ma nessuno entrò in camera mia.
L'unica voce che sentivo era quella proveniente dalla TV accesa e posta di rimpetto al mio letto con un volume così alto da ferirmi le orecchie.
Cercai di alzarmi dal letto, ma appena appoggiai il braccio vidi che totalmente fasciato, facendomi sembrare una mummia.
Chiamai di nuovo ad alta voce e una donna entrò nella stanza; bassa, paffuta e con una mole impressionante di capelli ricci e color dell'ebano, mi rivolse un sorriso a trentadue denti.
Se voleva essere rassicurante, suscitava l'effetto contrario, sembrando una psicopatica.
-Ciao cara, come ti senti?- mi chiese con una voce squillante e vibrante, come le corde di un'arpa che veniva pizzicata, mentre mi abbassava quello che pensai fosse la camicia dell'ospedale, per oscultarmi il cuore e i polmoni e accecandomi con una lucina.
-Bene...bene direi - mi schiarii la voce, cercando di farla sembrare più normale, ma avevo troppa sete per pronunciare le parole con chiarezza.
-Dov'è mia madre?- chiesi subito dopo, ma appena porsi la domanda vidi uno sguardo strano nei suoi occhi, il sorriso vacillare appena e le dita stringersi sullo stetoscopio. Scossi la testa ancora prima di sentire la risposta mentre un dolore improvviso al cuore mi mozzò il respiro, facendomi piegare in due al solo pensiero.
Una mano solida e calda mi fece raddrizzare e incontrare lo sguardo della dottoressa paffuta davanti a me.
-Non è come credi, non è morta- disse piano lei, ma c'era qualcosa che non andava nel suo tono di voce,qualcosa che mi allarmava,gridandomi che c'era qualcosa che non mi diceva.
-E allora cosa? Sta bene?- chiesi ancora,il dolore che aveva allentato appena la presa sul mio petto,ma minacciandomi ancora.
Era pur sempre mia madre,le volevo bene comunque.
-Tua madre è...dovuta andare...via- mi rispose lei con voce quasi funerea, squadrandomi da sopra gli occhialetti quadrati,con un velo di preoccupazione.
Ma io non reagii subito,convinta di non aver sentito bene
-Scusi?- mormorai a mia volta,deglutendo e lei scosse la testa mestamente e dandomi le spalle per frugare in un cassetto e porgermi una busta viola scintillante. Dentro vi era una lettere dello stesso colore.
La carta da lettere di mia madre.
Sentii pungermi gli occhi,lacrime calde,bollenti che premevano per uscire e che obbligai a rimanere dov'erano.
Ringraziai la donna che mi era di fronte e lei sparì com'era arrivata,lasciandomi dell'acqua sul comodino e una carezza sfiorata sul mio polso,quasi a darmi conforto.
Stavo per aprire la lettera quando una chioma bionda mi travolse,avvolgendomi con in un turbinio di capelli e profumo familiare.
Lily mi strinse talmente forte da farmi perdere il fiato per qualche istante,prima che riuscissi a staccarla abbastanza da poter respirare
-Stai bene Am? STAI BENE?- urlò quasi,il viso pallido e contortnato da occhiaie profonde di preoccupazione.
-Non mi facevano passare,dicevano che l'orario di visita era terminato e non..-
Qualsiasi dolore,fisico e morale, che mi stava stritolando dall'interno,sparì all'istante quando la tirai a me,baciandola con foga,trasmettendole tutta la paura,tristezza e dolore che avevo passato,senza parlare mai.
Il sapore dolce e fruttato,mi mandarono quasi in estasi e il suo profumo mi invase le narici; inspirai profondamente per farmi marchiare in profondità.
Infilai la mano fra i suoi capelli setosi e lucenti e la costrinsi a sdraiarsi sul letto,continuandola a baciare con trasporto per parecchi minuti.
Quando finalmente mi staccai,le sue gote erano in fiamme come le sue labbra e aveva gli occhi lucidi.
-Sto bene- dissi a bassa voce,accarezzandole l'interno del polso cercando di trasmetterle un po di calma.
Lei mi scrutò attentamente e io risposi con un sorriso attirandola a me nuovamente abbracciandola. -Beh,adesso so ci trasferiremo senza nessun problema - mormorai con tono scherzoso, sentolando la busta viola davanti al suo naso.
Lei la prese e la esaminò,passandosela da una mano all'altra.
-Cosa c'è scritto? - chiese senza girarci tanto attorno; era una delle cose che amavo di lei,sempre diretta e schietta con tutti.
Scossi la testa in segno di dinego,per dirle che non lo sapevo e le sussurrai cosa però mi aveva detto l'infermiera.
Sentii il suo intero corpo irrgidirsi fra le mie braccia,solo per qualche istante,per poi controllarsi,ma nessuna parola di conforto le uscì dalla bocca.
Non era necessario.
Si appoggiò con la schiena al mio petto quasi ranicchiandovisi contro e sospirò piano.
Non so quanto tempo passammo abbracciate così,sussurrando per parlare e con le dita che sfioravano i nostri corpi dolcemente,le mani intrecciate e i respiri fusi l'uno con l'altro.
Sentii in lontanaza un rintocco d'orologio,ma ignoravo l'ora a differenza di Lily che un profondo respiro si districò da quell'intreccio di corpi e mi diede una carezza sul viso.
-Ti vengo a prendere questa sera e andremo a casa- disse rimarcando l'ultima parola e posò le labbra sulle mie con una dolcezza infinita che mi fece sciogliere e capire che avrei potuto superare qualsiasi cosa con lei.
Mi sussurrò "Aishiteru" all'orecchio e mi sfiorò il collo con le labbra,provandomi brividi e ricordi che mi riascaldarono subito; se ne andò lasciandomi nella stanza asettica e io mi sdraiai,sistemandomi per stare comoda.
La lettera viola faceva contrasto con le lenzuola bianche,sembrando quasi sangue.
Fissai la lettera. Quella fissò me.
Andammo avanti così per parecchio,abbastanza da farmi perdere la cognizione del tempo.
Un rumore improvviso mi fece sobbalzare e mi salvò da quel fermo immagine dandomi della vigliacca mentalmente la afferrai, aprendola di scatto.
Il foglio all'interno non era viola come mi aspettavo,ma bianco immacolato scritto con inchiostro nero.
Aggrottai le sopracciglia,leggermente confusa e tirai fuori il foglietto,più striminzito di quanto pensassi e da lettera si trasformò a pezzo di carta scarabocchiato.
Lessi più volte le parole scritte in fretta e calcando così tanto la carta in certi punti che si era quasi strappata.
Era così assurdo che mi venne da ridere.
Mia madre,la quale si era svegliata qualche ora prima di me e con molte meno ferite,era andata via per un convegno in Montana e non sarebbe tornata prima di due settimane.
Niente "ti voglio bene" o "ti chiamo appena arrivo". Ma solo la sua firma.
Una lacrima mi solcò la guancia, bruciandola e lasciando una scia invisibile di fuoco la quale non faceva altro che aumentare la distanza fra di noi.
La odiai in quel momento.
La odiai per avermi lasciata lì in ospedale da sola,la odiai per non essersi presa cura di me e avermi fatta crescere quasi da sola.
La odiai per non essere stata in grado di tenere mio padre nella nostre vite.
Avevo sentito per la prima volta il gusto dell'odio.
A inghiottirlo sembrava un vino speziato,caldo e aromatico ma lasciava in bocca un gusto metallico, corrosivo, che mi dava la sensazione di essere avvelenata,ma quello mi fece odiarla solo che di più.
Mi alzai di scatto dal letto facendo cadere il lenzuolo assieme alla busta.
Non sarei stata lì,immobile, con il cuore spezzato a non fare niente.
Afferrai i vestiti che avevo trovato nell'armadio affianco a me e li indossasi con sforzo, il cuore che mi batteva forte nel petto. Uscii fuori dalla camera,i capelli lunghi legati,ed uscii con più calma possibile dall'edificio,come se fossi una visitatrice e non una paziente; appena fui sul marciapiede scappai, precipitandomi in strada,lo sguardo annebbiato di rosso per la rabbia.
L'aria ghiacciata mi ferì la pelle ipersensibile e graffiata facendomi gemere appena.
Non sapevo dove sarei potuta andare,ma sapevo solo che la mia anima,il mio cuore e il mio corpo erano rigonfi di odio e incazzatura.
Se solo l'avessi avuto sotto le mani,probabilmente l'avrei colpita.
Cominciai a correre fino ad non avere più fiato.
Mi sembrava l'unica cosa giusta da fare,correre; verso dove,non avrei saputo dirlo.
Ma corsi e basta.
Quando i miei polmoni urlarono e implorarono pietà,finalmente mi fermai,piegata in due, sentendo un vago dolore ovunque,ma offuscato da quella perenne nebbia rossa.
Quando mi rialzai,vidi qualcosa davanti a me sfarfallare,indefinito nella forma per qualche secondo finchè non cominciò a prendere corposità,a definirsi, a sembrare..umano. La mia coltre rossa venne in qualche modo messa da parte per poco,mentre mi avvicinavo a quell'essere fatto di luce che si contornava sempre di più.
Capelli color dell'oro e del grano maturo,occhi senza pupilla e il corpo rivestito di fiori e corteccia; man mano che mi avvicinavo notavo sempre più dettagli; orecchie a punta, mani allungate e flessuose e qualcosa che assomigliava vagamente a una..lancia?
Strabuzzai gli occhi e un brivido mi scese lungo la schiena quando quell'essere luminoso si voltò in mia direzione,puntando i suoi occhi da alieno nei miei.
La bocca mi si aprì involontariamente e mi guardai attorno per controllare che qualcun'altro l'avesse visto, ma la strada, un vicolo per la precisione, era deserta.
La cosa mi si avvicinò di un passo e indietreggiai di parecchi,fino a sbattere contro un bidone che cadde con un rumore fragoroso e spaventandomi,facendomi emettere un gridolino di sorpresa e paura.
-Sei una mondana - disse la cosa,con una voce che non avrei potuto descrivere se non come una cascata di cristalli dentro una coppa.
Distratta da essa e anche dalla sua bellezza,ora che riuscivo a vederlo perfettamente in ogni suo dettaglio, non afferrai subito la frase.
"Mondana? Che?" fu il mio primo pensiero. Il secondo fu quello di scuotere la testa.
Mi fissò impassibile,ma notai una vibrazione delle sue labbra,quasi si stessero per aprire in un sorriso.
-Sei incredibilmente bella,per essere una mondana,sembri quasi una fata Oscura. Verrai con me nella corte Seelie,come mio passatempo.- pronunciò quelle frasi come se fossero una profezia che si sarebbe avverata,ma come una profezia oscura.
Per me, sopratutto.
Qualcosa dentro di me,mi fece scattare in avanti con una velocità che non pensavo di possedere; la sua espressione così immobile e perfetta si incrinò leggermente quando mi avventai contro di lui, colpendolo violentemente usando il mio corpo come ariete, e fuggii via, il cuore a mille,la rabbia,la paura e l'odio che imperversavano più violentemente che mai,dentro di me.
Ancora non potevo sapere che dal mio incidente, tutto nella mia vita sarebbe cambiato.
Non potevo sapere che avrei acquisito la Vista.
BUONSALVE gentucola nerd! Eccomi,nuovo capitolo ad un altro orario improponibile,tipo le tre di notte indica il mio computer, un po di mal di testa e felice di come sta venendo pian piano la mia bimba!
Volevo chiarire forse qualche dubbio; Alexandra è la versione femminile di Alec Lightwood. Da dove l'idea? Dal lucca comics dell'anno corrente,dove ho incontrato una cosplayer fighissima,per l'appunto "Alexandra" di cui mi sono invanghita per le seguenti sei ore e che ho stalkerato giusto un po'!
Quindi...beh no,ho perso il filo.
Spero vi piaccia,gentaccia!
STAI LEGGENDO
Alexandra
FantasiBuonsalve, allora.. ho deciso di scrivere questa storia ispirata al mondo di Shadowhunters, con protagonista Aelxandra, un Alec al femminile quasi! Questa decisione è stata presa dopo aver incontrato un'Alexandra al Lucca Comics 2016 e aver preso un...